L'anno scorso, appena tornato
dall'Italia, sono stato accolto da una sorpresa: ero stato nominato
responsabile del gruppo pastorale del centro! Già vi facevo parte da
un paio di anni, grazie alla mia veste di catechista, ed ho sempre
cercato di portare le mie idee, confrontandole con quelle degli altri
membri: credo sia stato questo il motivo che ha portato a questa
scelta.
Le novità non erano certo finite: il
gruppo era costituito esclusivamente dalla componente maschile del
personale e nessuno avrebbe mai scommesso su di noi, soprattutto per
quanto riguardava il modo con cui si sarebbe potuto rendere più bella la cappella. Eravamo io, don
Claudio che è anche catechista e membro del consiglio pastorale
della sua comunità, don Eliseo e Kevin, un educatore: questi ultimi
erano molto perplessi sul fatto di far parte della squadra in quanto
non praticanti e quasi del tutto digiuni su ciò che riguarda la
fede. Come leader non li ho mai messi da parte e li incoraggiavo,
anzi quando si trattava di dividersi i compiti cercavo di non
metterli mai assieme, consapevole delle loro difficoltà ed in modo
che io o don Claudio potevano consigliargli e guidarli durante lo
svolgimento delle varie attività.
Come responsabile avevo il compito di
gestire un gruppo eterogeneo e con alcune spiccate individualità:
nelle varie riunioni ho sempre cercato il basso profilo, dando
un'idea di massima su come far le cose ed accennando a quello che
avevo in mente per poi dare loro la parola, accogliendo tutte le proposte, allo scopo di verificare se qualcosa andava cambiato o
migliorato, incentivando un confronto che personalmente mi ha
arricchito e ha dato ottimi risultati. Ci si divideva i compiti ed io
monitoravo che tutto andasse per il meglio, inoltre se qualcuno era
in difficoltà gli altri venivano a dargli una mano.
Il nostro scopo era quello di
avvicinare i ragazzi ai momenti più importanti della fede con
semplicità e rompendo i soliti schemi, cercando di volta in volta
cose nuove per catturare la loro intenzione e fargli capire che
pregare non è sinonimo di noia. Credo che ci siamo riusciti nonostante
all'inizio ci sia stato più di qualche intoppo: il culmine l'abbiamo raggiunto con il Venerdì Santo con la rappresentazione
vivente della Via Crucis, affidata a don Eliseo e Kevin con la
partecipazione dei ragazzi più grandi. Mi son congratulato con loro
perchè da non credenti hanno realizzato un qualcosa di meraviglioso
che ha raccolto l'essenza del racconto della passione, ascoltando
qualche consiglio da parte mia e di don Claudio: io stesso non sarei
stato in grado di farla così bella forse perchè la mia fede mi avrebbe spinto a
strafare e quindi a rovinare tutto.
Maggio ha impegnato tutti allo stesso
modo visto che volevamo far conoscere ai fanciulli la figura di Maria
perchè eravamo convinti che per pregare è utile anche conoscere: a
turno ognuno si è preparato su un tema specifico per poi
presentarlo. I più nervosi erano i due che poco masticavano i temi
religiosi ma se la sono cavata egregiamente grazie anche al fatto che
mi avevano chiesto di dargli una mano per fugare qualche dubbio. La
cosa che più ci ha soddisfatto è il vedere i ragazzi aver gradito i
nostri sforzi e questo ci bastava.
Con il passare del tempo siamo riusciti
a vincere l'imbarazzo iniziale, il mio soprattutto perchè
onestamente non mi piace dire agli altri quello che devono fare, e
siamo arrivati perfino ad essere citati come esempio da Liliana nelle
riunioni per la nostra puntualità e per la nostra organizzazione.
Ciò ci ha permesso di aumentare la fiducia nei nostri mezzi e ci
siamo lanciati in una nuova sfida: far conoscere ai ragazzi la Bibbia
divertendosi attraverso dei giochi in cui mischiavamo conoscenza con
abilità fisica ed in parte ce l'abbiamo fatta.
L'entusiasmo che ci prendeva nel
realizzare le varie attività non ci ha reso però ciechi: alla
conclusione di ogni iniziativa ci ritrovavamo per capire quali erano
state le difficoltà incontrate e cosa c'era da migliorare perchè
sicuramente non tutto era andato come si voleva. Non era semplice
farlo per cui cominciavo a parlare io visto che essendo a capo del
gruppo dovevo assumerne le responsabilità e dovevo essere d'esempio,
poi a poco a poco anche gli altri hanno cominciato a fare autocritica:
è stato un percorso graduale e sono contento di averlo fatto.
Il gruppo pastorale mi ha insegnato
molto, soprattutto l'imparare a delegare ed avere fiducia delle
persone con cui si lavora fianco a fianco, e spero che anche gli
altri possano dire altrettanto: abbiamo camminato ed agito come una
squadra, certo non sono mancati i battibecchi e le difficoltà, ma sono convinto di essere riusciti a creare qualcosa, a lasciare una parte di
noi ai ragazzi. Grazie Kevin, don Claudio e don Eliseo per aver fatto
gruppo con me quest'anno!
Har baje
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