Ho deciso di continuare il mio servizio
per i ragazzi dell'hogar: rispetto a tre anni fa la scelta è stata
per certi versi più combattuta, più difficile. Negli ultimi mesi
non riuscivo a vedere quello che avevo nel cuore, la mia vista era
come annebbiata e mi sentivo come ad un bivio, consapevole che la
scelta sarebbe spettata solo a me mentre l'altra volta non avevo
avuto nessun dubbio, ero sicuro di quello che sarebbe stato il mio
futuro.
Negli ultimi due anni mi sono ritrovato
ad affrontare problemi in cui non mi ero ancora imbattuto, a
situazioni a cui mai mi sarei immaginato di trovarmi e mi sono
rimesso in discussione perchè lavorare in un hogar te lo impone, mi
sono accorto che il bagaglio che mi son costruito poco a poco non mi
sarebbe servito a molto perchè lavorare coi ragazzi ti pone sempre
nuove sfide, nuove necessità e gli imprevisti sono sempre all'ordine
del giorno in quanto i bambini crescono e con loro i “mostri” che si
portano dentro e rappresentano i frutti amari del loro passato. Ho
cominciato a farmi molte domande: su come aiutare questi fanciulli,
se esistono altre vie per farlo, se realmente lo stessi facendo
condividendo con loro un pezzo del cammino della vita... Ammetto che
molte volte mi sono sentito inadeguato perchè non sono in grado di
riempire il vuoto che hanno dentro, forse quello nessuno sarà mai
capace di farlo: aveva senso continuare? Valeva la pena rimettersi in gioco ogni giorno per altri tre anni?
Ripensavo a quanto ero riuscito a fare
ma soprattutto a quante persone ero riuscito a coinvolgere e che
riponevano in me la fiducia e la speranza di veder trasformate in
realtà le loro intenzioni di far del bene: era arrivato davvero il
momento di dire basta? C'era una vocina che continuamente mi diceva:
ormai hai già dato abbastanza, è giunto il tempo di pensare per te!
Ero in difficoltà però sapevo cosa
dovevo fare: ascoltare il mio cuore, ben sapendo che quando ti guardi
dentro puoi trovare anche delle cose che non possono piacere, e poi
chiedere un parere a chi è più vicino, mi vede tutti i giorni e può
capire quello che stavo vivendo. Ringrazio Padre Ottavio per avermi
ascoltato e di avermi fatto capire che non potevo arrendermi proprio
ora perchè c'era bisogno della mia presenza ancora per un po'.
Mi sono reso conto che qui il mio
compito non era finito ma, anzi, poteva migliorare ancora: chi poteva
farmelo intendere di più se non i ragazzi soprattutto quando fissano
il vuoto con quegli occhioni scuri che a volte nascondono una
tristezza infinita? Chi meglio di Bautista che mi raggiunge dove
sono seduto, mi prende la mano e la stringe forte, sorridendomi e
sembrando in quel momento il bambino più felice di questa terra? O
di Oliver e di John che mi chiamano papi quando mi fanno arrabbiare e
vogliono la mia compagnia? O di Andrea, la mia figlioccia, che è
sempre felice quando la vado a trovare, anche se vorrebbe lo facessi
un po' di più di quelle due volte all'anno? O di Sandra o di Karen
che l'ultima volta che le ho fatto visita mi hanno detto che sono
come il loro papà o della suora che se ne prende cura e mi ha
confidato che non posso mollare proprio ora perchè hanno bisogno di
me? O dei fanciulli che ho seguito per la Cresima che mi hanno
ringraziato di quanto le ho insegnato? O di Isabella che, nel venire
a sapere che sarei tornato in Italia, mi ha preso da parte e mi ha
detto con tono allarmato “Ma tanto poi torni, vero?”... E che
dire di Estela, affetta da sindrome di down, che una volta mi ha
sorpreso con la frase “Marco sei la mia famiglia”?
In loro ho rivisto ciò che credo,
ritrovo Gesù che mi dice di andare avanti, di seguirlo ancora perchè
non me ne pentirò: so che ha ragione, se mi vuole qui è perchè in
Bolivia c'è qualcuno a cui solo io posso riuscire a strappare un
sorriso o una risata, ci sono persone per le quali solo io posso fare
la differenza poichè questo è il motivo per cui sono venuto al
mondo. Mi sono accorto che non c'era fatica o difficoltà capace di
farmi desistere e che non avevo alcun valido motivo per mettere la
parola fine a questa mia avventura ma ne avevo all'incirca una
sessantina per dire che valeva la pena continuare: i miei ragazzi!
Har baje
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