Non c’è due senza tre: per il terzo sabato consecutivo in
hogar si respirava aria di festa, la cappella era addobbata per le grandi
occasioni visto che stavolta si celebravano le Cresime! Anche in
quest’occasione vestivo i panni del catechista ed anche del padrino, facendo
così l’en plein dopo i battesimi e le prime comunioni.
Non so bene il motivo ma questa volta ero molto più nervoso
delle altre occasioni, sentivo maggiormente la celebrazione e volevo che tutto
fosse ben organizzato e filasse liscio: era un momento molto importante per i
giovani che avevo accompagnato per vari mesi in questo cammino di fede e lo era
per me perché mi facevo garante del loro impegno davanti al sacerdote. Liliana
dice che era proprio questo che giustificava con tutta probabilità il mio stato
d’animo: il fatto di dover parlare davanti a tutti, cosa che mi mette a
disagio, per testimoniare la costanza e la preparazione dei ragazzi che avevo
seguito.
Per tutta la settimana pressavo i membri del gruppo
liturgico per sapere se avevano fatto quanto gli avevo chiesto per abbellire la
cappella: hanno avuto una grande pazienza perché glielo chiedevo minimo tre
volte al giorno visto che non volevo improvvisare all’ultimo e farmi trovare
impreparato! Avevo ben impresso nella mente il risultato finale e grazie a loro
è venuto ancora meglio di quanto pensassi: abbiamo appeso delle colombe
all’interno della chiesetta, ognuna delle quali portava un dono dello Spirito
Santo, mentre nella porta d’entrata ne abbiamo posta un’altra con le ali aperte
da cui partivano dei nastri rossi, che simulavano dei raggi di luce, ed abbiamo
attaccato alle vetrate dei cartoncini colorati a forma di fiamma per dare
l’idea di una pioggia di lingue di fuoco per rappresentasse la venuta dello
Spirito. Ci sono volute un bel po’ di ore ma alla fine l’allestimento è
piaciuto a tutti: ne è davvero valsa la pena!
Oltre a trovare le letture, le preghiere e le monizioni per
chi avrebbe letto durante la cerimonia mi sono preoccupato di ritagliare dei
cartoncini a forma di fiamma con i nomi dei ragazzi, visto che ciascuno
l’avrebbe dovuto indossare ponendoselo nel petto come previsto dal cerimoniale.
Più il sabato si avvicinava più le preoccupazioni aumentavano e ripassavo più
volte la guida sulla svolgimento della funzione che mi aveva dato Padre
Ysrahel, il parroco della località dove si trova l’hogar che aveva l’incarico
di celebrare. In più dovevo preoccuparmi per Ruth, la mia figlioccia: dovevo
comprargli i vestiti adatti per l’occasione (grazie a Liliana per l’aiuto!) e
la candela per rinnovare le promesse battesimali.
Arriva il gran giorno: mi sveglio presto, anzi prestissimo,
sistemando gli ultimi dettagli, spiego ai lettori quello che dovevano fare ed
aspetto l’arrivo del sacerdote… Sembrava
tardasse nel farsi vedere, il nervosismo aumentava perché avevo dei dubbi che
solo lui poteva chiarirmi: quando finalmente lo vedo, mi fiondo da lui e mi
rassicura, dandomi delle dritte su cosa è meglio fare. Dopo il suo prezioso
aiuto vado dai ragazzi che saranno i sicuri protagonisti di questa cerimonia:
faccio un breve ripasso di quello che dovranno fare cercando di essere il più
chiaro possibile e di infondergli un po’ di sicurezza perché dai loro occhi
traspariva una certa agitazione e una comprensibile paura per ciò che da lì a
poco sarebbe successo. Subito dopo accolgo i padrini e gli spiego dove sedersi,
dò alcuni consigli ai due chierichetti e li faccio parlare col Padre Ysrahel,
tocco la campana per chiamare tutti dentro alla cappella ed indico come
accomodarsi.
Aspetto i miei giovani cresimandi che si mettano in fila per
la processione e, quando sono pronti, dò il cenno alla lettrice di iniziare:
mentre entrano e si mettono al lato del loro santolo, vedo i loro volti tesi,
un po’ preoccupati e penso che anch’io lo sono, forse addirittura più di loro.
Il mio sguardo poi si fissa su Ruth, non le sono seduto accanto perché la mia
figura me lo impedisce: la vedo nervosa, come Sonia che le è accanto e che
riceverà con lei la Cresima. Nel vederle la mia mente comincia a viaggiare nei
ricordi: circa tre anni fa hanno ricevuto entrambe il battesimo, erano più
piccole ma le emozioni erano le stesse… Ora sono cresciute, sono diventate
grandi ma stanno provando ancora quel senso di insicurezza per qualcosa di
nuovo che le vedrà nuovamente protagoniste. Mi torna alla mente quel giorno
lontano in cui ho fatto da padrino a Ruth, proprio come oggi, e credo che il
nervosismo sia lo stesso, la concitazione che sento è la stessa: quanto tempo è
passato, l’ho vista maturare e l’ho accompagnata nei momenti felici ed in
quelli brutti, facendole la romanzina quando si comportava male o domande sul
perché andasse male a scuola, specie in matematica… Penso che un po’ sia
cambiata rispetto ad allora ma di sicuro una cosa è rimasta uguale: così come per
il battesimo ha scelto proprio me per accompagnarla in questo momento così
importante e ne sono onorato, così come a volte viene a cercarmi quando ha
bisogno di qualcosa o di un consiglio. Questo pensiero mi alleggerisce un poco
dalla tensione del momento, mi fa sorridere mentre aspetto la fine della
lettura del Vangelo per presentare i cresimandi al sacerdote: man mano che
l’attesa va terminando il cuore mi batte all’impazzata, sembra volermi uscire
dal petto… Ora è il mio turno, faccio un respiro profondo, dico a Padre Ysrahel
che questi giovani vogliono ricevere il sacramento della Confermazione e che
posso testimoniare il loro impegno, i loro sforzi per prepararsi. Fatto questo
trovo finalmente il tempo per sedermi al fianco della mia figlioccia, le
bisbiglio di non essere nervosa e che io sono lì con lei, qualunque cosa
accada, e mi risponde accennando un sorriso.
Il mio ruolo di catechista non mi permette di stare seduto
per molto perché devo consegnare una candela ad ogni mio catechizzato ed
accenderla per rinnovare le promesso battesimali: ho l’occasione di scambiare
un’occhiata con loro, noto che sono titubanti ma sereni. Quando sollevano la
candela i loro volti vengono illuminati da quella tenue fiammella che tengono
tra le mani: mi sembra una bellissima immagine che mi trasmette tranquillità e
mi fa pensare che, nonostante le difficoltà incontrate nei nostri incontri, ne
è valsa veramente la pena.
Mentre la mia mente si sofferma su quanto passato con questi
fanciulli in questi mesi arriva il momento solenne della cerimonia: con
fierezza li vedo unti con il crisma e salutati con il gesto di pace dal
sacerdote, nutro una certa soddisfazione perché lo fanno con una certa
sicurezza e credo che in questo ci ho messo lo zampino, quando tocca a Ruth
ancora una volta il mio cuore batte all’impazzata per l’emozione. La accompagno
mettendo una mano sulla sua spalla e non posso che essere orgoglioso e contento
per lei.
Verso il finire della Messa ecco che Yamile, una delle
cresimande, legge alcune parole di ringraziamento e nel sentirle dire il mio
nome un poco mi commuove perché vuol dire che ho svolto bene il mio compito.
Terminata la celebrazione ci sono le foto di rito e mi sorprende che tutti i
santoli ed i familiari mi abbiano chiesto di essere immortalato assieme ai loro
fanciulli: non posso nascondere la mia soddisfazione per la cosa, mi ha davvero
lusingato perché pensano che questo momento sia stato merito mio ma non lo è…
Se i ragazzi sono arrivati fino a qui è perché si sono spesi tanto, io ho
cercato di dargli le basi e mi sono offerto di camminare con loro in questo
percorso, il resto è opera sua e del Signore che non ci ha mai lasciato soli in
questi mesi di preparazione.
Con il canto finale devo dire che mi sono sentito più
leggero ed appagato: finalmente ho raccolto i frutti di un’esperienza durata
mesi e che mi ha messo davvero alla prova. Mi sembrava di aver tagliato il
traguardo di una maratona: la soddisfazione era tanta e, ora che la tensione se
n’era andata, la stanchezza si faceva sentire. Prima però di andare riposare
c’era una persona che dovevo festeggiare: Ruth! L’ho portata fuori a mangiare
in compagnia dei suoi due fratelli, che come lei sono ospitati qui, e della
sorella maggiore, che vive in un altro hogar ed era venuta in occasione della
Cresima: mi sembrava doveroso come padrino averlo fatto e soprattutto dare
l’occasione di poter stare con la sua famiglia in un posto diverso da un centro
di accoglienza, visto che era un momento di festa. Lo ha apprezzato davvero
tanto: credo che un regalo più bello non le potessi fare!
Har baje
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