Padre Josè, nel realizzare la struttura, ha avuto
l’intenzione di ospitare fanciulli diversamente abili e per questo ha costruito
anche un centro fisioterapico al suo interno: Liliana cerca di portare avanti
questa sua idea e lo sta facendo molto bene. Non vengono accettati tutti i casi
di handicap che ci vengono sottoposti: si accettano soltanto quelli meno gravi,
che non implicano grossi problemi di gestione visto che le finanze non
permettono di assumere del personale che si occupi soltanto di loro e che lo
Stato non dà alcun aiuto in tal senso.
L’ultimo caso portato a conoscenza a Liliana le ha mosso
qualcosa dentro e l’ha spinta a verificare se realmente avesse tutte le carte
in regola per essere accettato: si trattava di un fanciullo, che tra due mesi
scarsi compierà 13 anni, con problemi di deambulazione per cui si trova su
sedia a rotelle anche se potrebbe muoversi, seppur a fatica, con un carrello.
Al momento si trovava in stato di abbandono presso il centro per bambini
denutriti di San Carlos, una località a due ore di macchina, in cui è stato
ricoverato per ben due volte: una nel 2008 e l’ultima nel maggio 2015, quando
pesava a malapena 17 chili.
La sua storia presenta analogie con quelle dei ragazzi che
ospitiamo: disabile fin dalla nascita, la sua famiglia vive in ristrettezze
economiche. Sua madre morì di sifilide nel 2007 e per questo il padre decise di
affidare lui ed i suoi due fratelli alla vecchia datrice di lavoro per andare a
cercare un posto dove potesse guadagnare di più. In questo periodo il bambino,
che si chiama Bautista, comincia a non voler più mangiare, probabilmente a
causa della dipartita della mamma, e comincia a presentare segni evidenti di
denutrizione: a questo punto la signora che se ne occupava decise di portarlo
al centro di San Carlos e va spesso a trovarlo. Nello stesso periodo il
fratello più piccolo viene portato in un hogar mentre la sorella maggiore
rimane a vivere con l’ex titolare del padre.
Verso la fine del 2008 il padre di Bautista ritorna con una
sorella, fa dimettere il figlio dal centro e si riprende anche la maggiore,
portandoli a vivere nella località di Campo Vibora assieme alla nuova moglie ed
ai due figli di lei. La famiglia si trova in condizioni di estrema povertà,
abita in una casa fatta con assi di legno e non offre le dovute attenzioni al
fanciullo, che si incontra sporco e denutrito. A questo punto interviene la
cugina, assessore di un comune lì vicino, che lo porta al centro per bambini
denutriti e firma un accordo con cui si prende carico di Bautista: purtroppo le
promesse fatte rimangono solo sulla carta perché, dopo un paio di visite, la
donna non si fa più viva e tantomeno i familiari. Si cerca di contattare il
padre, che ora deve farsi carico di 8 figli, ma di lui e della matrigna si sono
perse le tracce.
Bautista rimane solo e viene curato dalle suore che
gestiscono il centro, ha difficoltà a parlare e presenta uno sviluppo mentale
minore rispetto a quello che dovrebbe avere per la sua età. Fatti i dovuti
controlli si decide che può venire a vivere all’hogar. Ricordo il suo arrivo:
l’ho visto spaventato, aveva l’aria di uno che si era smarrito e mi son reso
conto che non era molto semplice capirlo. La domanda che mi son posto era se
potevo fare qualcosa per lui e la risposta me l’ha data proprio lui perché,
quando doveva andare in ufficio da Liliana, mi ha letteralmente afferrato la
mano e non voleva lasciarmela, non voleva che mi allontanassi da lui!
Ora son passati una decina di giorni e devo dire che tutti
lo hanno ben accolto: resosi conto delle sue difficoltà, lo portano in giro con
la carrozzina o gli stanno vicino, non c’è nessuno che non gli voglia bene. Da
parte mia posso dire che quando mi vede subito mi chiama, ci sono momenti in
cui comincia a parlarmi del più e del meno ed è piacevole starlo ad ascoltare e
scherzare, a volte mi afferra il braccio per non farmi andar via perché vuole
che stia con lui… Che dire? Sembra un regalo caduto dal cielo che ci permette
di mostrare il lato migliore che abbiamo: benvenuto tra noi Bautista!
Har baje
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