Che dire, sembra che aver parlato di salute non mi abbia
portato bene! Sabato ho avuto un incontro ravvicinato con il pronto soccorso
della Caja e purtroppo devo confermare quanto postato in precedenza.
Tutto comincia dopo il pranzo: ero ancora nel refettorio
quando uno dei ragazzi grida forte il mio nome e, chiedendogli il motivo, mi
dice che uno dei più piccoli si è messo un ferro nel piede. Non esito un
secondo e mi dirigo rapidamente in infermeria, vedendo che un educatore sta
portando il fanciullo urlante in braccio. Mi basta un attimo per capire la
gravità della cosa: quello che appare come un piccolo bastone di ferro è
penetrato nell’infradito prima e nel piede dopo e manca poco che fuoriesca dall’altra
parte, la pelle è tiratissima e sembra che debba lacerarsi da un momento all’altro….
Per fortuna non c’è traccia di sangue ma sono le grida di dolore che mi
preoccupano: si sarà rotto qualcosa lì dentro? Cerco di ordinare le idee mentre
viene Sandra a darmi man forte: conferma la mia impressione che non possiamo
far niente, il rischio è di fargli un danno maggiore per cui decido di chiamare
Liliana per informarle dell’accaduto e dirle che lo porto in ospedale.
Sono attimi concitati: il seguro medico del ragazzo non si
trova ed è importante scovarlo per sapere dove portarlo, i bambini sono
incuriositi dalla cosa e cercano in tutti i modi di avvicinarsi al compagno
ferito, in pochi minuti devo organizzarmi e dire al personale cosa fare. Mentre
allontano i ragazzi, ad eccezione della sorella del malcapitato che ovviamente
è molto preoccupata, mi vado a cambiare ed a prendere le chiavi della
camionetta, nel frattempo Sandra riesce a rintracciare il seguro.
Una volta caricato in macchina l’infortunato, parto alla
volta della Caja assieme alla sorella e Sandra: è un viaggio che sembra non
finire mai, complici il fatto che la struttura è in centro e ci sia molto
traffico, nonostante sia sabato. Arrivati a destinazione non riesco a trovare dove
parcheggiare, visto che è impossibile accedere all’entrata del pronto soccorso
con l’auto…. Dopo una decina di minuti ho la fortuna di potermi fermare in una
laterale vicina all’ospedale e mi carico in braccio il ferito che, visto l’incidente,
non può appoggiare il piede al suolo.
Mi dirigo in pediatria mentre Sandra va a prendere il
tagliando necessario perché prestino assistenza: pochi minuti dopo mi fanno
entrare e mi dicono di metterlo in un letto. Ci chiedono dettagli sull’incidente
e fanno in modo che l’arto lesionato rimanga ben alto. Il piccolo continua a
piangere e cerco di rincuorarlo in tutti i modi, gli dico di tenermi la mano se
vuole e non se lo fa ripetere. Gli fanno un’iniezione per calmare il dolore e
qui mi stringe forte la mano mentre comincia a piangere, quasi lo faccio anch’io
per vederlo così, poi gli mettono una flebo. La cosa che più mi sconvolge è che
il personale della struttura ci passa vicino e si ferma per scattare una foto
al piede ferito, poi si allontana facendo commenti molto negativi sulla
faccenda… Cose da non credere!
Mi allontano qualche secondo sia per prendere un poco d’aria
che per tranquillizzare la sorella, che è fuori da sola ad aspettare ed è
meglio tranquillizzarla dicendole come stanno le cose… Quando mi dirigo
nuovamente dal bambino ecco che un inserviente mi dice di portarlo in braccio a
fare la radiografia, il motivo è che non ci sono barelle o sedie a rotelle. Va
bene, dico tra me, ma non mi sarei mai immaginato di ritrovarmi in una
situazione che da lì a poco mi son trovato a vivere: l’addetto ai raggi x vuole
togliergli l’infradito a tutti i costi! Ma come, gli faccio, non ha visto che
piede e ciabatta sono una cosa sola, uniti tra loro da un ferro, e che se si
prova a separarli si può fare un danno peggiore visto che non si sa cosa è
stato lesionato? La risposta è stata che non ci aveva fatto caso e che la mia
osservazione era giusta… Il problema è che ha fatto la radiografia mettendo il
piede del fanciullo in una posizione che lo ha fatto piangere un bel po’! L’unica
cosa positiva è che non è stata rilevata alcuna lesione: una bellissima
notizia!
Col fanciullo in braccio vado a fargli fare il prelievo del
sangue e poi lo porto in una stanza del reparto di pediatria del pronto
soccorso: lì un’infermiera cerca in tutti i modi di togliergli l’infradito e
alle lamentele mie e di Sandra risponde che non si era accorta delle condizioni
del piede del piccolo paziente… Sono praticamente rimasto senza parole! Per non
scoppiare, esco e sto con la sorella del malcapitato: gli faccio vedere da una
finestra il suo fratellino e lei ne è felice.
Resto in attesa di sapere cosa dice il traumatologo: l’attesa
mi snerva, sono preoccupato, voglio che il fanciullo sia visto al più presto e
che non provi più dolore… Quando arriva il consulto mi tocca andare a comprare
dei medicamenti perché la Caja ne è sprovvista: ci metto un po’ di tempo a
farlo perché nelle farmacie vicine non li trovo. Al mio ritorno scopro che il
ferro è stato tolto e che il bambino si è fatto la pipì addosso per il dolore:
mi sento in colpa per non esser stato presente in quel momento e sento un
enorme tristezza. Mi dicono che deve rimanere ricoverato ma, prima di tornare
all’hogar, mi consegnano l’oggetto che ha prodotto la ferita: un ferro per
lavorare a maglia, stentavo a crederci!
Arrivato a casa, tutti mi hanno chiesto notizie sul piccolo
infortunato e dettagli su tutto quello che è successo alla Caja: non mi sono
tirato indietro ed ho risposto a tutti, anche se il cuore e la mente erano
stanchi, tristi ed increduli di fronte a quanto vissuto.
La buona notizia è che ieri il bambino è stato dimesso: non
può mettere il piede ferito per terra ed anche stavolta me lo sono caricato in
braccio fino all’auto dal secondo piano dell'edificio della Caja, sempre perché non
ci sono barelle o carrozzine… Poco importa: l’importante è che per il piccolo
non ci sono state complicazioni e che quanto successo ha prodotto soltanto un
grande spavento e nulla più!
Har baje
È davvero impossibile commentare una situazione del genere!!!
RispondiEliminaMeno male che questi piccoli hanno te, ma non posso fare a meno di pensare a tutti gli altri....
Antonella, san Nicolò, mira