Qualche giorno fa è tornata Estefani all’hogar dopo circa
una settimana passata all’ospedale: per me è stato lo spunto per cercare di
sapere qualcosa di più circa il sistema sanitario boliviano in cui mi sono
imbattuto più di una volta.
Cercando in internet ed ascoltando le parole di Liliana ho
capito che qui la sanità si divide in pubblica e privata, in cui un ruolo
rilevante lo ricoprono le ONG e la Chiesa, e che l’accesso ai servizi è
regolato da un’assicurazione (qui chiamata seguro) medica: se non la si ha non
si può beneficiare delle strutture della Caja de Salud che è un ente pubblico. Tutto
ciò si spiega con il fatto che lo Stato vuole limitare la possibilità di
potersi curare a chi effettivamente contribuisce al sostenimento dei costi
pagando i contributi pensionistici e le tasse: potenzialmente solamente chi fa
parte dell’economia “formale” avrebbe diritto al servizio sanitario mentre
coloro che vivono lavorando in nero, come i contadini ed i tanti venditori di
strada, ne sarebbero esclusi. La copertura assicurativa è garantita dallo Stato
a tutti i suoi dipendenti mentre per i lavoratori privati la situazione è più complessa: ci deve essere un accordo con il datore di lavoro per avere un fondo
sanitario e non c’è alcun obbligo in tal senso, per cui c’è la possibilità che
il dipendente non sia interessato a farlo.
La presenza di un seguro medico purtroppo non è garanzia di un
servizio pubblico efficiente: quello boliviano è tra i peggiori del continente.
I tempi di attesa per una semplice visita possono arrivare a 3 o 4 settimane,
le code interminabili per cui è meglio recarsi presto presso le strutture sanitarie nella speranza di essere attesi quanto prima oppure per essere tra i fortunati che
possono rientrare nel numero chiuso previsto per alcuni servizi, le diagnosi
sono affrettate e molte volte i medici nemmeno visitano i paziente, le ricette ed i medicinali prescritti risultano spesso insufficienti
a garantire una pronta guarigione. Il servizio privato è migliore: non ci sono
code e si garantisce sostegno psicologico ed orientativo al paziente, peccato
però che si debba pagare tutto... Praticamente il succo del discorso è: se hai
soldi puoi curarti e guarire, altrimenti peggio per te!
Per chi non ha niente ed è privo di assicurazione non è
tutto perduto: ogni ospedale ha un ufficio di assistenza sociale che verifica
la condizione del paziente e che cerca di aiutarlo nel caso risulti indigente attraverso
sconti su ricovero ed eventuali analisi, a condizione che questi o i suoi
familiari presentino una serie di documenti che attestino il suo stato. Il
malato ha l’obbligo di pagare: se non lo fa c’è la possibilità che venga trattenuto
presso la struttura finchè la famiglia non trovi il modo di onorare il debito
contratto!
Per tutti c’è la possibilità di poter usufruire della posta,
che è una specie di ambulatorio che presta un servizio sanitario di base,
effettuando vaccinazioni ed un primo soccorso: personalmente ci sono andato un
po’ di volte e l’assistenza fornita lascia un po’ a desiderare! Per fare un
esempio la settimana scorso ho dovuto portare una delle più piccole d’urgenza perché
da un giorno aveva forti dolori alla gola con febbre sopra i 39 ed il medico si è
limitato a constatare che le tonsille erano gonfie ed a prescriverle soltanto del
paracetamolo! Visto che la temperatura è salita fino a
40 e non ne voleva sapere di abbassarsi e che la bambina cominciava a vomitare,
abbiamo scelto di dargli un antibiotico e solo così ha cominciato a migliorare.
Sperando di aver dato un’idea generale su come funziona la
sanità in Bolivia ora voglio rassicurarvi sui nostri fanciulli: per tutti quelli
che sono stati istituzionalizzati nel centro ed hanno tutti i documenti in
regola lo Stato riconosce un seguro medico che copre tutti i costi, ad
eccezione dei medicinali prescritti che dobbiamo comprare quando non sono
disponibili presso la Caja de Salud. La buona notizia è che quasi tutti ne sono
provvisti, ad eccezione di tre, e quella brutta è che Estefani è una dei tre! Grazie al lavoro dell’assistente sociale si è pagato solo il 16% dell’importo
dovuto per il ricovero ma i medicinali e le radiografie sono stati interamente
a nostro carico: poco importa la cifra spesa, l’importante è che la bambina abbia recuperato, non abbia avuto complicazioni e che sia tornata tra noi!
Har baje
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