giovedì 29 gennaio 2015

Cambiamenti

Son trascorse appena tre settimane da quando i ragazzi son tornati ma sembra che ne sia passata di acqua sotto i ponti per le tante cose che son successe!


La cosa che più mi ha colpito è veder andarsene via 12 ragazzi, tra cui i più grandi con cui avevo costruito un bel rapporto anche grazie al fatto che molti di loro li ho potuti conoscere di più attraverso l’esperienza dell’orto: già i giorni prima, quando si parlava della loro partenza, avvertivo una fitta al cuore e non volevo crederci e, quando il momento fatidico è arrivato, non avrei mai pensato che sarebbe stato così difficile. Praticamente tutti sono venuti a salutarli, ad abbracciarli per un’ultima volta, c’erano fiumi di lacrime ed i fratelli volevano sfruttare al massimo ogni secondo prima di congedarsi… Non è stato semplice per nessuno e mi sembrava strano dover caricare tutte le loro cose, contenute in qualche borsa di plastica, nella camionetta per un viaggio di sola andata: per uno strano scherzo del destino è toccato a me, assieme a Liliana, all’assistente sociale, all’infermiera portali all’hogar Don Bosco dove poi sarebbero stati assegnati ad uno dei centri per minori che rientrano nel progetto salesiano. Durante il cammino si scherzava come sempre, forse anche per stemperare la tristezza e per la consapevolezza che le nostre strade prenderanno direzioni diverse e che le cose cambieranno, fornendoci nuovi stimoli. Una volta arrivati a destinazione, ecco che aiuto a scaricare i bagagli ed aspettiamo Padre Ottavio per l’accoglienza dei nostri giovani: c’era un po’ di imbarazzo ma si poteva leggere nei volti di ciascuno di loro la tensione, forse anche la paura di affrontare qualcosa di cui non si conosce nulla e si è provato soltanto ad immaginare ma ora è lì, si è fatto reale. C’è tempo per qualche foto, qualche raccomandazione, un ultimo consiglio ma né io né i ragazzi abbiamo voglia di separarci, cerchiamo di tardare quel momento che sappiamo già sarà difficile: è incredibile che in due anni con alcuni di loro abbia creato un legame così forte che mi fa credere che quanto sto vivendo sia soltanto un brutto sogno. Ho la fortuna/sfortuna (dipende da che lato si veda) di salutarli per ultimo: una pacca sulla spalla, un abbraccio, un sorriso, qualche occhio lucido… Me ne vado con la speranza di rivederli e con l’orgoglio di aver condiviso un pezzo di strada con loro: so che ora stanno intraprendendo un cammino che li porterà ad imparare un mestiere e a camminare da soli, senza che nessuno li sostenga… Stanno diventando grandi, delle persone adulte e non gli posso augurare che tutto il bene possibile.
Dopo qualche giorno, ecco che se ne vanno altri quattro: la scena si ripete, anche se in tono minore. Al loro posto ne arrivano altrettanti: ora il numero dei ragazzi è di 65, ben 15 in meno rispetto a qualche mese fa! Si riorganizzano le camere e fa un certo che vederne di chiuse, così come non riesco ad abituarmi alla fila per andare a mangiare o per la preghiera serale: è dura abituarsi a tutto questo e sembra che ci sia un vuoto da colmare, a volte mi volto per controllare che magari arrivi qualcuno che invece ormai non vive più qui… Però è questione di attimi perché le mie attenzioni vanno su chi è rimasto e sui nuovi arrivati: mi cercano per qualsiasi motivo e devo farmi trovare pronto, con un sorriso, perché semplicemente hanno bisogno di qualcuno che stia con loro ed io sono qui per questo.
Altro cambiamento importante è l’arrivo di Ennia, un’italiana da tempo qui in Bolivia, che si occuperà di coordinare il lavoro degli educatori e di sicuro sarà di grande aiuto: un grosso in bocca al lupo e benvenuta fra noi!
Har baje

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