Eccomi di nuovo qui, è passato un po' di tempo dall'ultima volta che ho scritto: avrei tante cose da raccontare ma in questo post a prendersi la scena sono le ultime novità che interessano la regione di Santa Cruz, la più ricca della Bolivia.
Mentre scrivo mi trovo al 14° giorno di sciopero ad oltranza indetto dal comitato civico della regione, a seguito di una decisione presa durante una riunione da gran parte della popolazione: strade bloccate con tutto quello che si ha a disposizione, se si riesce si passa solo in moto o bicicletta mentre camminando apparentemente non ci sono problemi, difficoltà nei rifornimenti.
Il motivo di questo paro indefinido, come lo chiamano qui, è la decisione del Governo centrale di slittare il censimento previsto nel 2023 al 2024: non è una cosa da poco visto che dai risultati dipendono seggi parlamentari e la ripartizione delle risorse tra le varie regioni e Santa Cruz negli ultimi anni è cresciuta parecchio, di conseguenza quanto stabilito dai vertici dello Stato la penalizza. Da non sottovalutare poi il fatto che nel 2025 ci sono le elezioni politiche e una rilevazione della popolazione fatta nel 2024 potrebbe non aver alcun effetto per il voto.
Lo sciopero non è partito subito: è stato dato un lasso di tempo affinchè il Presidente della Bolivia abrogasse il decreto in cui si definiva il rinvio del censo ma così non è stato. Avevo sperato ad un accordo all'ultimo minuto: avevo già vissuto il paro del 2019 a seguito dei brogli avvenuti alle presidenziali e temevo di viverne un altro, ricordando bene le difficoltà che avevo affrontato. Credo ancora che un dialogo sia possibile e che possa risolvere la cosa ma le due parti sono distanti, anzi più passa il tempo e più le loro posizioni si stanno radicalizzando. Anche la Chiesa fa sentire la sua voce cercando di convincere i contendenti a parlarsi ma fino ad ora non c'è stato alcun risultato: credo però che le cose stiano per prendere una piega diversa in quanto da lunedì, se il decreto della discordia non sarà cancellato, tutto il Paese si fermerà.
E' questa la prima differenza con quanto successo nel 2019: fino ad ora è la sola Santa Cruz che si è fermata, creando non pochi problemi all'intera Bolivia visto che ne rappresenta il cuore economico, mentre le altre regioni sono state ad osservare, al massimo hanno fatto qualche manifestazione per avere il censimento l'anno prossimo. Avverto un clima più violento rispetto a tre anni fa: ci sono già vari feriti e almeno un morto, frutto degli scontri tra chi protesta e i sostenitori del partito del Presidente, il Mas. Questi ultimi sono arrivati da tutto il Paese e cercano lo scontro attraverso provocazioni mentre la polizia li lascia fare: sono arrivati a circondare Santa Cruz, bloccando le principali arterie stradali per cui non si può né entrare né tantomeno uscire, compresi i rifornimenti alimentari. Sono riusciti persino a bloccare l'accesso alla raffineria per cui la benzina comincia a scarseggiare: i pochi camion che escono da lì non permettono di rispondere alle esigenze della città per cui si sono verificate code lunghissime ai distributori per comprare solo pochi litri di combustibile, visto che è stato imposto un limite massimo per l'acquisto (attualmente è di 20 boliviani per persona). Una situazione analoga si sta vivendo per la discarica dei rifiuti, in quanto avevano impedito il passaggio ai camion della spazzatura ma sembra che sia stato raggiunto un compromesso. Il risultato di tutto questo è che i prezzi cominciano a salire, soprattutto per gli alimenti, e questo penalizza maggiormente i più poveri, già gravemente danneggiati dal fatto che non possono andare a lavorare visto che vivono con quanto guadagnano in giornata.
La situazione è tesa e me ne accorgo parlando coi miei amici boliviani perchè non si sa quando e come possa finire: per le difficoltà ed i pericoli di passare per i tanti sbarramenti presenti in città si lavora con il personale ridotto, per evitare di pagare un salasso per i passaggi in moto da un posto di blocco ad un altro (purtroppo c'è chi se ne approfitta della situazione) una figlia di una dipendente ha deciso di dormire in una pensione in città altrimenti il suo stipendio sarebbe andato tutto per il trasporto. L'altro giorno ho parlato col titolare di un allevamento di quaglie che ogni settimana ci dona qualcosa: era triste, deluso e mi raccontava di come era difficile lavorare in queste condizioni visto che aveva dovuto vendere le uova sottocosto, praticamente quello che ha guadagnato era la metà di quanto aveva speso per produrle! Aveva la speranza di poter far arrivare una consegna a Sucre e doveva portarla al corriere ma dal suo volto capivo che non ci credeva molto, sia per i vari punti di blocco da superare che per la benzina.
Per fortuna qui in hogar stiamo bene, le cisterne di gas sono state riempite giusto il giorno prima dell'inizio del paro mentre c'è qualche problema per comprare la verdura in quanto il nostro fornitore non ci può raggiungere: questo martedì ho approfittato di un mercato qui vicino e coi soldi delle offerte ho preso quanto era possibile per i ragazzi, visto che quando ero arrivato era rimasto ben poco. La buona notizia è che i bambini continuano la scuola, seppur in forma virtuale e nonostante non abbiamo tutti gli educatori a disposizione, e qualche volta li portiamo al fiume.
In zona è tutto tranquillo, sebbene in giro si vedano le serrande dei negozi socchiuse e pochissime macchine. C'è qualche blocco anche qui vicino ma non è niente in confronto a quello che c'è nel ponte che ci collega all'aeroporto, da dove di notte si sentono dei petardi: il loro scoppiare mi accompagna fino a tardi ed a volte mi dà il buongiorno. Speravo tanto di non poterlo più ascoltarlo: è andata così, adesso posso solo augurarmi che la situazione possa migliorare e continuare a dare quello che posso per i miei piccoli amici.
Har baje
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