Negli ultimi tempi c'è una frase che
ricorre spesso nella mia testa e riaffiora pensando a quanto mi è
capitato, interrogandomi se ho agito nel miglior modo possibile oppure esisteva un'alternativa a quanto fatto. Ricordi che in
comune hanno l'avere come protagonisti i ragazzi, la cui
tristezza mi spinge a cercare di capirli, a non giudicarli cercando
di valorizzarli, di tirare fuori dal cilindro qualcosa capace di
cambiare il loro stato d'animo.
Mi capita così di ripensare a due
sabati fa quando vedendo una bambina che giocava da sola e a
debita distanza dalle altre: la cosa non mi ha lasciato indifferente e, sebbene fossi indaffarato con gli ultimi preparativi per il catechismo che sarebbe iniziato a
minuti, mi sono avvicinato chiedendole il motivo del suo starsene lontana da tutti. La risposta mi ha fatto sussultare: con
un'espressione sconsolata diceva che qui nessuno le voleva bene.
Prontamente le ho detto che qui eravamo in molti a preoccuparsi per
lei, che ci interessa di come si sentiva ma a queste parole mi
ribatte che il problema è con le altre bambine. Visto che l'inizio
del catechismo era ormai prossimo le ho promesso che più tardi le
avrei parlato ed è così che il suo volto si è riacceso ed ha abbozzato un sorriso. Mi ha strappato la promessa che mi avrebbe aiutato a
tempo debito e questo è bastato per cambiarle la giornata: domenica mi ha dato una mano a fare la salsa di pomodoro per la pizza ed è stato
bello vedere come ne sia rimasta contenta.
Ripenso a come in molti mi chiedano se possano aiutarmi: ci sono giorni in cui la lista è così lunga da rendere la scelta difficile ma opto sempre per dare quest'opportunità a
tutti, senza alcuna distinzione, e la mia priorità ricade su quelli
che di raro mi si avvicinano. Qualche settimana fa è stata la volta
di uno dei più iperattivi, che non riesce a star zitto nemmeno un
minuto e che con il suo atteggiamento cerca sempre di chiamare
l'attenzione su di sè: sapevo che non sarebbe stata una
passeggiata, l'ultima volta che ci ho avuto a che fare non è stato
proprio piacevole visto che a pranzo era nella mia stessa tavola ed
erano più le volte che mi faceva arrabbiare che altro. Ho detto sì alla sua richiesta perchè lo desiderava più
di qualsiasi altra cosa, si vedeva lontano un miglio che ci teneva e
non esisteva proprio che un brutto precedente gli negasse tale possibilità:
so che un ennesimo rifiuto da parte mia lo avrebbe ferito, gli
avrebbe fatto solo del male. Così ci siamo ritrovati a lavorare
assieme, lui a passarmi gli attrezzi di cui avevo bisogno
immancabilmente parlando senza sosta ma so che è così,
chiacchierone fino allo sfinimento, ma l'ho fatto felice: per quei
momenti passati insieme sono stato letteralmente il suo eroe, quando
mi vedeva non mi lasciava un secondo e mi abbracciava... Avrà tanti
difetti ma so che è affettuoso ed è da qui che bisogna
ripartire per dargli una mano.
Poi c'è lui, uno dei più discoli, che
disturba, gli piace andare a caccia di insetti e dove c'è un malanno
spesso c'è il suo zampino: quando lo rimproveri ecco che si
imbroncia e appare sempre corrucciato. A volte non
sopporto proprio che gli si dà addosso per questi suoi atteggiamenti
e ho avuto la sorte di sfruttare a fin di bene una delle cose che gli
piacciono di più: dare la caccia agli animali. Avevamo da settimane delle galline che venivano in hogar e vi rimanevano fino a sera rovinandomi giardino e corridoi: gli ho chiesto aiuto, ben
sapendo che non mi avrebbe deluso. Il risultato è che abbiamo
rinchiuso tutti questi volatili nel nostro pollaio e lui si sentiva
contento perchè per una volta non era stato sgridato per una delle
sue passioni, anzi lo avevo elogiato pubblicamente! Aveva
un'espressione raggiante, bellissima come quella che mi donato
proprio oggi che gli ho tagliato i capelli: non so se è stato il mio
consiglio di lavarsi meglio visto che i pidocchi abbondavano o altro
ma mi ha sfoggiato un enorme sorriso che mi talmente impressionato da dirgli che doveva farlo più spesso!
Penso a qualche settimana fa quando i
miei ragazzi che si stanno preparando alla prima comunione mi hanno
fatto arrabbiare e mi sono visto costretto ad allontanarne tre
dall'aula per il loro atteggiamento: ci sono stato male, mi è
dispiaciuto arrivare a tanto ma non c'era alternativa. Il giorno dopo
due di loro si sono avvicinati, non avevano il coraggio di guardarmi
negli occhi ed a fil di voce si son scusati: li ho fissati e mi sono
riempito di tenerezza, non potevo certo avercela con loro visto che si
notava quanto fossero dispiaciuti per quello che avevano fatto. In loro mi sono rivisto da piccolo, quando combinavo
qualche marachella sentendomi poi male per quanto fatto: ho letteralmente perso il conto delle volte in cui i miei mi hanno perdonato, ora mi ritrovavo nei loro panni e non potevo che fare altrettanto!
Infine i ricordi mi
riportano a lui, a quel bambino di quattro anni che è passato di qua
per qualche giorno: c'era stato portato dalle autorità competenti ma
non si adattava alla struttura, non si relazionava coi suoi nuovi
compagni per cui l'abbiamo salutato a malincuore con destinazione un
altro centro. Ricordo la prima sera, quando non voleva saperne di
entrare nel dormitorio maschile: è costato parecchio che varcasse
quella porta e lo potevo capire perchè non è facile ambientarsi in
un posto nuovo dove non conosci nessuno in poche ore, soprattutto
quando sei così piccolo. Da lì a poco l'amara scoperta: ha
un'ossessione che gli si chiudano le porte nel posto in cui si trova, è
come se perdesse il controllo se scopre che l'entrata non risulta
aperta. L'espressione “non chiudi la porta, vero?” diventa subito
un tormentone e mi interroga, mi spinge a chiedermi cosa possa
essergli successo da avere una paura quasi folle di stare chiuso in
una stanza. Mi fa una forte tenerezza, sono certo che nonostante la
sua giovane età deve aver vissuto qualcosa di veramente terribile.
Non so per quale motivo ma il piccolo mi cerca costantemente, di
notte quando si sveglia chiede di me ed è capitato che è venuto a
cercarmi, come accade spesso di giorno durante il suo soggiorno qui:
non mi lascia un momento, arriva a chiamarmi papà e questo, se da un
lato mi riempie d'orgoglio, dall'altro mi fa capire quanta fiducia
riponga in me. Purtroppo però non lega coi suoi coetanei, anzi li
picchia senza nessun motivo e questo mi preoccupa perchè non
è normale, anche Liliana è dello stesso avviso. A malincuore
capiamo che non possiamo aiutarlo, probabilmente ha bisogno di un
hogar più piccolo del nostro dove possono seguirlo meglio ed è
così che lo salutiamo, sperando di aver fatto la scelta migliore per
lui.
Immedesimarsi, cercare di
comprendere facendo leva sui propri ricordi d'infanzia ed intenerirsi
per chi hai davanti: certo a me diventa più facile quando ho davanti
un bambino mentre è un po' più impegnativo con degli adolescenti
che magari mi rispondono dietro ma è la mia ricetta per avere
compassione, che mi spinge poi a trovare il lato buono nella persona
che mi sta difronte ed a cercare di mettere da un lato le cose
cattive perchè sono proprio quelle che mi allontanano dal capire che
tutti, dal più piccolo al più grande, abbiamo qualcosa di grandioso
dentro ma che spesso ce ne dimentichiamo.
Har baje
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