giovedì 5 maggio 2022

Freddo

E' arrivato il primo freddo e, come di consueto, il cielo di Santa Cruz si tinge di grigio. Piove a sprazzi e questo non fa altro che incrementare la sensazione che le temperature siano più basse rispetto ai giorni passati: vedo i miei amici boliviani coprirsi e indossare felpe pesanti, mi suggeriscono di fare altrettanto ma mi è difficile percepire questo cambiamento come fanno loro, per me i 16 gradi previsti come minima rappresentano quello che in Italia sarebbe la normalità all'inizio della primavera.
Mi viene da sorridere mentre indosso una polo (ammetto che fa freschetto per rimanere con una maglia con le maniche corte) e chi mi è intorno mi guarda come colto di sorpresa e mi chiede se davvero non ho freddo, suggerendomi di mettermi qualcosa di più pesante. Li capisco: per chi è abituato a vivere con temperature medie ben al di sopra dei 20 gradi anche il minimo abbassamento può spingerlo a coprirsi il più possibile per evitare un malanno.
E' il mio giorno libero ma visto il clima non ho molta voglia di andare in giro, preferirei starmene nella mia stanza ma il frigo vuoto mi spinge ad uscire. Ne approfitto per un giro in città, dove vengo rapito dallo spettacolo offerto dai toborochi in fiore: un rosa che spicca dal grigiore di quella che posso definire la prima giornata invernale dell'anno ed annuncia come sempre l'arrivo del primo vento freddo della stagione. Resto sempre affascinato nel vedere questi alberi, li ammiro stando fermo per qualche minuto e ne rimango come stregato: non mi stancherei mai di guardarli.
Mentre cammino ed osservando quelle chiome rosate in lontananza, difficili da non notare, passo davanti alla biblioteca: nei dintorni si trovano sempre ragazzi di strada che dormono per terra ed oggi non fa eccezione. E' qualcosa che sempre mi colpisce e mi scuote dentro ma in quest'occasione forse lo fa in maniera più forte: vedo una ragazza, ha i capelli unti ma raccolti ed un'espressione sofferente, è rannicchiata su sé stessa sopra un cartone. Si solleva leggermente e lo fa in un modo tra il goffo e lo sfinito, stende sopra di sé una specie di lenzuolo, sembra di flanella seppure molto più sottile, e si copre totalmente, forse nel tentativo di riposare almeno per un po' dopo una notte passata chi sa come cercando di vincere le temperature in discesa. La scena si è svolta in una manciata di secondi ma mi è sembrata durare molto di più: mi ha colpito, il pensiero va alla tante fanciulle che il centro ospita ed immagino quale sarebbe il loro destino al di fuori di queste mura, forse si ritroverebbero proprio così, vivendo nella stessa situazione che ho sotto gli occhi proprio ora. Un brivido mi scende lungo la schiena e so benissimo che non è per il freddo.
Har baje


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