In questi giorni di festa sono accadute tante cose: alcune
sono state positive, altre purtroppo no ma sono tutte accomunate dal fatto che
mi lasciano qualcosa dentro, ponendomi interrogativi che mai avevo pensato di
pormi, e che fanno parte della vita quotidiana dell’hogar, tanto che ne
costituiscono un frammento più o meno importante.
Qualche giorno fa Rosa, un’educatrice, mi viene a chiamare
perché erano venuti dei parenti di tre fratelli: quando mi riferisce il cognome
dei ragazzi non nascondo la mia sorpresa perché l’ultima volta che questi hanno
ricevuto una visita è stato oltre un anno e mezzo fa. Subito vado a parlare con i
visitatori, riconosco la donna che è la sorella maggiore dei tre ed apprendo
l’amara notizia: la madre dei fanciulli è stata investita ed è in coma presso
un ospedale. Sono venuti ad informare i piccoli perché dicono che così non gli
potranno rimproverare in futuro di avergli nascosto la verità e vorrebbero
portarli a farle visita prima che morisse. Nel sentire ciò subito scatta
qualcosa nella mia testa: quale sarà la loro reazione, visto che la loro mamma
non è mai venuta a visitarli e non si è mai fatta viva per almeno tre anni?
Chiamo Liliana e mi dà l’approvazione che i tre possono andare, accompagnati da
un’educatrice proprio perché non sappiamo come reagiranno. Conclusa la
telefonata, faccio incontrare i ragazzi con le persone venute per loro: assisto
all’intera scena e non è stato per niente piacevole. Quando uno degli zii dice
che non hanno i soldi per curarla e che ormai non c’è più niente da fare,
perché la donna sta ricevendo il cibo tramite una macchina ed il corpo sta
cominciando a rifiutarlo, vedo le espressioni nei loro volti: sono enigmatiche,
non si capisce cosa sentano ma colgo la loro intenzione di andare a fare visita
alla loro mamma, non importa se è da tanto che non la vedono. Dal momento in
cui sono usciti dell’hogar il pensiero è andato a loro finchè non son tornati:
questa per loro è l’ennesima difficile prova, hanno già sofferto abbastanza,
perché il Signore non gli concede un attimo di tregua e gli regala qualche
momento felice? Cerco di immaginare come mi comporterei se ricevessi la stessa
notizia per capire come posso accostarmi a questi fanciulli in questa
situazione ma le mie sono solo congetture, supposizioni e l’unica cosa che
veramente posso fare è far sentire che sono loro vicino e che per qualsiasi
cosa di cui abbiano bisogno io ci sono. Una volta ritornati ho avuto
l’occasione di parlarci e sembrano tranquilli, si comportano come sempre anche
se all’inizio erano come sotto shock e c’era un velo di tristezza nei loro
volti. Nei giorni seguenti a parlarmi dell’episodio è stata la bambina più che
i due maschietti: voleva aver avuto la possibilità di vedere sua mamma, le
voleva star accanto almeno un’ultima volta e rimpiange che non le è stata data
questa possibilità perché in sala di rianimazione si può entrare soltanto se si
hanno 18 anni… Mi hanno meravigliato le parole d’amore verso sua madre,
dimostrando che sebbene un genitore si possa comportare molto male i suoi figli
le continueranno ad amare: è stata proprio una bella lezione su cosa
significa voler bene e perdonare!
Non è mancata poi la visita di una coppia che mi ha chiesto
come poter lasciare qui in hogar il proprio figlio: non è la prima volta che mi
capita di trovarmi davanti ad una simile situazione e non riuscirò mai a farci
l’abitudine… Traspare dalle facce dei due il rammarico di non poter farsi carico del fanciullo, il senso di aver in qualche modo fallito come genitore
perché devi affidare ad altri la crescita del tuo bambino perché non si hanno
gli strumenti e le risorse per farlo… Mi stringe il cuore quando la loro voce
comincia a tremare ed una lacrima comincia a scendere nel momento in cui fanno
la domanda se qui c’è posto, se possono internare subito il ragazzo… La
risposta, per quanto triste, è che non posso accettare la loro richiesta perché
devono passare prima per la difensoria dei bambini e degli adolescenti, che
studierà il caso e tirerà le sue conclusioni e che l’unica cosa che posso fare
è dargli il numero dell’assistente sociale che li potrà aiutare in questa
triste circostanza. Nel vederli andar via mi chiedo come deve essere stato difficile
per queste due persone venire qui ed ammettere la loro difficoltà a crescere il
proprio figlio, non riesco proprio ad immaginare il livello di disperazione che
li abbia portati a compiere un simile passo.
In questi giorni non sono mancati però i fatti positivi: un
papà, che non si era fatto vedere da anni perché in carcere per prostituzione
minorile e rilasciato soltanto da qualche mese, è venuto a trovare i suoi figli! Non me
lo sarei mai aspettato e devo dire che i ragazzi, sebbene all’inizio un po’
riluttanti, hanno gradito molto la visita del padre soprattutto perché così
facendo hanno avuto la conferma che si interessa ancora di loro, nonostante
tutto. Poichè ciò è accaduto alla vigilia di Natale ho avuto l’impressione che sia successo qualcosa di magico.
Che dire poi di Riccardo e Gilberto, due ragazzi usciti da
qui gli anni scorsi? Son arrivati il primo gennaio più o meno a mezzogiorno, dicendomi che erano venuti solo per salutare ed avevano già mangiato. Una volta
compreso che quanto avevano mangiato era soltanto uno stuzzichino li ho
accompagnati in cucina e dato loro un bel piatto di carne di maiale al forno,
che hanno ben gradito: il motivo? Li ho visti crescere e ho condiviso molte
cose con loro, poi era giorno di festa e non si nega il cibo a nessuno,
soprattutto a chi fa parte della grande famiglia dell’hogar! Erano venuti
perché non hanno nessuno e l’unico riferimento che hanno, oltre al centro di
accoglienza dove tuttora vivono, è il nostro hogar, visto anche il fatto che qui ci sono i loro fratelli: è la loro seconda casa! Ho avuto l’occasione di
parlare per un bel po’ con Gilberto: mi dice che ha trovato lavoro come cuoco
in un ristorante che fa pollo allo spiedo e che gli studi vanno bene, anche se
deve andare a scuola di notte. Afferma che è contento, soltanto ora capisce il
motivo per cui qui da noi ci sono certe regole ed è grato di quello che ha
imparato qui. Con un certo orgoglio mi racconta che ora vuole risparmiare il
più possibile di quanto guadagna, gli ho chiesto il motivo e mi ha risposto che vuole comprare una casa per viverci assieme ai suoi fratelli. Non
posso dirvi che soddisfazione ho provato nel sentire ciò! Gilberto è proprio un
bravo ragazzo, mi illudo che forse c’è anche il mio piccolo contributo in
questo e sono onorato di conoscerlo e averlo accompagnato nel suo cammino per
qualche tempo, spero che continui così!
Har baje
Leggendo le tue riflessioni non possono non scendere le lacrime...
RispondiEliminaRaccomando te e tutti questi piccoli a nostro Padre....
Antonella, san Nicolò mira