Quello appena trascorso è stato un Natale molto diverso da
quelli passati, costellato da tante prime volte: quella di trascorrerlo così
lontano da casa e dagli affetti; quella di festeggiarlo in terra boliviana e,
di conseguenza, qui all’hogar; quella di viverlo senza la frenesia di trovare a
tutti i costi un regalo adatto alle persone più care e con l’unico desiderio di
far passare una bella giornata ai miei piccoli amici.
I giorni precedenti sono stati una vera e propria corsa
contro il tempo per terminare i preparativi e per verificare che non mancasse
proprio nulla: tra una cosa e l’altra mi son ritrovato a preparare per ciascun
bambino una borsa che contenesse i vestiti comprati col loro buono scolastico,
un profumo o un elastico per capelli che avevo portato dal mio ultimo viaggio
in Italia ed un pacchetto regalo, contenente un giocattolo, che una ditta
locale ha voluto donare a ciascuno; mi ingegnavo su come organizzare e gestire
il programma della vigilia, qui molto sentita, e del Natale; mi accertavo con
cura quasi maniacale che in cucina ci fosse tutto l’occorrente per realizzare
il menù delle grandi occasioni. Questo periodo mi ha riservato anche delle
piacevoli sorprese visto che sono arrivate parecchie donazioni che hanno reso
contenti i ragazzi: nonostante mi abbiano procurato un po’ di lavoro in più, la
soddisfazione più grande era vedere un sorriso dipinto sui loro volti e sapere
che qualcuno aveva pensato a loro in questo tempo di festa! Se si vuole trovare
una pecca è che la gente di qui sembra ricordarsi dell’hogar soltanto in questo
periodo: magari quest’interesse e questi aiuti ci fossero tutto l’anno! Non
posso comunque lamentarmi, meglio così che niente!
Col passare dei giorni e l’avvicinarsi del 25 si faceva
sempre più frequente la domanda “Marco, ma quest’anno chi si vestirà da Babbo
Natale?” ed io facevo finta di niente, anzi trovavo delle risposte il più
fantasiose possibile per non rovinare l’effetto sorpresa… Sì, perché sarei
stato io a vestirmi di rosso e a consegnare i regali ai bambini e loro non lo
immaginavano minimamente poiché mi dicevano che ero troppo magro e non avevano
tutti i torti visto che nel costume ci stavo dentro quasi due volte: è bastato però un
cuscino ed il gioco era fatto!
Già dalla mattina del 24 dicembre avevo capito che sarebbe
stata una giornata lunga e speciale: si presenta alla porta il papà di Stuarth e
Briyith che, con gli occhi che trattenevano le lacrime a stento, mi dice che il giudice aveva finalmente deciso stabilito che i suoi figli tornassero con lui e mi
consegna l’atto legale che lo confermava.
Ero molto contento per loro, visto che sono molto legati e praticamente
non c’era fine settimana che il genitore venisse a trovarli, ed il fatto che
potessero passare le feste di nuovo assieme mi faceva quasi gridare ad un
miracolo perché di solito le sentenze dei giudici tardano spesso ad arrivare
anche se sembrano scontate.
Nel pomeriggio abbiamo avuto una visita speciale di un
gruppo di persone che ci hanno regalato un bel po’ di borse piene di vestiti
nuovi, palloni a tutti i maschietti presenti (una ventina circa) e delle
bambole alle bambine (11) con un ulteriore pacchetto regalo, una quarantina di
panettoni e poi un maialino ripieno cotto al forno con 4 tipi di contorni!
Poiché non ci avevano avvisato per tempo e la cena era già pronta, visto che
era ora delle merenda ho optato per qualcosa di speciale: mangiare tutto
quel ben di Dio che ci avevano portato! I ragazzi ne son rimasti talmente
felici che qualcuno mi chiede se sarà possibile ancora una volta avere uno
spuntino pomeridiano così prelibato! Devo ringraziare per questo i nostri
benefattori che hanno partecipato a tutto ciò cercando di stare il più
possibile coi ragazzi e con il sorriso sempre sulle labbra: mi hanno detto che
per loro sembrava giusto condividere la loro fortuna con chi vive nelle
difficoltà, era una cosa che ognuno dovrebbe fare e che dà gioia perché si fa del
bene e vedere la gente contenta è il massimo che si può chiedere.
Dopo qualche secondo, che sembrava un’eternità, dalle finestre mi accorgo che dentro è tutto buio e comincio a suonare la campana gridando “Oh oh oh”, fermandomi di tanto in tanto a qualche vetrata per sentire le voci concitate dei fanciulli. Arrivo alla porta, busso e mi aprono: entro mentre si accendono le luci notando dei volti stupiti con i più grandi che dopo un po’ mi hanno riconosciuto mentre i più piccoli rimanevano a bocca aperta. Dopo aver parlato a qualcuno comincio a distribuire le borse coi regali: quel che più mi ha colpito sono stati i sorrisi e gli abbracci di molti, anche di qualcuno che mai avrei pensato! Conclusa la consegna dei doni, mi congedo per tornare poi in abiti “normali” e dire di andare dal campetto da calcio perché abbiamo comprato qualche fuoco artificiale ed è qui che c’è stato il momento più triste della serata: al primo botto, Alejandra mi si avvicina, mi abbraccia e comincia a piangere a dirotto, provo a chiederne il motivo ma non risponde. Non so che pesci pigliare, cerco di tranquillizzarla ma niente: solo dopo un bel po’ mi rivela che quei botti e la vigilia le ricordano il momento in cui sua mamma la rifiutò… Non so che dirle, provo a consolarla dicendo che finchè sarà qui nessuno la abbandonerà o la farà sentire sola, pur sapendo che per lei questa non è che una magra consolazione…
Il giorno dopo mi sveglio presto per vedere se in cucina tutto
fila liscio e dò una mano assieme agli educatori: visto che è Natale voglio far
colazione, pranzo e cena coi ragazzi perché siamo parte di una grande famiglia.
Scopro che sono venuti a regalarci del latte appena munto: senz’altro un ottimo
inizio!
La mattina passa velocemente perché giochiamo a tombola con
premi per tutti ed un sacco di risate e guardiamo un cartone animato tutti
insieme. A mezzogiorno il menù delle grandi occasioni: pane tostato, zuppa di
arachidi, mais con maionese e pollo al forno con aranciata. Al pomeriggio si
cerca di mettere in scena delle rappresentazioni per far capire ai ragazzi
cos’è l’amore e poi nuovamente tutti a vedere un film rigorosamente sul Natale:
tutto abbastanza semplice ma c’era una gran voglia di star insieme, di passare
bene questa giornata di festa anche se, volenti o nolenti, distanti dai propri
cari per i motivi più disparati. Dopo la preghiera serale ecco che ricevo
l’abbraccio della buonanotte da parte di chi non immaginavo: forse un
ringraziamento per essere stato presente con lui o con lei tutto il giorno,
forse il bisogno di sentirsi amato o di un po’ di affetto in questo periodo di
festa.
Prima di mettermi a letto ripenso alla giornata e
soprattutto ad una domanda che mi è stata rivolta da uno dei più piccoli “ma tu
cos’hai ricevuto?”. Lì per lì non avevo risposto perché non sapevo che dire ma
ora avevo trovato le parole… Questo Natale non ho ricevuto in regalo delle cose
ma 32 ragazzi che, con la loro semplicità e voglia di star con me, lo hanno
reso uno dei più belli che abbia mai vissuto: Juan Carlos Z.; Santiago; Dairo;
Cristian; Fabricio; Pablo; Ricardo; Fernando; Brandon; Luis; Gilberto; Luis
Israel; Gustavo; Juan Carlos A.; Juan Pablo; Rodrigo; Teodoro; Luis Enrique;
Alex; Josuè; Victor; Abigail; Sonia; Zulma; Alejandra; Ruth Karen; Cindy;
Lidia; Carolina; Ana; Mariela e Leidy.
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