Difficile riassumere questi mesi, sono stati talmente movimentati e zeppi di situazioni che richiedevano una soluzione immediata che non so davvero da dove cominciare per raccontarveli. Una cosa è certa: per le vicende che hanno messo in cattiva luce gli hogares e per le situazioni di disagio sociale che stanno aumentando a dismisura, non ho mai visto un andirivieni di fanciulli così intenso in termini di reinserimenti familiari, trasferimenti per condotta e nuovi arrivi.
Questo andare e venire ha avuto una notevole influenza anche su quello che faccio qui: col catechismo ero partito con ben 19 ragazzi ed ora ne tengo solamente 12! Anche il gruppo dei chierichetti è stato sfoltito, passando da 7 a 4 solo grazie al fatto che due ragazze hanno chiesto di farvi parte durante l’anno; per non parlare poi dell’orto dove il numero si è assottigliato perché alcuni fanciulli se ne sono andati.
Quello che fa sempre male sono gli addii: sebbene qualcuno sia tornato in famiglia oppure è stato dato in adozione, mi chiedo sempre se sia stata fatta la scelta giusta. So che non dipende da noi, questa decisione spetta al giudice ma ne ho sentito davvero tante di storie andate a finire male che non mi resta che affidare queste giovani vite ed augurargli il meglio, nonostante i dubbi legati al fatto che non di rado si tratta di contesti non proprio sereni o molto poveri, che a malapena riescono ad arrivare a fine mese: sono il primo a dire che questi fanciulli hanno bisogno di amore, in primis quello dei propri familiari, ma la situazione va valutata con attenzione sotto ogni aspetto. Posso solo desiderare per loro che tutto vada bene e che quanto ho cercato di seminare gli possa servire in futuro.
Mi interrogo poi quando ci si ritrova in qualche modo costretti a mandare in altri centri dei ragazzi perché hanno combinato qualcosa di grave e non ci sono alternative: fa male, soprattutto quando stavi costruendo qualcosa con loro. Me lo chiedo non solo come loro confidente ma come educatore, sia nella fede che in altri ambiti: non sono assolutamente loro il problema, mi domando se potevo fare qualcosa di più o di diverso per arrivare negli angoli più nascosti del loro cuore visto che purtroppo il loro atteggiamento è il risultato di quanto hanno visto e vissuto in prima persona. Se sono violenti è perché sicuramente fin da piccoli hanno vissuto in contesti in cui alzare le mani era la soluzione più facile; rubano perché ad esempio, se nessuno si preoccupava di loro, dovevano sopravvivere in qualche modo, giusto o sbagliato che fosse; mancano di rispetto ed insultano perché forse hanno imparato a non fidarsi degli adulti o che questi sono soltanto fonte di problemi; disprezzano le donne perché cresciuti in un ambiente macista, in cui l’uomo deve solo farsi servire; non sanno cosa sia la pulizia o l’igiene personale perché nessuno glielo ha mai insegnato: purtroppo sono il "prodotto" di un ambiente che non li ha amati ed apprezzati nei loro pregi e difetti, spetta a me e a tutti quelli che lavorano nel centro accettarli così come sono ed insegnare loro ad essere migliori ed a rispettarsi. Se vanno via per aver fatto qualcosa di male significa che non sono riuscito ad aiutarli fino in fondo, magari questo non era il luogo adatto a risolvere quanto di rotto c’è nel loro cuore oppure non ho ascoltato con attenzione la loro richiesta di aiuto: non è un piangersi addosso, è capire dove ho sbagliato, è un punto da cui necessariamente partire per poter afferrare in modo più efficace e convinto la mano di questi giovani che, attraverso i loro gesti, gridano il loro dolore; è l’unica via per trasformare quei nuvoloni grigi che spesso si addensano nella mia testa in piccoli spiragli di luce.
Ci sono poi gli arrivi, quelli che ti sorprendono e ti mettono alla prova: tante ragazze e pochi maschietti, ognuno con la sua triste storia, che all’inizio mi guardano da lontano e diffidenti salvo poi avvicinarsi pian piano. Sono un mondo tutto da scoprire e, volente o nolente, ne conosco le vicende attraverso i loro racconti, a volte belli e brutti in altre occasioni: mi colpisce trovarmi davanti ad uno scricciolo di appena due anni giunto qui per tentato abuso oppure ad uno di tre, completamente abbandonato e lasciato alle cure del fratello di qualche anno più grande… Qualcosa mi si muove dentro, mi intenerisco al solo vederli e non arrivo proprio a concepire il male che hanno subito, non riesco proprio a farmene una ragione, arrivando persino a mettere in crisi ciò in cui credo perché, quando ti trovi davanti a realtà così terribili, è difficile non dubitare. Ancora una volta la mente si riempie di nuvoloni grigi ma è il loro sorriso che mi dà speranza; il loro corrermi incontro gridando il mio nome, storpiandolo perché non sono proprio capaci a pronunciarlo, permette a qualche raggio di luce di entrare nei miei pensieri: non tutto è perduto, vale la pena continuare il cammino nonostante le difficoltà, c’è ancora una possibilità e va sfruttata, costi quel che costi. Non lo faccio per me, in caso contrario avrei già gettato la spugna da molto tempo, ma per ciascuno di loro: semino affinché l’oscurità che hanno conosciuto non li inghiotti per sempre e continuo a farlo perché quella piccola fiamma fatta di speranza, nascosta da qualche parte nel loro cuore, possa un giorno trasformarsi in quella scintilla che gli illumini il cammino… E questo non dipende da me ma soltanto da loro.
Har baje
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