Al mio ritorno in hogar sono rimasto
sorpreso nel sapere che due dei più piccoli, che l'anno scorso mi
avevano fatto sudare più delle famose sette camicie per convincerli
a mangiare all'ora di pranzo, avevano ripreso a fare gli stessi
capricci a mezzogiorno. “Ma com'è possibile?”, mi son detto,
visto che li avevo lasciati che terminavano tutto quello che
trovavano nel piatto senza fare storie, provando una certa
soddisfazione nell'essere riuscito in quest'impresa.
In cuor mio sapevo che probabilmente
era successo qualcosa durante la mia assenza che aveva determinato
questo passo indietro e la colpa non era di nessuno: a volte basta
una piccola scintilla per scatenare nei ragazzi una tempesta di
emozioni capace di destabilizzarli, sia in senso positivo che in
quello negativo. Quel che più mi preoccupa non è tanto il fatto che
a volte saltavano un pasto ma la loro rabbia incontrollata che
esplode anche per cose del tutto insignificanti e conferisce loro una
forza incredibile, che li spinge a cercare di rompere tutto ciò che
gli capita a tiro fino ad arrivare fino al lancio di pietre ed a
scaraventare i cestini per aria. Non resta che cercare di ignorarli,
sorvegliarli mantenendo una certa distanza o trattenerli in modo che
non facciano male a se stessi e agli altri ma in quei momenti hanno
così tanta energia in corpo che risulta difficile poner loro un
freno malgrado la loro giovanissima età: io stesso mi sono fatto
male ad un braccio nel tentativo di bloccare uno dei due prima che
rompesse una porta.
Mi preoccupano perchè non si
comportavano così o, almeno, posso garantire che uno di loro non
aveva mai fatto prima queste cose e sembra stia emulando la condotta
dell'altro: mi interrogano perchè non riesco a capire proprio cosa
gli sia successo e li spinge ad agire così. Sicuramente la soluzione
non è nelle maniere dure, minacciandogli dei castighi o alzando la
voce, ma consiste nel dargli affetto, anche se a volte non è proprio
una passeggiata: ha ragione Liliana a dire di intervenire prima che
la loro ira scateni il peggio, ne sono testimone perchè mi hanno
portato uno dei due fanciulli urlante e sono riuscito a calmarlo in
una manciata di minuti, ma è difficile capire quando farlo.
Non riuscivo a stare tranquillo nemmeno
sul tema del pranzo: la sola idea che i due non mangiassero a pranzo
o a cena mi preoccupava perchè potevano rimetterci in salute. Mi
sono offerto di sedermi a tavola insieme a loro ancora una volta,
sperando di riuscire a convincerli a mangiare qualche boccone come
già fatto in passato: sono stato accontentato anche se ciò ha
significato dovermi trasferire nel refettorio dei più piccoli. A
detta degli educatori qualche miglioramento c'è stato ma ad ogni
pasto mi sembrava di andare in battaglia perchè, ogni volta avevo a
che fare coi capricci di uno dei due. Tra bocconi mandati giù di
traverso ed arrabbiature riuscivo nel mio proposito, meno quando il
più testardo faceva i capricci e non ne voleva sapere di mettere
qualcosa fra i denti: in quei frangenti penso che avevo più
possibilità che un muro mi rispondesse rispetto al fanciullo e,
sapendo che se gli giravano i due minuti era capace di far volare
tutto ciò che gli capitasse a tiro, preferivo ignorarlo ed
assecondarlo. I problemi più grandi si presentavano quando entrambi
non ne volevano proprio sapere di pranzare oppure volevano le stesse
attenzioni che davo all'altro: in quei giorni mi facevano diventare
matto ma i miei sforzi erano ripagati quando vedevo i loro piatti
vuoti. A lungo andare però notavo che non si poteva continuare così
e quando mi sono accorto che anche gli altri bambini della mia
tavolata cominciavano a non voler mangiare ed a copiare
l'atteggiamento dei due è scattato un campanello d'allarme nella mia testa: bisognava cambiare strategia e così è stato.
Liliana ha diviso i due, che insieme erano una miscela pronta ad
esplodere, mettendoli in due tavolate distinte: quello che presentava
più difficoltà all'ora di pranzo è rimasto con me e devo dire che
le cose sono migliorate e non poco visto che ora finisce tutto ciò
che trova nel piatto, salvo qualche piccola ricaduta, ed io posso
fare altrettanto con maggior tranquillità.
Continuano a preoccuparmi i due
soprattutto quando per qualsiasi motivo, anche il più futile, cominciano a tirare calci a
tutto o a urlare, a non apprezzare la minestra o il secondo ma non
posso fare a meno di ringraziare di averli conosciuti: sono degli
angioletti che mi sono stati inviati e che mi sciolgono quando mi
vengono incontro con un sorriso dipinto sul viso o mi cercano per un
abbraccio. Mi piace star con loro e giocarci insieme, poco importa se
fino a cinque minuti prima mi hanno fatto dannare e devo dirgli
grazie per quella parola detta mentre mi stringono forte che mi
imbarazza e mi fa gioire allo stesso tempo: papà. Ho imparato a
volergli bene così come sono, ad accettare mio malgrado che quei
comportamenti sono il frutto di quanto hanno vissuto sulla loro pelle
e che posso a malapena immaginare. Non posso condannarli per la
sfortuna di essere nati e cresciuti in un luogo sbagliato, non ne ho
il diritto e non sarebbe giusto, ma posso cercare di rispondere in parte alla loro fame di
attenzione e di affetto cercando di farli sentire importanti e che,
almeno per me, valgono anche quando non si comportano come vorrei:
magari non sarà molto ma è il primo passo che posso fare per
poterli aiutare.
Har baje
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