Ieri i ragazzi mi hanno fatto festa: è
una strana sensazione ricevere gli auguri per il giorno del papà
sopratutto quando non hai figli naturali, come nel mio caso. Mi è
difficile nascondere un po' di imbarazzo nel sentire queste parole e
nel ricevere degli abbracci sinceri e dei bigliettini fatti apposta
per me ma allo stesso tempo non posso non dirmi felice, non essere
soddisfatto di questa forma di riconoscenza e di affetto dei
fanciulli.
Ne ho ricevuto molti di biglietti, li
ho aperti quando ero solo perchè in cuor mio sapevo mi avrebbero
commosso: quasi tutti mi augurano di trascorrere nel miglior modo
possibile la giornata ma un paio mi hanno colpito più di tutti gli
altri... Mi ringraziano perchè lì amo così come sono e per sostenerli sempre: parole che dette da bambini di 10/12 anni mi
stupiscono in quanto non usano giri di parole e vanno direttamente a
segno con una semplicità disarmante. Nel leggerle mi strappano un
sorriso, mi ripagano di tutte le difficoltà che incontro durante la
giornata e mi fanno sentire bene perchè non è facile ogni giorno
avere a che fare con 64 giovani vite di età diverse che ne combinano
di tutti i colori.
Non è affatto semplice sapere cosa
fare quando qualcuno fa i capricci e nei suoi scatti di rabbia vuole
rompere tutto ciò che gli capita a tiro, fa male quando come l'altro
giorno una bambina mi ha risposto male dicendomi delle cose
irripetibili oppure mi sento impotente quando vedo che tutti i miei
sforzi fatti affinchè qualcuno mangi quello che ha nel piatto
risultano vani: spesso mi capita di pensare al mio papà, a quanto
gli è costato farmi crescere e a quanti bocconi amari gli ho fatto
ingerire anche se non era mia intenzione, gli stessi che ora questi
fanciulli a volte mi riservano. Penso al suo amore, molto più grande
degli ostacoli che ha trovato nel farmi crescere, e non posso fare
altro che ringraziarlo, consapevole che ora tocca a me fare
altrettanto.
So benissimo di non essere il padre
naturale di questi bambini ma li vedo crescere e cerco di
consigliarli perchè diventino delle persone buone; li rimprovero
quando c'è bisogno ma anche mi congratulo con loro quando lo
meritano; sono lì quando piangono, ridono o stanno male; li
abbraccio quando ne hanno bisogno ma mi piace anche essere un loro
compagno di giochi: ho imparato a conoscerli, a volergli bene,
accettandone pregi e difetti, e non conto le notti insonni passate a
pensare su come capirli ed aiutarli di più o preoccupandomi dei loro
stati d'animo. Mi capita di lasciare tutto quello che sto facendo se
noto che uno di loro sta male: è capitato anche ieri quando, in
mezzo alla festa, ho intravisto uno dei più piccoli per terra, con
l'aria arrabbiata e triste allo stesso tempo, ed ho preferito andare
da lui ad accertarmi cosa fosse successo anziché godermi il
divertimento di quei momenti. Era giusto farlo e non mi importa molto
delle critiche che qualcuno mi ha mosso per questo mio comportamento:
se quel fanciullo che non voleva mangiare e faceva i capricci fosse
stato figlio suo lo avrebbero ignorato oppure avrebbero fatto tutto
il possibile per indurlo a mandare giù qualcosa? Personalmente ho
scelto la seconda opzione perchè questi ragazzi li sento un po'
miei, non vederli star bene non mi lascia tranquillo e rappresentano
il motivo per cui cerco di migliorarmi ogni giorno, anche se a volte
riescono a farmi arrabbiare o non li capisco: in questo credo di
assomigliare a chi è papà per davvero.
Har baje
Nessun commento:
Posta un commento