venerdì 16 febbraio 2018

Quando la nostalgia arriva di notte

W. è un bambino di 6 anni, molto vivace e che spesso non ascolta quello che gli si dice e fa tutto di testa sua, a volte rompe tutto ciò che gli capita a tiro, non gli piace l'idea di andare a scuola, ci sono occasioni in cui non ne vuole sapere di farsi la doccia, urla a squarciagola e fa i capricci quando non può fare quello che vuole... Verrebbe da etichettarlo come uno dei casi più difficili che abbiamo quest'anno ma non ci riesco, forse perchè ho imparato che dietro a questi comportamenti ci sono problemi ben più grandi di quanto uno si possa immaginare.
Ci sono giorni in cui fa diventare matti tutti ma poi quando si avvicina e mi afferra, mi guarda con quelli occhietti che chiedono soltanto una carezza, un abbraccio non resisto e lo accontento: ha tanto bisogno di affetto, come molti dei fanciulli del centro. Una necessità talmente grande che a volte si trasforma in tristezza, in dolore che tormenta e non lascia facilmente la presa: è stato così sabato notte, proprio quando stavo rimpiazzando don Eliseo come guardia notturna. 
Entrando nel dormitorio maschile mi ritrovo W. con due occhioni gonfi in piedi sull'uscio della sua camera e mi accorgo che stava frignando: l'educatore mi spiega che stava così perchè gli mancava la mamma. Con dolcezza lo invito a coricarsi e gli prometto che sarei tornato presto da lui, non appena avessi concluso il mio primo giro di controllo per verificare che tutto fosse a posto. 
Quando ritorno nella sua stanza lo vedo rannicchiato nel letto ed ascolto il suo pianto incessante che sembra un continuo lamento: non riesco a stare indifferente, mi avvicino e mi siedo accanto a lui. Come d'istinto pone la testa sulle mie ginocchia mentre l'accarezzo per calmarlo ed ad un tratto comincia a prendere le mie mani ed a giocarci. A poco a poco il pianto l'abbandona e comincia a parlarmi, a chiedermi perchè fuori ci sono tanti fulmini che illuminano la notte. Lo vedo più tranquillo, così lo lascio per fare un altro giro di perlustrazione.
Quando torno mi sembra che stia dormendo ma è soltanto un'illusione: sentendo la mia presenza subito si mette a giocare coi peli delle mie braccia mentre gli accarezzo la nuca e lo invito a dormire, a chiudere quegli occhietti neri ed a contare le pecore. Afferra ancora una volta le mie mani, le usa come fossero un gioco e cerca ancora un mio abbraccio... Per tutto questo tempo non faccio altro che pensare su come sia possibile che un bambino così piccolo non possa stare con la propria madre, a quanti sia negata tale quest'opportunità ed in che mondo viviamo se si è privati dell'amore di un genitore, qualunque sia il motivo. Non posso che dirmi fortunato perchè cresciuto in una famiglia che mi ha sempre voluto bene e, davanti alla realtà che si è presentata quella notte, posso dire che è come se avessi vinto alla lotteria: non oso nemmeno pensare a dove sarei ora se non avessi ricevuto tutto l'amore che ho avuto finora.
Mentre W. sta cadendo nelle braccia di Morfeo non riesco darmi una valida ragione sul motivo per cui un bambino di 6 anni non abbia diritto a stare con la sua mamma, a ricevere il suo amore anche se so bene che una risposta non c'è. L'unica cosa che posso fare è dargli un poco di quell'affetto di cui ha bisogno, consapevole del fatto che non sarà mai come quello di un genitore, ma ben venga se può non farlo sentire solo e farlo dormire tranquillo per un altra notte, colmando per un po' quel vuoto che porta dentro.
Har baje

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