Ormai è diventata una consuetudine: ogni domenica o nei giorni di festa i ragazzi mi sfidano a scacchi, complice il fatto che in questa giornata posso dedicare più tempo a stare con loro.
Come gran parte delle cose belle mi è difficile dire il momento in cui è iniziato tutto questo ma ho ben presente il motivo: condividere un passatempo che potesse piacere ai fanciulli. Volevo giocare con loro perchè è una delle vie più facili per accedere al loro mondo, per iniziare a comprenderli e fargli capire che non si è lì solamente accudirli ma che sono una persona che ha a cuore i loro interessi e vuole farli suoi, vuole accompagnarli nella loro crescita e camminare insieme a loro: il problema era trovare il modo con cui poterlo fare. Il calcio lo avevo scartato da tempo per la loro irruenza, che poteva portare a fargli male senza volerlo, e per il fatto di portare gli occhiali anche se ero ben consapevole del fatto che fosse il canale preferenziale per avvicinarli, per instaurare un dialogo. Osservandoli a lungo ho notato che spesso giocavano con scacchiere e pedine talvolta improvvisate e da qui mi è venuta l'idea di comprarne una nuova e di iniziare a sfidare chi ne avesse avuto la voglia: per attirare l'attenzione e la curiosità dei miei piccoli amici non ne ho presa una “normale” bensì una versione rivisitata che vede i conquistadores scontrarsi con gli incas.
E' stato un successo fin dall'inizio: i ragazzi, sia i più piccoli che i più grandi, sia i maschietti che le bambine, si sono subito avvicinati e facevano a gara per giocare con me. Ci sono giorni in cui ho una fila di fanciulli pronti a sfidarmi che sembra non finire ed io cerco di accontentare tutti, trovando il tempo per ciascuno di loro. Ho perso il conto delle volte che comincio a giocare contro uno per poi finire di vedermela con quattro o cinque che fanno gioco di squadra, dialogando tra loro circa la mossa più opportuna da fare ed uniti da un unico obiettivo: cercare di vincermi! E sì perchè alla fine quello che più desiderano è battermi per poter vantarsi con i propri compagni di gioco e togliersi una bella soddisfazione.
Ammetto che non li faccio mai vincere apposta, il massimo che gli concedo è rifare una giocata che sarebbe stata dannosa per loro suggerendoli se davvero fossero sicuri di quanto fatto in modo da farli tornare sui propri passi, in quanto credo che non li aiuti a crescere: una sconfitta li può aiutare molto di più soprattutto se gli si mostra dove abbiano perso la gara. C'è più di qualcuno che mi ha stupito per la bravura in questo gioco e mi ha messo alla dura prova arrivando a prevalere o a farmi sudare le famose sette camicie per portare a casa la partita: qualunque sia stato l'esito non posso che essere felice poichè vedo in loro la soddisfazione di avermi messo in difficoltà dando il massimo e non ho mancato di congratularmi per il modo in cui hanno condotto l'incontro. Non mi vergogno a dire che ci sono dei casi in cui sono in svantaggio nel computo delle sfide giocate come con Manuel, uno dei più grandi, o con Sandra, una mia figlioccia, perchè semplicemente hanno usato tattiche che si sono rivelate vincenti e mi sono stati superiori.
Non manca poi chi si avvicina alla scacchiera per cercare di “studiare” le mie tattiche per poi usarle contro i suoi amici o addirittura col sottoscritto oppure chi semplicemente è incuriosito o vuole imparare a giocare per cui capita che la partita diventi una lezione pratica su come muovere le pedine oppure si trasformi in un'occasione in cui ognuno degli spettatori può dire la sua circa la mossa migliore da fare, poco importa se verrà ascoltato da chi sta giocando.
Una cosa è sicura: i ragazzi apprezzano molto l'avere una persona adulta in mezzo a loro che voglia giocarci assieme, se poi arrivano a potergli dire “scacco matto!” potranno toccare il cielo con un dito e questo sarà motivo per sorridere per un bel po'!
Har baje
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