Finalmente, dopo una decina
di giorni di pioggia e di un freddo insolito per quest’epoca, è tornato il
sole! Confesso che il maltempo mi è stato utile per sistemare alcune cose
che avevo accantonato per mancanza di tempo: costretto a stare dentro casa sono
riuscito finalmente a controllare e selezionare i film per i ragazzi, tradurre
gli appunti sugli esercizi di fisioterapia che Francesco e Silvia mi hanno
lasciato, sistemare un computer e fare qualche lavoretto che era quasi finito
nel dimenticatoio. Ho avuto anche modo di poter approfondire alcuni aspetti
della cultura boliviana di cui avevo sentito parlare anche grazie ai ragazzi,
in special modo la storia del bibosi nel motacù.
Ad onor del vero Luis, il
marito di Liliana, una volta me l’aveva accennata e ne ero rimasto così
affascinato da promettermi di conoscerla meglio ma tra una cosa e l’altra non c’ero
mai riuscito: devo ringraziare questi giorni di brutto tempo che mi hanno
permesso di farlo, non tutto il male vien per nuocere!
Prima di raccontarla è
obbligatoria una premessa: il motacù è una particolare specie di palma, dalle
grandi foglie che vengono anche utilizzate per fare i tetti, mentre il bibosi è
una specie di ficus benjamin, che qui raggiungono dimensioni notevoli. Non di
rado nei giardini e per le strade capita di vedere il secondo attorcigliarsi,
avvinghiarsi intorno al tronco del primo dando vita ad una sorte di simbiosi
che porterà alla morte della palma e che ha acceso la fantasia della
popolazione locale.
La tradizione del posto
narra che molto tempo fa nella campagna viveva un giovane forte e robusto che
si innamorò di una coetanea, conosciuta in una delle tante feste che si fanno
al termine della mietitura. Sebbene l’amore fosse corrisposto i genitori della
ragazza non vedevano di buon occhio il giovane e non accettavano la relazione
dei due, arrivando a negare il permesso affinchè i due potessero vedersi.
Ai due innamorati non restò
altra scelta che incontrarsi di nascosto e non perdevano occasione per farlo
finchè un giorno i genitori di lei le comunicarono che avevano finalmente
incontrato il suo futuro sposo, un giovanotto che rispondeva a tutti i loro
requisiti, e che il matrimonio era fissato per l’indomani. La ragazza,
consapevole che non poteva sfuggire a tale destino, si incontrò la notte stessa con il suo amato: non c’era altra alternativa che dirsi addio per sempre. Il
giovane la prese tra le sue robuste braccia ed il loro abbraccio fu talmente
forte che entrambi morirono nel farlo. Nel luogo dove si incontrarono per l’ultima
volta comparve il primo bibosi nel motacù, a testimonianza del loro amore.
Una storia suggestiva anche
se finisce tragicamente: per alcuni versi un po’ mi ricorda quella di Romeo e
Giulietta e mi fa pensare che nonostante migliaia di chilometri di distanza e
lingua, colore della pelle, cultura diverse l’uomo è sempre lo stesso, capace
di creare dei racconti per spiegare fin dove può arrivare l’amore.
Har baje
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