Ci sono occasioni in cui il tempo dice tutto, altre in cui
non significa nulla: in questo caso mi racconta di come ancora una volta ho
vinto la mia sfida, ho raggiunto il mio traguardo, ho combattuto contro i miei
limiti e ne sono uscito vincitore… E’ questo che si porta dietro il concludere una
maratona, una distanza di 42 chilometri e 195 metri che mi affascina ed a cui
non riesco proprio a farne a meno: stavolta poi ho potuto percorrerla in un
contesto speciale, quello di Santa Cruz!
Ammetto che non è stato il mio tempo migliore, anzi era da
molto che non andavo sopra le 4 ore ma è il modo con cui l’ho ottenuto che mi
ha entusiasmato: tenendo conto che la gara si sarebbe disputata con una
temperatura media oltre i 25 gradi, dovevo sapermi amministrare e soprattutto cercare
di realizzare la strategia che avevo in mente… E così è stato: nelle prime due
ore ho percorso più chilometri che potevo ad una velocità accettabile che mi
permetteva anche di riservare un po’ di energie in vista di quanto mi aspettava
in seguito, poi mi son limitato a gestirmi con il caldo che si faceva sentire,
le strade fatte con una specie di piastrella in cemento, che sollecitava le ginocchia, e la fatica. Prima
della partenza avevo pronosticato un tempo tra le 4 ore e mezzo e le 5: ho fatto
meglio, cosa posso chiedere di più?
Tutto è cominciato a fine maggio, quando in internet vedo un
annuncio in cui si parlava che a luglio ci sarebbe stata una conferenza stampa
per lanciare la maratona della città: ho avuto un sussulto, la cosa mi ha
subito allettato e mi chiedevo se effettivamente avessi qualche
possibilità di correrla… Avevo qualche riserva perché negli ultimi mesi avevo
lasciato un po’ da parte questa mia passione, anche se qualche corsetta per tenermi
in forma la facevo ma peccavo di continuità: beh, mi son detto, cominciamo a
fare un po’ di preparazione e fra un mese e mezzo vediamo… Comincio a macinare
chilometri e, per non trascurare i ragazzi ed i miei impegni, lo faccio
svegliandomi presto perché altrimenti poi non avrei avuto molto spazio a
disposizione nel corso della giornata. Arrivo a fare anche qualche seduta
serale, fatta di esercizi di stretching, vincendo anche la stanchezza per
quanto avevo fatto durante il giorno e vedo che i primi risultati arrivano:
comincio ad andare più forte ed i tempi iniziano a ridursi. Tento così un
lungo, cioè una distanza superiore ai 21 chilometri, che qui è un’impresa perché
nei paraggi dell’hogar o si va per la sabbia oppure si corre in direzione della
città lungo l’unica strada possibile, che è anche la più trafficata ed è
costellata di buche… Nel farlo ho rimpianto i percorsi di allenamento che
facevo in Italia ma non mi sono dato per vinto, così come quando uscivo sotto
la pioggia o affrontando i venti forti che caratterizzano questo periodo dell’anno:
le risposte che arrivano sono positive così decido di tentare, mi iscrivo!
I ragazzi pian piano si sono incuriositi da quanto stavo
facendo e cominciavano a chiedermi il motivo di tutto questo: non comprendevano
il fatto che uno facesse dei sacrifici per una semplice passione, spettava a me
spiegargli con calma e pazienza che quando ad uno piace una cosa non c’è niente che gli
possa impedire di farla. Mi cominciano a chiedere se avevo fatto qualche gara
prima e, alla mia risposta affermativa, subito vogliono sapere se avevo vinto
ed in che posizione mi ero classificato… Qui è stato difficile fargli capire
che per un podista non è importante sapere davanti a quante persone è arrivato,
forse quello serve per aumentare l’autostima, ma conta l’avere tagliato il
traguardo perché ce l’hai fatta, sei uscito vincitore in una gara contro te
stesso e non hai mollato nemmeno nei momenti più difficili della competizione:
messaggio che non è mica semplice da trasmettere ma non mi smetto mai di
ripeterglielo perché questo non vale solo per una corsa, va esteso a tutti i
campi della vita!
L’ultima settimana ho dovuto seguire una dieta particolare
in vista dell’evento ed ho rinunciato a mangiare coi fanciulli: mi sembrava
strano non essere con loro all’ora di pranzo e credo che anche loro abbiano
provato la stessa sensazione. Le loro domande sulla mia passione per la corsa
aumentavano e gli ultimi giorni mi caricavano perché dicevano che vorrebbero
venire a vedermi, avrebbero fatto il tifo per me… Il massimo è stata la sera
della vigilia della manifestazione: due bambine mi si avvicinano e mi chiedono
qual’è il numero del mio pettorale. “E’ il numero 10”, gli faccio, “perché?”. “Perché
così sappiamo su chi puntare domani, su chi potremo tifare”. Mi sono
commosso e non soltanto perché avevo mille dubbi per la testa sulla mia
condizione atletica, sul fatto che non mi fossi allenato a dovere visto che la
mia priorità era aiutare 65 ragazzi bisognosi e per loro non mi risparmiavo di
certo, sulla mia tenuta del caldo ed avevo la paura di non farcela, di non
finire per la prima volta una maratona…. Dopo quelle parole mi son detto che no,
non sarebbe stata questa la volta in cui mi sarei ritirato perché non volevo
deludere i miei piccoli tifosi.
Dalle 5 di mattina di domenica, ora in cui hanno dato il via
alla gara, il mio pensiero era di concluderla, non ci sarebbe stato niente che
me lo avrebbe impedito e non importava se ci avessi messo più di quanto
preventivato: ad ogni passo il mio pensiero era per i miei ragazzi che mi
avevano visto allenarmi per mesi, si erano appassionati a quanto stavo facendo ed erano sicuri di un mio risultato positivo… Non potevo deluderli! Nei momenti
più difficili il solo pensiero di dovergli dire che non ce l’avevo fatta era di
sprono per continuare ed alla fine ho tagliato il traguardo: quando mi hanno dato la medaglia
che spetta solamente a chi percorre tutti i 42 chilometri ho pensato ai loro
volti, ai loro sorrisi. Quando sono arrivato a casa mi hanno circondato
sorridenti, abbracciato e fatto un sacco di domande, tra cui quella se avevo
vinto: sì, dico tra me, e la medaglia più bella siete voi perché siete stati
miei compagni di viaggio in questa mia piccola avventura, nata dalla mia “folle”
passione per la corsa.
Har baje
Non mollare mai neanche nel momenti più difficili! Bravo marco!
RispondiEliminaAntonella, san Nicolò, mira