martedì 4 marzo 2014

Fallimento

Ci sono momenti in cui ci si imbatte in qualcosa che, nonostante tutti gli sforzi compiuti, non si riesce a superare e bisogna gettare la spugna, che piaccia o meno: a me è capitato di recente con Yan Carlos, un bambino di 10 anni arrivato a novembre.
Il fanciullo arriva da una famiglia disfunzionale, con i genitori separati (il padre non si sa nemmeno dove si trovi), e viveva insieme ad altri 5 fratelli più piccoli con la mamma ed il patrigno: questi ultimi non si prendevano cura dei figli, non mandandoli neppure a scuola, sono dediti all'uso di alcol e non hanno un lavoro stabile. Per alcuni mesi ha vissuto per la strada, che gli ha fatto da scuola, ed a casa doveva accudire i fratellini, con la madre che la colpevolizzava di ogni cosa. Il motivo per cui è stato portato in hogar è per tentato furto in quanto è stato sorpreso che stava aiutando il patrigno a rubare in una casa.
Già nei primi giorni si sono registrati alcuni grattacapi: era poco propenso alle regole della casa, non ascoltava quanto gli si diceva e voleva creare nella struttura una pandilla, cioè una banda giovanile dedita alla microcriminalità che rappresenta una delle problematiche più grandi di Santa Cruz. Al mio ritorno in gennaio le cose erano peggiorate: non c'era ragazzo che non avesse litigato o si fosse picchiato con lui, diceva molte bugie, gli educatori si lamentavano del suo comportamento e l'unico modo per farsi ascoltare era gridargli o castigarlo. Sentendo che tutti ne parlavano male, mi dispiaceva molto per Yan Carlos: era stato etichettato come un poco di buono, un litigioso senza tener conto della sua storia, che implica una maggiore attenzione e pazienza nei suoi riguardi.
Io stesso più di una volta mi sono ritrovato a che fare con la sua insolenza, a volte ho dovuto alzare la voce per farmi ascoltare, altre volte con pazienza ho cercato di fargli capire le cose: tutte con risultati alterni. Ho notato però che da quando gli ho gridato e l'ho portato via con me perchè voleva picchiare un altro bambino con delle pietre, il suo atteggiamento almeno nei miei confronti è cambiato: mi cercava per ogni cosa, veniva a salutarmi alla fine della preghiera serale e mi ascoltava. 
Vivendo con lui, mi sono accorto che nella sua testa c'è una gran confusione e che, avendo vissuto senza regole, ora fargli capire che ci sono delle cose che vanno rispettate ci voleva pazienza, bisognava trovare il modo in cui fargli comprendere cosa è giusto e cosa è sbagliato: una cosa non semplice, visto che ricadeva sempre negli stessi errori e a volte si richiudeva in sé stesso. Vedevo che gli mancava affetto e soprattutto notavo come stesse male per il fatto che a scuola dovesse frequentare la prima dove tutti erano molto più piccoli di lui, per il fatto che non sapeva né leggere né scrivere.
Negli ultimi giorni Yan Carlos iniziò a comportarsi sempre peggio: prendeva in giro gli educatori ed i professori, picchiava indifferentemente bambini e bambine, rifiutava di fare ciò che gli si diceva e cominciò a saltare le lezioni. Non dava più retta a nessuno, nemmeno a me, e a questo punto è stato chiesto ed ottenuto che fosse trasferito di hogar: ciò rappresenta un fallimento per la struttura e soprattutto per me perchè non siamo riusciti ad aiutarlo, forse perchè non lo abbiamo compreso o perchè semplicemente non eravamo in grado di farlo. Mi sono reso conto che non si è in grado di aiutare tutti ma che, nonostante tutto, da ogni cosa si può imparare qualcosa: con Yan Carlos ho capito che amare non significa soltanto voler bene a chi ci aggrada o che si avvicina al nostro modo di vedere, anzi! Amare significa soprattutto avvicinarsi, affezionarsi a chi è lontano dai nostri stereotipi, è diverso da come siamo e che è difficile da apprezzare, prendendosene cura: è una cosa difficile, personalmente cerco di farlo ogni giorno con i bambini che mi sono affidati ed ammetto che è faticoso! Però son convinto che questo sia l'unico modo con cui si possa cambiare il mondo ed ho voglia di provarci ogni giorno, indipendentemente dal risultato!
Har baje

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1 commento:

  1. coraggio Marco! tu non hai figli tuoi, ma noi che siamo genitori sappiamo che non sempre le cose vanno come avremmo voluto noi con i nostri ragazzi...tante volte ci sentiamo sconfitti, ma il nostro compito è di accogliere e accopagnare lasciando la libertà anche di sbagliare: a volte fa molto male! il Signore ti sia di conforto e ti benedica! ieri abbiamo iniziato la quaresima con un ricordo speciale ai mostri missionari. saluti da Mira-Ve, Antonella

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