Più di una volta ho sentito dire che
il Signore, per metterci alla prova, ci pone degli ostacoli da
affrontare lungo il nostro cammino e che spesso ce li troviamo di
fronte quando meno ce l'aspettiamo: credo che uno degli ultimi
arrivati ne rappresenta un valido esempio.
La scorsa settimana, dopo cena, è
arrivato Jaime, di quasi 10 anni e nel cui fascicolo si legge che il
motivo del suo ingresso è per abbandono: quando l'ho portato in
cucina a mangiare qualcosa, mi ero accorto da come parlava che in lui
c'era qualcosa di diverso ma non ci ho dato molto peso. Il giorno
dopo, guardando meglio le carte che lo riguardavano, scopro con
Liliana che soffre di ritardo mentale: la cosa un po' spaventava, già
si fatica con ragazzi “normali” che hanno svariati problemi, come
pensare di prendersi cura di un bambino con le sue caratteristiche? E
qui ho avuto la sensazione che Dio ha voluto pormi una sfida, quella
di affrontare un mio grosso limite: confesso che stare accanto a chi
presenta patologie di disabilità mentale mi mette molto a disagio,
mi sento inadeguato nello stargli vicino e non so come comportarmi,
nel timore che un normale gesto di amicizia o qualsiasi altro
atteggiamento quotidiano possa essere frainteso, non possa essere
compreso da loro. Possono sembrare delle paranoie ma posso assicurare
che quando mi trovo a che fare con queste persone il più delle volte
mi blocco: la voglia di scappare, di allontanarmene è tanta e spesso
ha la meglio.
Già nei primissimi giorni Jaime si è
subito attaccato a me, vuole starmi sempre accanto ed io cerco di
stargli vicino quando è possibile e spiegandogli che spesso non
posso stare in suo compagnia perchè ho varie cose da sbrigare ed
anche lui ha i suoi doveri da assolvere. Non è cattivo anzi è buono
come il pane anche quando gli altri lo prendono in giro, a volte
capita che non vuole andare in camera o al salone di studio, non
capisce al volo le cose o non presta la giusta attenzione ma ho
capito che parlandogli con pazienza e con tranquillità, ripetendogli
la cosa in vari modi, alla fine ci arriva. Una cosa che mi piace di
lui è il suo sorriso, che letteralmente mi conquista, e mi
impressiona il fatto che mi viene sempre a cercare e corre da me
appena mi vede, forse perchè con me si sente al sicuro e sa che in
qualche modo lo riesco a capire. E' una bella sfida, ringrazio
veramente il Signore perchè mi dà la possibilità di affrontare e
forse superare uno dei miei limiti! Ma oltre ad esserla per me, è
per tutti i ragazzi dell'hogar: per molti di loro è la prima volta
che si trovano a che fare con un bambino con ritardo mentale,
all'inizio dicevano che era un “tonto”, che in italiano significa
stupido, perchè non capiva e doveva essere strattonato o convinto
con le cattive a fare le cose perchè non comprendeva subito che
doveva compierle. Parlando a ciascuno di loro gli ho detto che Jaime
è speciale, non è uguale a loro e per questo non va offeso o
picchiato perchè intende le cose in una maniera tutta sua e, se non
le capisce come noi vorremmo, dobbiamo aiutarlo a fargliele
comprendere, spiegandogli bene e con pazienza: questo perchè è un
nostro fratello e, trovandosi in difficoltà, è un nostro dovere
aiutarlo senza esprimere giudizi e volendogli bene così com'è.
Parole, soprattutto le ultime, che dovrò sempre far mie ogni giorno
non soltanto per Jaime ma per chiunque incontrerò ogni giorno.
Har baje
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