mercoledì 19 giugno 2024

Mi sto rammollendo?

Dopo tanto tempo mi ritrovo a far gli auguri di compleanno ai festeggiati prima del pranzo: mi mancava questo momento che a volte è magico per le emozioni che suscitano a me ed ai ragazzi mentre in altre mette un poco di tristezza, visto che si tratta di una data in cui la distanza dalla famiglia si fa più sentire.
Di solito seguo una scaletta che è quasi sempre la stessa: davanti a tutti chiedo se si ricordano chi compie gli anni, chiamo il festeggiato vicino a me in modo che venga visto dai suoi compagni, facendo accompagnare ogni suo passo da un applauso, e, prima di iniziare a cantargli il buon compleanno, gli consegno un sacchettino con delle caramelle e un pensierino, che va da un gioco a prodotti per l’igiene personale a seconda dell’età, sussurrandogli qualcosa all’orecchio per l’occasione. Voglio farli sentire importanti ed amati per come sono ed i risultati che ottengo sono spesso contrastanti poichè molti non sanno nemmeno cosa significhi festeggiare gli anni o ignoravano di essere nati proprio in quella data: nonostante tutto non mi arrendo, testardo come sono, e di mattina presto o poco prima del pranzo parto alla ricerca del festeggiato o della festeggiata di turno per augurare ogni bene ed in caso dare un abbraccio, cose che sono molto apprezzate.
Ci sono volte però in cui ci rimango male per qualcosa di inaspettato: mi è capitato giusto ad inizio di questo mese e la protagonista dell'accaduto è una delle bambine che da tempo sta nell’hogar. Su di lei potrei scriverci un libro, di come non ne voleva proprio sapere di parlarmi da quando è arrivata fino a qualche anno fa mentre ora mi racconta di tutto e di più, e nessuno viene mai a visitarla, a parte il fratello che sta in un altro centro. Era una domenica e dovevamo andare in una cappella vicina, appena la vedo gli auguro un buon compleanno e nel suo volto esplode un sorriso come per dire “qualcuno oggi si è ricordato di me!” e mi abbraccia.
Arriva mezzogiorno e si va a mangiare, prima però la chiamo in modo che tutti le possono fare gli auguri ma ecco arrivare il patatrac: rimane ferma al suo posto nella fila, l'unico movimento che fa è quello di appoggiare il volto alla parete. Qualcuno vorrebbe iniziare a cantarle buon compleanno ma evito di farlo, non è il momento opportuno. Faccio entrare tutti al refettorio ma lei rimane lì, immobile e all’improvviso scoppia in un pianto che mi strazia il cuore, quasi scende qualche lacrima sul viso pure a me. Un’educatrice le si avvicina e lei la abbraccia forte, cominciando a gridare per un dolore che non può che provenire dal profondo del suo cuore: è una scena che rattrista, mi lascia totalmente disorientato. Per fortuna c’è chi prende l’iniziativa e la porta fuori a prendere un po’ di aria ed aiutarla a calmarsi.
Non riesco a non pensare a quanto successo, chiedo lumi alle due educatrici che mi riassumono quanto detto loro dalla fanciulla: le sono venuti in mente i momenti in cui, nel vecchio centro dove stava, la prendevano in giro giusto il giorno del suo compleanno e di come non le hanno mai voluto bene. Vorrei parlarle direttamente ma noto come non sia ancora uscita da quella situazione di disagio in cui era piombata, devo soltanto aspettare. Posso solo chiedere a qualcuna del personale di riferirle che l’avrei aspettata in cappella quando se la sarebbe sentita: altro non potevo fare, la scena a cui avevo assistito poco fa mi aveva talmente rattristato che volevo mettere una pezza, mi sentivo in parte colpevole di quanto avvenuto.
Dopo una decina di minuti, mentre ero assorto in preghiera ecco che arriva: la faccio sedere nella stessa panca in cui mi trovavo, a un paio di metri da me. Senza guardarla le confesso che, come tutti, ci son rimasto male per l’accaduto e gli ho chiesto se erano vere le parole che avevo sentito. Lei conferma, le rispondo che non può, non deve permettere al passato di influenzare il suo presente in maniera così pesante, anche se questo potrebbe risultare difficile. Qui tutti le vogliono bene e c'è una persona in particolare
che non la abbandonerà mai e proprio in quel momento da lassù sta facendo una gran bella festa per lei: è il Signore e lei dovrebbe saperlo bene, visto che fa la chierichetta. Le spiego che purtroppo, per alcune regole interne, non potrà ricevere il suo regalo ma deve concedermi solo una cosa: pregare insieme per lei, per un anno in più di vita. Se accetta è tutto di guadagnato, in caso contrario non succederà nulla, andrà a vedere la televisione mentre io manterrò fede a quest’impegno, che lo voglia o meno. Le consegno un piccolo rosario, chiedendole solamente di custodirlo e di farne tesoro assieme ai consigli dati qualche istante prima. Decide di fermarsi a pregare con me ed al termine la ringrazio. Le dico che può andare, ora la vedo più tranquilla rispetto a prima e questo mi basta. Sento la porta chiudersi dietro di me e rimango da solo, davanti al crocifisso: mi viene da ridere perchè per un attimo penso che con gli anni forse mi sto rammollendo ma in cuor mio so che non è vero, sto solo diventando più umano, facendo miei problemi e situazioni che non mi appartengono e di questo posso solo ringraziare questi miei piccoli amici che mi stanno attorno e mi insegnano tanto.
Har baje

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