Ogni promessa è debito e quindi in questa occasione parlerò di uno
dei più grossi grattacapi dell’ultimo anno: i tetti! La struttura
ormai presenta i segni del tempo e, oltre alle tegole che
periodicamente sono da sistemare a causa del forte vento, anche i
soffitti in vari punti hanno cominciato a presentare crepe e
purtroppo è caduto qualche pezzo di intonaco, fortunatamente sempre
durante le ore notturne.
Il caso più
emblematico è stato il salone, a forma rotonda, chiamato Fatima, un
tempo adibito allo studio per i ragazzi e poi a magazzino: una
mattina di gennaio 2023, su segnalazione della guardia notturna, ho
fatto una perlustrazione con il tuttofare in quanto il soffitto che
copriva il corridoio esterno aveva ceduto in alcune parti e si
vedevano le travi in legno non in perfette condizioni. Dopo aver
ripulito l’area dai calcinacci ho chiesto di provvedere a tappare i
buchi che si erano formati con del cartongesso e dello stucco: si trattava una soluzione temporanea, fatta per prendere tempo visto che dovevo
dare la priorità ad altri progetti.
A poche ore da
questa decisione la doccia gelata: arriva il factotum dicendomi che
non è possibile realizzare quanto voluto, il legno risulta marcio in
più settori e non avrebbe retto né il peso del pannello di
cartongesso né l’inserimento delle viti. Subito sono andato a
controllare, non ci potevo credere ma purtroppo questa era la triste
realtà: era evidente che l’intervento doveva essere più
consistente e per curiosità decido di dare un’occhiata anche
all’interno della struttura. Appena apro la porta ecco che un senso
di impotenza ed angoscia mi assale: la copertura presenta più di una crepa e si può notare come un grosso blocco sia sul punto di
cadere! Che fare? Al momento nulla, l’unica soluzione è non far entrare nessuno in quella stanza (che ci servirebbe molto) e mettere
in sicurezza la parte esterna che era crollata, visto che per sistemare la cosa sicuramente era necessaria una somma consistente, che non
avevamo a disposizione, ed intervenire ora significava rinviare a data da destinarsi altri progetti che erano fondamentali.
Passano i mesi ma
quella spada di Damocle non solo continua a pendere sulle nostre
teste ma si aggrava perché si moltiplicano i punti dove i tetti
presentano problemi: abbiamo provveduto a tappare i buchi con
materiali impermeabilizzanti ma quando scopro che nel forno e nella
casetta dove vivono le ragazze più grandi i cedimenti si fanno sempre più evidenti comincio seriamente a preoccuparmi, mi sento davvero
impotente perché so che la soluzione è solo una e sicuramente sarà costosa. A peggiorare le cose ci si mette pure la defensoria del
niño, che da un controllo dice di cambiare l’aula
dei bambini più piccoli perché troppo
vicina al laghetto ed all’area verde presente nella nostra
proprietà: non possiamo ribattere e siamo costretti a trovare un
nuovo spazio che, ironia della sorte, non può che essere il famoso
salone Fatima. Siamo nei primi giorni di
maggio e tra un mese avevo il volo per l’Italia: con il pressing
dell’autorità pubblica non ci resta che metterci in moto.
Per fortuna avevo un
bel fondo di riserva grazie alle donazioni che la Provvidenza ha
fatto generosamente arrivare dall’Italia e con Liliana ho
concordato il da farsi: il tuttofare si sarebbe occupato della
ristrutturazione ed avrebbe cercato tra le sue conoscenze degli
aiutanti in quanto era impensabile che avrebbe fatto tutto da solo mentre io mi sarei occupato in prima persona
dell’acquisto di quanto necessario e di tutto quello che
normalmente sarebbe di sua competenza nel centro. Non sarebbe stato
semplice in quanto ero consapevole che per un bel periodo mi sarei
fatto in quattro, coprendo praticamente due ruoli e soprattutto
dovevo stare ben attento ai costi, visto che il budget a mia
disposizione era limitato e metterci mano significava mettere a
repentaglio futuri progetti, soprattutto quelli relativi al 2024:
bisognava essere realisti, avevo le spalle al muro e questa era
l’unica scelta che andava fatta.
Dopo
aver svuotato il salone si comincia con il buttare giù il soffitto:
non è stato difficile visto il
suo stato ma vedere tutto quell’insieme di travi formare come una
grossa ragnatela mi ha fatto davvero impressione. La mia speranza era
di salvarne il più possibile per poterle poi riutilizzare durante
la ristrutturazione ma era già evidente di
quanto questa fosse soltanto
un’utopia: ce n’erano troppe marcite o con crepe, illudersi
sarebbe stato inutile. Quando si scoperchia
il tetto arriva la batosta: nemmeno nelle
ipotesi più pessimistiche si era ipotizzato di dover cambiare quasi la
totalità delle travi principali! Quasi mi è venuto un colpo, sapevo
che non sarebbe stata una passeggiata ma mai mi sarei immaginato una situazione del genere! Non mi resta che mettere il cuore in pace
e cercare una falegnameria che mi dia quanto ho bisogno e non mi
chieda un patrimonio: col tuttofare prendo la camionetta e, dopo
circa un’ora, ne troviamo una che, sentendo che siamo un hogar, ci
fa uno sconto e addirittura non ci addebita il trasporto… Che dire,
una bellissima notizia!
So che per il factotum e suo cognato, scelto da lui per la sua affidabilità, è
un lavoraccio, per l’altro ragazzo forse tutto risulta più leggero
in quanto deve solo trattare il legno comprato e recuperato con un
veleno contro le termiti e con dell’olio usato. Tutto sembra
procedere per il meglio quando ci si accorge che abbiamo bisogno di
più travi: esaminando scrupolosamente quelle che avremmo riciclato più di qualcuna non
va bene e ci si è sbagliati con qualche conto… capita! Non mi
resta che contattare la falegnameria ma stavolta purtroppo è andata male perché il trasporto bisogna pagarlo.
I lavori proseguono
ed i costi aumentano, ci si mette pure la sega circolare che ci
abbandona proprio sul più bello: si sa, aveva parecchi anni di
servizio alle spalle ma avevo sperato che potesse funzionare ancora
per qualche mese. Non mi resta che andare in città ad acquistarne
una nuova, non avevamo a disposizione nemmeno il tempo per provare a
farla riparare, e questo non faceva altro che alimentare le mie
insofferenze, visto che i problemi non smettevano di moltiplicarsi
così come i costi mentre l’avanzamento dei lavori andava a rilento e la data del mio viaggio in Italia si avvicinava. Ero
preoccupato ed allo stesso tempo stressato da una situazione in cui
mi sembrava di essere in balia degli eventi, ero consapevole che
stando così le cose non sarei stato in grado di far fronte alle
richieste del centro per il 2024: non ero proprio ottimista ma
nonostante questo mi son trovato a consolare il tuttofare, che a
volte era vittima di un senso di colpa infondato perché aveva
lasciato a me tutto quello che dovrebbe fare lui. Gli ho sempre detto
di non sentirsi così, avevamo deciso insieme questa cosa e,
nonostante la fatica, non gli avrei mai rinfacciato niente: anzi ero
io a chiedergli scusa perché quello che stava facendo era molto più
faticoso e spesso, quando uscivo, ritornavo con qualcosa da mangiare
e da bere per lui ed i suoi aiutanti.
Uno dei momenti più
belli è stata quando si è posta l’ultima trave e poi la posa del
primo pezzo di tetto: è stata una vera e propria liberazione, dopo
tante prove finalmente si poteva intravedere la fine dei lavori!
Purtroppo però il destino ha voluto che seguissi poi il tutto
dall’Italia: vedere il tetto ultimato e poi il soffitto è stata
un’emozione grandissima! Ce l’avevamo fatta, al mio ritorno c’era
anche da fare qualche piccolo ritocco ma ormai il più era fatto!
Rimaneva però il cruccio di essere rimasti coi fondi quasi a secco: più di un
brivido mi ha attraversato la schiena perché consapevole di cosa questo potesse significare. Ero stato fortunato per essere riuscito a coprire i
costi di una manutenzione straordinaria ma ora non sapevo più che
pesci pigliare: non potevo di certo chiedere uno sforzo in più ai tanti benefattori che
sempre mi aiutano però avevo ancora una freccia a
disposizione al mio arco, dovevo solo usarla al meglio. Dovevo incontrare
il Patriarca di Venezia, era l’occasione per salutarlo e parlargli
dei ragazzi e, mentre il colloquio andava verso la fine, una voce mi
dice di tentare visto che non avevo nulla da perdere e tutto da
guadagnare, dovevo farlo per questi fanciulli. Ho preso coraggio ed
ho chiesto se era possibile un aiuto, spiegandogli bene la
situazione: con mia sorpresa e felicità, il Patriarca Francesco me
l’ha concesso. Ero al settimo cielo, non ci potevo davvero credere:
quella somma così generosamente data mi permetteva di coprire tutte
le spese e c’era la possibilità di riparare un altro tetto!
Tornato a Santa Cruz
ho il tempo di apportare gli ultimi ritocchi al salone Fatima e a
premiare con un bonus i lavoratori per quanto fatto, ringraziandoli
per gli sforzi profusi. Mi è rimasta una bella somma che dovrebbe
permettermi di sistemare la copertura di un altro edificio ma devo
rimandare per motivi familiari. Sarà a fine novembre che con Liliana
decido di investire quanto mi resta della donazione del Patriarca
sulla casetta delle ragazze più grandi: sul tetto si era aperta una
fessura e scoperchiandolo avevamo trovato molte travi in cattivo
stato. A differenza dell’intervento sul salone Fatima si cambiano
i materiali: non comprerò più legno ma assi in ferro, molto più
durevoli e permettono tempi di lavoro più ristretti. Sono stato felice
di questa decisione: in poco meno di una settimana tutto era concluso
e la casetta poteva nuovamente essere utilizzata!
Il tempo per tirare
il fiato purtroppo non è ancora arrivato: c’è da mettere mano a
più di qualche copertura e proprio questa settimana ho cominciato
con quella del forno, che stava cedendo in più parti, e ringrazio il
Gruppo Missionario di Jesolo che ha reso possibile quest’intervento.
Sarà poi la Provvidenza grazie al Sand Nativity di Jesolo a
consigliarmi come e dove continuare: ora mi sento più sereno
rispetto a maggio dell’anno scorso perché mi sento accompagnato,
sono più sollevato perché ancora una volta non sono solo ma sono
davvero tanti che hanno fatto proprie le mie preoccupazioni e
soprattutto l’amore per questi piccoli che mi sono stati affidati.
A tutti loro voglio soltanto dire grazie!
Har baje
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