E' domenica, nonostante siamo a metà pomeriggio mi rendo conto di quanto abbia già ricevuto molto quando ecco, inaspettato, succede qualcosa capace di regalare una nuova chiave di lettura della giornata.
Stavo ultimando delle faccende quando vengono a me due ragazze con una che mi dice che dall'occhio dell'altra ha cominciato a salire del pus. Non mi allarmo, già in mattinata avevo parlato col dottore (eh sì, ora abbiamo un medico fisso tra il personale!) e mi aveva spiegato che si trattava di un foruncolo che stava crescendo proprio in prossimità delle palpebre, suggerendomi che medicinali dare affinché non arrecasse troppo fastidio. Bisognava aspettare che maturasse prima di intervenire direttamente e non mi aspettavo lo facesse così presto, la mia speranza era che lo facesse l'indomani in presenza del nostro responsabile dell'area salute.
Il destino ha voluto il contrario ma non mi sono fatto prendere dal panico, pensando soprattutto a non spaventare la mia piccola amica. Mi faccio accompagnare in infermeria dalle due e per prima cosa mi lavo le mani per poi verificare le condizioni dell'occhio, effettivamente c'è una piccola fuoriuscita di pus. Non faccio tempo nemmeno a pensare su come intervenire che la giovane inizia a piangere, spaventata da cosa le stia succedendo: provo compassione, non l'avevo mai vista così... Eppure è qui da ormai 6 anni, l'ho vista crescere da piccolina fino a diventare quella che è oggi, una studentessa al primo anno del ciclo secondario. Singhiozza a dirotto, la lascio in compagnia della sua amica mentre chiamo il dottore, spiegandogli per filo e per segno quanto successo e lo ringrazio per la soluzione suggeritami, consapevole che più tardi sarebbe arrivato a vedere come sta la giovane paziente.
Terminata la chiamata per prima cosa cerco di tranquillizzarla, di metterla a suo agio perchè altrimenti non sarei riuscito a pulirle l'occhio. Al principio è un po' restia ma all'offerta di un bicchiere d'acqua comincia a calmarsi. La faccio stendere sul lettino e chiamo la sua amica per farle compagnia, metto un po' di musica per stemperare la tensione. Comincio a ripulire la parte dove si trova il foruncolo e cerco di farlo con la massima delicatezza possibile, chiedendole più volte se le stavo facendo male. E' serena, si affida alle mie cure e in quel momento mi passano mille pensieri per la testa: mi viene in mente il motivo per cui si trova qui, i suoi alti e bassi, la voglia di stare con la sua famiglia, la passione che mette quando una cosa le piace. E' sempre ad un passo dal ricongiungimento familiare ma per qualche ragione all'ultimo non si concretizza: ormai pare rassegnata, quasi non ci crede più ma sarei felice per lei che finalmente possa ritornare a vivere con la mamma.
La osservo mentre cerco di disinfettare l'occhio, penso che tutta la paura che aveva sia soltanto un lontano ricordo, non è mai facile stare male e trovarsi da soli ed affidarsi a qualcuno che non è della tua famiglia, figurarsi alla sua età. Si è sentita fragile, insicura e non ha avuto timore di mostrarsi così, forse è più semplice quando si hanno i suoi anni rispetto ai miei ma questo lo vedo più un dono rispetto ad altro, visto che spesso i ragazzi del centro cercano di mascherare quello che provano, vogliono farsi vedere forti visto che la vita li ha colpiti duramente, molto di più di quello che uno possa immaginare.
Più tardi è il medico a vederla e questo mi fa tirare un respiro di sollievo, mi sono sentito più tranquillo ma ancora una volta vengo colto di sorpresa: usciti dalla cena, vedo la ragazzina titubante, si vede lontano un miglio che ha qualcosa che non va e mi cerca con lo sguardo per poi scoppiare a piangere, venendo verso di me. Con tutte le cautele del caso, la faccio uscire e la cerco di rincuorare. La metto a sedere e singhiozzando mi dice che non vuole dormire nella sua stanza perchè ci sono degli insetti: tutta la sua fragilità viene nuovamente fuori e in qualche modo è collegata a quel foruncolo che le sta dando dei problemi. Capisco che cerca sicurezza, si sente debole e senza protezione e ha visto in me una specie di ombrello che la può riparare dalla tempesta che si è scatenata dentro di lei. Non ho esitazioni: chiedo ad un'educatrice di accompagnarla al suo letto e di verificare attentamente se c'erano tracce di scarafaggi o simili e di avvisarmi in caso positivo. La ricerca ha dato risultato negativo ma ciò ha rasserenato la fanciulla, che ho chiamato per somministrarle quanto indicato dal dottore, addirittura accenna ad un sorriso e questo mi ha fatto piacere. Devo solo ringraziarla perchè mi ha fatto un dono grande: condividere con me la sua fragilità e accettare il mio aiuto, confidando che non l'avrei delusa.
Har baje
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