L'ultima settimana qui in Bolivia è
stata intensa e caotica: si registrano proteste in gran parte del
paese; il trasporto pubblico è fermo; le scuole sono chiuse e le
strade sono bloccate dai manifestanti per cui l'unico modo per
muoversi è a piedi, in bici o in qualche occasione in moto; i soli mezzi che posso circolare sono le ambulanze, i camion che portano cibo ai
mercati e supermercati, i veicoli di polizia, pompieri e dei servizi
che erogano acqua ed energia elettrica. E' l'effetto del paro
indefinido, promosso a Santa Cruz e poi diffusosi in gran parte delle
altre regioni.
Cosa ha scatenato tutto questo? Spero
di spiegarlo usando poche e semplici parole, come ho fatto
ieri con Fernando, uno dei ragazzi più grandi, che mi ha chiesto una
spiegazione di quello che sta avvenendo: domenica 20 ci sono state le
elezioni politiche e già in serata i primi dati mostravano che un
secondo turno era molto probabile, visto che il partito del
presidente uscente Morales si attestava con un vantaggio inferiore al
5% sul secondo e ciò non gli avrebbe assicurato la vittoria
immediata. Il lunedì mattina succede qualcosa di insolito, anche a
detta degli osservatori internazionali: non vengono più aggiornati i
risultati parziali, per quasi tutta la giornata i dati rimangono
fermi su quell'83% già scrutinato che confermava il ballottaggio.
Cominciano i dubbi che trovano conferma in serata quando,
improvvisamente, lo spoglio viene aggiornato e dà la vittoria al
primo turno al partito al potere, che stacca di più del 10% il diretto inseguitore: la rabbia esplode, la gente parla
di broglio, cominciano a circolare le prime prove su come sia stato falsato il risultato delle urne ed in alcune città vengono bruciati i tribunali elettorali
mentre qui a Santa Cruz si prenderà una decisione solamente il
giorno dopo, ovvero il martedì.
Che stava per succedere qualcosa di
grande, di preoccupante lo intuisco quando Liliana mi chiama la
mattina presto e mi consiglia di uscire presto per il mio giorno
libero per fare ritorno quanto prima: la sua voce era allarmata ed
era confermata dalle code chilometriche alle pompe di benzina e dai
supermercati presi letteralmente d'assalto. A metà mattina la
decisione è quella di paro indefinido, che scatterà a mezzanotte:
uno sciopero in cui la gente blocca le vie con auto, pietre,
pneumatici, tronchi, fusti di acciaio e con tutto ciò che può
essere utile a farlo. Non viene fissata una data di fine: si deve
andare al secondo turno, costi quel che costi, ed il governo deve
ammettere che qualcosa non ha funzionato nel conteggio dei voti.
Tutto è paralizzato ed i lavoratori hanno difficoltà a raggiungere
le imprese, gli uffici ed i negozi: l'unico modo per arrivarci è
farlo a piedi ma c'è il pericolo di tafferugli ed è impensabile
pensare di spostarsi sotto il caldo cocente di questi giorni per
diversi chilometri camminando. E' un problema enorme sopratutto per
gli hogar, il mio per fortuna riesce a gestire la situazione
abbastanza bene: dei 18 dipendenti rimaniamo solo in 7 perchè siamo
quelli che vivono nella zona e la paralisi non ha conseguenze, inoltre le ragazze più grandi non si sono
tirate indietro davanti a questa situazione e ci stanno dando una grossa mano. Da ieri sono tornati a
lavorare chi vive a circa una decina di chilometri da noi, pur con qualche
difficoltà visto che devono camminare quasi un'ora per prendere poi
una moto che, a tariffa maggiorata rispetto al normale, li porti fino a qui.
La cosa che più preoccupa sono le
scorte di viveri: la dispensa è ben rifornita ma sono la verdura e
la frutta che si comprano settimanalmente a darci dei
grattacapi. Per ovviare al problema facciamo la spesa ad un mercato di un
villaggio qui vicino, dove non c'è molto e ci si deve accontentare, ed è qui che ci accorgiamo che i prezzi sono aumentati. Possiamo raggiungerlo con la camionetta visto che dove ci troviamo si può circolare, l'unica cosa che ci è impedita è andare in città visto che le uscite
sono presidiate dalla gente in protesta e sono chiuse con delle
macchine poste di traverso che non permettono alle auto di passare.
Mi sto informando attraverso internet
della situazione, che di ora in ora cambia e non si riesce davvero a capire
come andrà a finire, ma solamente vivendola di prima persona ho
potuto capire quanto sia difficile: ieri ho accompagnato Liliana
verso la città in quanto dovevamo andare a ritirare l'autorizzazione a
circolare presso il comitato organizzatore del paro e comprare quello
che mancava in cucina, pensando di non cacciarci in qualche guaio perchè forti di un'autorizzazione provvisoria fornitaci dai
manifestanti della nostra zona. Quando mi sono recato da loro mi hanno impressionato le decine di
persone che stanno bloccando il ponte che porta all'aeroporto, non
mi sentivo molto a mio agio però devo ringraziarli per averci dato la possibilità di dirigerci verso la città.
Dopo circa tre chilometri ecco un altro
blocco, più grande del precedente, dove ci consigliano di fare un
percorso alternativo per arrivare più facilmente a destinazione: nel
nostro avanzare è strano vedere così tanta gente camminare, è
surreale constatare che così poche auto circolino per le strade e nessun autobus compaia all'orizzonte.
Man mano che ci avviciniamo a Santa
Cruz ci accorgiamo che non sarà una passeggiata: i blocchi aumentano
e la distanza tra loro si fa sempre più breve. In qualcuno ci tocca
pagare una sorta di pedaggio, altri ci fanno passare esibendogli l'autorizzazione e dicendo loro che siamo di un hogar ma altri non ci
permettono di proseguire, anzi si arrabbiano perchè per loro non
stiamo appoggiando la protesta. Trovare una strada per andare avanti è
arduo, anche la più piccola via è stata bloccata con diversi
veicoli oppure hanno legato pali e barili con del ferro in modo tale da renderne impossibile la rimozione. Una volta ci è stato chiesto di offrirgli da
bere per farci passare ed in un'altra ci è toccato spostare e poi
rimettere i pneumatici al loro posto pur di avere la possibilità di transitare.
Più si proseguiva e più era difficile continuare: era passata
più di un'ora da quando eravamo partiti e mancava ancora molto per
arrivare al luogo dove ci avrebbero rilasciato il lasciapassare. Non restava che tornare indietro, visto che le
notizie che arrivavano non erano affatto buone: in diversi punti della città stavano cominciando degli scontri. Seppur a malincuore facciamo marcia indietro ed andiamo
direttamente ad uno dei mercati più vicini: ci costa del
tempo farlo perchè non si riesce a trovare una via che sia
completamente libera e, nonostante le nostre suppliche, c'è chi non
ci sente e non ci permette di proseguire per cui siamo
costretti a cambiare più volte il tragitto.
Arriviamo finalmente al mercato:
dobbiamo fare in fretta, ci dividiamo e abbiamo l'amara sorpresa che
tutto è aumentato, sebbene siano passati appena 6 giorni
dall'inizio del paro: i pomodori hanno triplicato il loro prezzo,
così come le carote, le patate, le uova, lo yogurt. Non possiamo
rinunciare a comprare, è per il bene dei ragazzi, e cerchiamo di
acquistare tutto quello che si può perchè sembra che la situazione
stia precipitando e bisogna assolutamente fare delle scorte. Riempita la macchina comincia il nostro viaggio di
ritorno verso l'hogar: dobbiamo passare per il posto di blocco più
grande che ho visto nella giornata, dove un tir occupa di traverso ben tre
carreggiate e c'è una moltitudine che grida contro il governo e
rivendica nuove elezioni. La cosa mi ha fatto un certo effetto e
quando ci dicono di far in fretta per arrivare a destinazione perchè
ci stiamo dirigendo dove ci sono degli scontri ammetto di aver sudato
freddo, cominciavo davvero ad avere paura. Passiamo un supermercato
che praticamente è strapieno di gente che sta facendo provviste ed
arriviamo ad un altro punto di protesta: vedo gente che grida ed è armata di pali, chiedono un passaggio e salgono nei pick up per
andare a dar man forte negli scontri, mi sembra di vivere in un film
ma è una realtà che mi prende alla sprovvista e non mi resta che cercare di mantenere la calma,
anche se è difficile. Ci fanno passare dopo aver controllato il
bagagliaio e tiriamo un respiro di sollievo visto che ormai non
avremo nessun intoppo fino a casa. L'ultima cosa che vedo prima di
svoltare verso la piazza del paese è un sacco di gente armata di
bastoni che si dirige verso il ponte: un brivido mi percorre la
schiena, mi viene da pregare perchè non succeda niente di grave e
per fortuna è così. Devo ringraziare Dio se siamo arrivati sani e
salvi e devo complimentarmi con Liliana perchè guidare e parlare con
calma alla gente che stava bloccando le vie non era facile vista la
situazione.
Non è soltanto quest'episodio a farmi
capire che quanto sta accadendo di giorno in giorno si sta facendo
più complicato: nella piazza di Valle Sanchez, il paese a circa due
chilometri da noi, ho visto code interminabili per comprare il latte dal contadino che è arrivato fin lì con il suo trattore o
per il pollo, arrivato grazie ad una concessione del comitato che sta
bloccando gli accessi al paese. Sentendo il personale c'è
apprensione anche per il gas visto che non ci sono allacciamenti
diretti e si può cucinare solo con le bombole: qui in zona non si
trovano più e questo pomeriggio è arrivato in piazza il camion che
le vende... Il problema è che il loro prezzo è ora di 70 boliviani,
mentre prima della crisi valevano appena 25 boliviani!
Ad oggi non si capisce ancora bene come
si evolverà la situazione, anche se negli ultimi giorni gli episodi
di scontri violenti stanno aumentando: con tutto il cuore spero che
si riesca a trovar la soluzione migliore per uscirne visto che a
risentirne è la gente più povera, quella che deve lavorare
duramente per cercare di arrivare a fine mese o addirittura a fine
giornata. Me lo auguro soprattutto per i miei ragazzi ed i miei amici
boliviani perchè non credo che si possa continuare ad andare avanti così ancora per
molto.
Har baje
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