E’ arrivato in sordina, nulla ne aveva preannunciato la
venuta e letteralmente mi ha colto di sorpresa, travolgendomi come un’onda di
un fiume in piena: un momento no, uno di quelli capaci di affossare le mie
certezze e mettermi in testa molte paure e tanti dubbi. Certo in precedenza non
sono mancate le difficoltà, che bisogna sempre mettere in preventivo, ma
insieme agli altri e con le mie forze ero riuscito a superarle ma stavolta
quella che ho davanti mi sembra una montagna insormontabile perché sento che
qualcosa si è rotto dentro, bloccandomi e facendomi tentennare su quale strada
seguire. Mi sono scoperto ad un tratto debole e non mi vergogno ad ammetterlo.
Tutto nasce da quello che apparentemente sembra una
sciocchezza, da un piccolo episodio che mi ha lasciato segni profondi, ha fatto
venire fuori vecchie ferite. Da sempre mi occupo della preghiera serale e
ammetto che non è sempre facile mantenere l’ordine ed un poco di silenzio in un
momento così importante, soprattutto quando hai a che fare con 66 ragazzi, e
più di una volta chiudo un occhio ma nei primi giorni della scorsa settimana i
fanciulli, in particolare le bambine, sono andati ben al di là del limite
facendomi sudare le famose sette camicie e costringendomi a castigare, cosa che
personalmente detesto: il risultato però è stato esattamente l’opposto di
quello desiderato in quanto c’era chi continuava a giocare, a ridere
rumorosamente, a gridare durante la preghiera ed in un caso qualcuno mi ha
mancato di rispetto. Davanti a questo non c’ho più visto e, senza nemmeno
pensarci, sono uscito dalla cappella amareggiato e nervoso per quanto ho dovuto
assistere, salutando rapidamente le ragazze per prendere una boccata d’aria e sbollire
la rabbia che avevo. Non ho dormito affatto per quelle due notti,
interrogandomi sui motivi di quei comportamenti e su cosa avevo sbagliato
perché sicuramente avevo errato in qualcosa: non ero stato tollerante o, al
contrario, ero stato troppo conciliante fin dall’inizio con questo tipo di
condotta? Ho preteso troppo da chi in fondo è ancora un ragazzo o un bambino?
Mi sentivo ferito nell’orgoglio, mi dicevo che non meritavo
questo per quanto fatto finora e che c’è un limite a tutto. Non potevo più
andare avanti così e, a malincuore, ho preso una decisione per il mio bene e
per evitare di deteriorare i rapporti con le fanciulle: la mattina del
mercoledì ho comunicato a Liliana che avrei lasciato l’incarico della preghiera
serale e che avevo bisogno di alcuni giorni per poter riflettere sull’accaduto
perché, prima di parlare con qualcuno, dovevo chiarirmi le idee. Ero frustato
perché consapevole del fatto che agendo così avrei rinunciato a qualcosa che
rientra nel mio mandato però in quel momento dovevo guardare in faccia la
realtà e fare un passo indietro.
Passano due giorni e i dubbi aumentano, vorrei parlarne con
qualcuno ma son tutti occupati: d’altronde in un hogar i ragazzi hanno la
precedenza. Difficile poi discutere del momento in un’altra lingua, non
riuscirei ad esprimermi al meglio: è in queste occasioni che avverto la
mancanza di qualcuno con cui condividere questa esperienza. Mi sono volutamente
isolato, pur sapendo che non era la scelta più azzeccata, arrivando a pensare
di lasciare, di finirla qui, di concludere quest’avventura con amarezza….
Un’ipotesi che però ho accantonato in fretta: sebbene in difficoltà non mi
sarei arreso così facilmente, se avrei mollato che messaggio avrei lasciato a
questi fanciulli? Come spiegare tutto questo a chi mi segue, crede in me e mi
incoraggia? Come giustificarlo, a livello di fede, quando Gesù non ha esitato
un istante nella sua missione mentre io getto la spugna per così poco? Non è da
me, mi vedevo da fuori e non mi riconoscevo.
Mi son dato una spinta, ho cominciato ad uscire dalla mia
stanza e a fare qualche lavoretto con don Claudio ma appena vedevo uno dei
ragazzi era come se una ferita si riaprisse: non riuscivo a non domandarmi il
motivo di quegli attimi serali, un po’ di rabbia riaffiorava così come un velo
di tristezza e mi passava persino la voglia di mangiare. Non ce la facevo, non
avevo la forza di ritornare in mezzo a loro, quel pizzico di orgoglio ferito
era una montagna difficile da scalare sebben la voglia di farlo era grande.
L’impressione era quella che ad ogni passo fatto in avanti per uscire da questa
situazione ne corrispondevano perlomeno tre che mi facevano indietreggiare:
davvero frustrante!
Anche ieri non è andata bene sebbene Don Claudio col suo
fare indiscreto mi ha portato a trovarmi in mezzo ai ragazzi… Il mio impatto è
stato freddo, sebbene fossi contento di vedere nei loro volti la felicità nel
vedermi, il cuore era ancora amareggiato. Alla sera però qualcosa si è mosso:
complice il fatto di rimpiazzare la guardia notturna, gli abbracci dei più
piccoli hanno rasserenato la mia anima inquieta dandomi più di una certezza ed
una tranquillità che non avevo da giorni…. Stamattina poi le urla di Battista
che mi chiamava hanno fatto il resto: non potevo non andare da lui e stare in
sua compagnia! Mi son venute in mente le parole di incoraggiamento ricevute,
soprattutto quelle in cui mi si diceva che stavo sbagliando la direzione dei
miei passi: dovevo farli di lato, in modo da vedere le cose con gli occhi
dell’altro…. I ragazzi non volevano ferirmi, semplicemente non sanno come
relazionarsi con chi cerca di dare loro il meglio che può perché non sanno
gestire quest’amore che ricevono e che difficilmente hanno conosciuto prima di
venire qui, non conoscono il rispetto perché prima di arrivare all’hogar non
sono stati accettati da nessuno per cui bisogna lavorare su questo aspetto e
costa perché è veramente dura! E’ da qui che devo ripartire consapevole che
sono stato chiamato ad aiutare questi fanciulli, che non sempre la strada sarà
in discesa, che l’orgoglio è meglio metterlo da parte e che troverò sempre
aiuto in questo cammino: questa è l’unica via e so che dovrò farla a piccoli
passi per non rischiare di impantanarmi ancora una volta.
Grazie a tutti coloro
che mi sono vicini in questo mio momento di debolezza!
Har baje
Caro Marco, non vederla come un problema ma come una tappa del tuo cammino di educatore. Tra qualche tempo scoprirai che quest'esperienza ti ha migliorato e reso più forte. Un abbraccio e a te e a tutti, con invidia, gianmario
RispondiEliminaCarissimo marco, credi che per noi genitori sia tutto facile? Credi davvero che non prendano mai posizioni diverse dalle nostre? Che non ci feriscono mai? Il nostro compito non è semplice e il tuo lo accomuna al nostro. Somma il fatto che i tuoi ragazzi hanno un trascorso per niente sereno e sono un numero spropositato!!! Coraggio marco, il bello è che dopo l'amarezza i nostri ragazzi fanno presto anche a ricolmarci di gioia magari solo con un piccolissimo gesto! Il sole c'è sempre sotto le nuvole, è solo che siamo noi a non vederlo!
RispondiEliminaScusa non mi sono firmata...
RispondiEliminaAntonella, san Nicolò mira ��