giovedì 5 maggio 2016

Pugni nello stomaco

Il giovedì mi concedo un po’ di riposo e di solito vado in città per fare una passeggiata e cercare di prendere fiato dalle preoccupazioni quotidiane per i ragazzi: spesso ci riesco e ritorno a casa bello carico, altre volte invece vengo all’hogar con più domande e con sentimenti contrastanti.
Ammetto che, negli ultimi tempi, quest’ultime hanno preso il sopravvento e sembrano lanciarmi un messaggio: i protagonisti son sempre loro, le persone che vivono in strada e che le trovi o a chiedere l’elemosina o a dormire sotto dei cartoni o degli stracci. Le riconosco subito: aspetto trasandato, vestiti sudici, piedi spesso scalzi e neri per lo sporco, barba incolta e capelli unti, le poche volte che ho incrociato il loro sguardo ho scorto degli occhi spenti e tristi. Dormono su giacigli improvvisati, sacchi pieni di paglia o di spazzatura, materassi rotti e si tappano con ciò che gli è possibile. Con il primo freddo alcuni si sono costruiti un riparo di fortuna con ciò che gli capitava a tiro, altri preferiscono dormire dentro le casette in cui si trovano gli sportelli automatici mentre c’è chi preferisce rifugiarsi nelle fogne. Tra loro ci sono molti giovani e non mancano i disabili. Secondo quanto mi dice un mio conoscente, che li vede ogni giorno perché stazionano nelle panchine di fronte al suo negozio, spesso si drogano e per trovare i soldi per la loro dose quotidiana arrivano a prostituirsi e capita che spariscano, magari qualcuno riappare dopo qualche giorno mentre altri non si faranno più vivi, probabilmente perché rimasti vittime del traffico di organi.
Mi è capitato più di una volta di vederne sdraiati per terra con uno sguardo assente e privi di sensi, forse perché si erano appena fatti o non avevano più la forza di reggersi in piedi, e quello che mi colpiva era il fatto che la gente gli passa accanto come se non ci fossero, non viene colpita da una simile visione mentre io rimango lì impietrito, quasi attratto da quanto vedo, e mi chiedo cosa potrei fare, salvo poi andarmene bloccato più dalla paura che da altro. Queste occasioni però non sono niente rispetto a quanto ho potuto vivere in prima persona oggi, un qualcosa che per certi versi mi ha sconvolto e non riesco a togliermi dalla testa.
In tarda mattinata stavo camminando per la zona degli ospedali quando ecco che guardo dall’altra parte della strada e mi accorgo che c’è un ragazzo, con i piedi nudi, che sta rovistando in un cestino e si mette in bocca quello che sembra un rifiuto… Resto inorridito e d’istinto distolgo lo sguardo e cerco di allontanarmi ma qualcosa mi dice di voltarmi: lo faccio ed incrocio il suo sguardo. Mi sembra di riconoscerlo, anzi ne ho quasi la certezza: è Gesù che mi chiede di dargli da mangiare, non posso dirgli di no. Mi avvicino al giovane e gli chiedo timidamente, guardandolo negli occhi, se potevo offrirgli del cibo e mi risponde positivamente, facendomi capire che è sorpreso dal mio atteggiamento. Consegno nelle sue mani un sacchetto con del mangiare e me ne vado, ricevendo un grazie: era doveroso, avevo qualcosa che in quel momento serviva più a lui che a me.
Non faccio tempo a capacitarmi di quanto avevo visto che la mia curiosità mi spinge a vedere cosa si sta muovendo dietro a delle auto parcheggiate e sopra a quelle che sembra un mucchi di stracci. Mi avvicino e resto incredulo: davanti a me c’era una persona sdraiata su una coperta con una bottiglietta di colla in mano e se la stava sniffando mentre qualche passante gli passava accanto non curante di quanto stava accadendo proprio lì. Non potevo crederci: un conto è sentire parlare di certe cose, un altro è vederle coi propri occhi! Il giovanotto in questione non mi ha visto ma emetteva un suono con la bocca che mi ha risvegliato dal torpore: volevo avvicinarmi un po’ di più, cercare di dissuaderlo ma probabilmente sarebbe stato vano ma ho preferito allontanarmi per cercare di riflettere a mente fredda e soprattutto per paura, non avevo idea delle sue e delle mie reazioni. Ciò che resta è un vero e proprio pugno nello stomaco e, sebbene fosse mezzogiorno, la mancanza di appetito. Pentito della fuga sono ritornato nel luogo dove si trovava quel ragazzo per cercare di rimediare, o meglio per pulirmi la coscienza, ma di lui nessuna traccia: è sparito nel nulla come era apparso improvvisamente nel mio cammino.
Ancora adesso non riesco a capacitarmi di questi due incontri, mi hanno lasciato un peso nel cuore: non mi sembra corretto passarci sopra, non posso gettarli nel dimenticatoio dicendo che sto già facendo molto per i bambini di un hogar perché sarebbe una scusa. Ci sono tante realtà che hanno bisogno e non posso aiutarle tutte, sarebbe impossibile, ma mi sto chiedendo come posso dare un piccolo contributo perché anche solo dare un pezzo di pane a chi ne ha bisogno può cambiargli la giornata.
Har baje

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1 commento:

  1. Hai ragione marco...un pugno nello stomaco anche per me che ti sto leggendo comodamente seduta sul divano di casa mia...cosa fare? Tu una cosa già l'hai fatta, hai guardato, hai deciso di alzare lo sguardo per vedere oltre i tuoi piedi, addirittura hai guardato dall'altra parte della strada. È questo che ci chiede papa francesco,di incrociare lo sguardo dei poveri,di toccarli. Recentemente ho letto un commento di Enzo bianchi alla parabola del buon samaritano dove veniva immaginato che il samaritano non avesse olio,bende,cavalcatura, soldi. Cosa avrebbe allora potuto fare? Tenergli la mano affinché l'uomo non morisse nella totale indifferenza.
    Antonella, san Nicolò, mira

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