domenica 13 dicembre 2015

Capilla: un bell'esempio di gioco di squadra

Nelle ultime quattro settimane abbiamo ridipinto la capilla dell’hogar sia dentro che fuori e devo ammettere che la cosa è stata più complicata e faticosa di quanto potessi immaginare!
Già prima del mio viaggio italiano avevo capito che uno dei prossimi interventi da fare era proprio questo: ormai anche all’interno, a causa dell’umidità, i mattoni stavano facendo uno strato bianco di muffa e la cosa si era aggravata con le abbondanti piogge di luglio e la struttura dava proprio l’idea di essere trascurata e lasciata a se’ stessa. Liliana era dello stesso avviso ed anche più di qualche ragazzo aveva espresso le proprie preoccupazioni a riguardo: il mio tergiversare era però dettato dall’attesa, rivelatasi vana, che il comune rispettasse la promessa di impermeabilizzare le pareti.
Visto che la risposta delle autorità non arrivava, mi metto all’opera e provo ad iniziare dall’interno: non passa neanche un’ora e mi fermo perché mi rendo conto che, se prima non facevo qualcosa nella parte esteriore, quanto stavo facendo con le prime piogge sarebbe risultato inutile. Ed è così che inizio a porre una speciale vernice impermeabile alle pareti esterne e mi accorgo subito di due difficoltà: l’altezza della cappella ed il fatto che la superficie è irregolare in quanto fatta con mattoni a vista. Il secondo ostacolo è facilmente risolto facendo uso soltanto di pennelli ed armandosi di pazienza, per il primo invece mi invento una struttura fatta di cavalletti ed un tavolo che per la parte più alta si rivela insufficiente. Che fare allora? Mi ricordo che una cappella vicina a noi ha una scala molto grande e chiedo a don Claudio, che ricopre proprio lì una figura importante, se può andare a chiederla in prestito: per grande fortuna non ci viene negata!
Nei primi giorni, visto che ci sono varie cose da fare, comincio a pitturare fin dove mi è possibile mentre don Claudio si occupa delle altre faccende: toccheranno a lui le parti più alte vista la mia forte diffidenza a salire sulle scale a pioli. Cominciando a mettermi all’opera scopro con mia grande sorpresa che qualcuno dei ragazzi vuole aiutarmi: la mattina sono i nuovi arrivati, che non potendo andare a scuola, vogliono assolutamente darmi una mano mentre nel pomeriggio sono i più grandicelli. Sono stati dei bei momenti perché si parlava, si scherzava e più di una volta i ragazzi mi chiamavano per avere una conferma, una rassicurazione che quanto stavano facendo andasse bene: spesso li elogiavo e questo era motivo di soddisfazione per loro. C’era chi si preoccupava per me: vista la struttura precaria su cui salivo, il loro timore era che cadessi e me lo facevano notare più volte… In effetti devo ringraziare il Cielo che non mi sia successo niente visto anche il fatto che il terreno non è perfettamente piano e ciò non aiutava di certo a dare stabilità all’impalcatura improvvisata! Poi c’era la difficoltà di doverla spostare metro per metro per cui ogni volta si doveva togliere la tavola, togliere le assi di legno e poi spostare i cavalletti, il tutto accompagnato da una temperatura superiore ai 36 gradi: non conto le volte che mi son detto “ma che cosa mi son pensato di fare!” e la voglia di desistere era forte!
Con Liliana si decide di colorare di celeste gli archi dell’ingresso e delle finestre sia dentro che fuori in modo da dare un tocco di colore in più e per rompere la monotonia di un solo colore per tutto: la buona sorte mi ha accompagnato ancor una volta e sono riuscito ad imporre la mia idea di non dipingere di grigio il cemento posto tra i mattoni nella parte esterna, come avevo fatto per la cappellina della Madonna posta all’ingresso, altrimenti non avrei mai terminato! Questa cosa verrà solo fatta all’interno ed il colore sarà bianco, al fine di dare più luminosità ad un ambiente che risultava un po' cupo per la tonalità scelta per le pareti.
Una volta finito l'esterno,si comincia con le pareti interne e si va via veloci grazie a don Claudio, che si occupa della parti più alte, e di Marco, un educatore che mi ha aiutato visto l'esiguo numero di ragazzi presenti. La cosa più complicata è stata quella di tracciare le linee bianche tra un mattone e l’altro: anche in questa occasione i ragazzi non si sono tirati indietro. Mi hanno chiesto soltanto un pennello e un po’ di pittura, senza avanzare alcuna richiesta circa la possibilità di aiutarmi, e così si è finito rapido visto che dovevo occuparmi solo della parte dove non potevano arrivare.
E’ stata un’esperienza intensa e molto bella perché è stata l’occasione per condividere qualcosa, per ridere e per infondere fiducia a chi mi aiutava: se sbagliavano non li rimproveravo ma mi avvicinavo a loro e con pazienza gli spiegavo come procedere, dicendogli di non aver paura e che con la pratica sarebbero di certo migliorati, oppure se stavano facendo un buon lavoro li elogiavo, dandogli una bella e simbolica pacca sulla spalla. Alla fine la ricompensa più grande è che a tutti, nessuno escluso, è piaciuto il risultato finale e soprattutto il fatto che sia stato ottenuto facendo gioco di squadra è motivo di orgoglio e soddisfazione.
Har baje




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1 commento:

  1. Davvero un bellissimo lavoro! Fa i complimenti ai ragazzi anche da....l'Italia! !!
    Antonella, san Nicolò mira

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