Come vi sentireste se una persona
che vi sta a cuore e che non vedete da anni vi dicesse che verrà a trovarvi a
casa vostra? Immagino che molti di voi vivrebbero momenti di frenesia, di
eccitazione, di gioia e cercherebbero di arrivare a quest’incontro il meglio
possibile, indossando il “vestito buono” per le grandi occasioni: ebbene, tutto
questo è stato vissuto in prima persona dai boliviani che hanno avuto il
piacere di accogliere per qualche giorno Papa Francesco nella loro terra, ben
27 anni dopo il viaggio di Giovanni Paolo II.
Dopo l’annuncio della visita
papale qualche mese fa ha avuto inizio un’attesa concitata e tutti, nessuno
escluso, ne erano entusiasti, persino il governo che spesso e volentieri si
scaglia contro la Chiesa locale e le sue opere. Sono cominciati a comparire
cartelloni lungo le strade principali che ricordavano che a luglio veniva il
Papa mentre fioccavano i dibattiti su come accoglierlo nel miglior modo
possibile, non senza polemiche come ad esempio quelle relative alle ingenti
spese sostenute dalle autorità pubbliche per quest’avvenimento ed alla scelta
di far celebrare la Messa presieduta dal Pontefice presso il Cristo, una rotatoria
cruciale per il traffico veicolare di Santa Cruz, anziché in altri luoghi che
probabilmente avrebbero potuto ospitare più facilmente l’immensa folla che vi
avrebbe preso parte. Nell’aria si respirava trepidazione e gioia che non
potevano lasciare indifferenti e difatti mi sono fatto contagiare da tutta
questa euforia, grazie anche ai ragazzi: mi ci sono voluti un paio di giorni
per poter assimilare e fare mie tutto l’insieme di emozioni provate durante la
visita di Papa Francesco.
Il giorno dell’arrivo del
Pontefice all’aeroporto de El Alto, il più alto al mondo, non ho esitato nel
far vedere la diretta televisiva ai ragazzi, interrompendo qualsiasi altra
attività programmata: si trattava di qualcosa di unico, di una cosa che
difficilmente si ripeterà a breve e volevo che in qualche modo potessero
prenderne parte… Ed i bambini non mi hanno deluso: erano tutti attenti, persino
i più piccolini mi chiedevano quando il Papa sarebbe atterrato ed avevano il
timore di perdersi qualcosa se si fossero assentati o distratti per un attimo.
Poiché l’aereo aveva subito un piccolo ritardo coi più grandi si sdrammatizzava
per cercare di attenuare la tensione e la concitazione di quei momenti. Quando
il velivolo finalmente atterra dell’atterraggio nella sala c’era un grande
silenzio che si è tramutato in un forte applauso non appena si è intravista una
persona vestita completamente di bianco uscire dalla cabina e cominciare a
scendere la scaletta: Papa Francesco era qui tra noi! C’era chi stava piangendo
dalla commozione e chi aveva stampato un bel sorriso in faccia e l’emozione si
è fatta più grande quando lo abbiamo sentito parlare: tra le varie cose che ha
detto, quello che mi ha più colpito è quello che è un dovere badare ai bambini,
ai giovani e questa affermazione ha un peso notevole in un Paese dove
centinaia, migliaia di ragazzi sono abbandonati, sfruttati, violentati, abusati
e vivono in centri di accoglienza in cui nessuno li viene mai a trovare!
I ragazzi sono così presi che
vorrebbero andare a salutare il Papa al suo arrivo qui a Santa Cruz: purtroppo
non è fattibile perché sarebbe arrivato in tarda serata ma gli dico che
qualcuno di loro, cinque per l’esattezza, sarebbero venuti con me alla Messa
che avrebbe tenuto l’indomani. Mi sarebbe piaciuto portarne di più ma il numero
delle persone che sarebbero state presenti e il fatto che avevamo solo sei pass
per accedere all’area più ravvicinata alla zona dell’altare mi hanno fatto
desistere, seppur a malincuore.
Il giovedì ci si sveglia presto ed
io ed i cinque prescelti partiamo alla volta dell’hogar Don Bosco, dove Padre
Ottavio ed altri ragazzi di vari centri di accoglienza ci aspettano per andare
tutti insieme alla celebrazione religiosa. Arriviamo al Cristo e qui cominciano
i primi disagi: ci separiamo in più gruppi perché gli addetti alla sicurezza
prima ci dicono di andare da una pare poi dall’altra, addirittura prima fanno
entrare alcuni ed altri no. A me e ai miei ragazzi ci tocca ripetere e far
vedere il pass più volte perché ci facessero entrare nella zona a noi riservata
e la situazione era molto caotica perché qualcuno, sprovvisto
dell’autorizzazione ad accedervi, stava caricando la polizia. Non sono mancati
spintoni e molte volte la ressa ci schiacciava ma alla fine eravamo a 30/40
metri dal posto in cui il Papa celebrerà e devo ringraziare la bontà di due
signore che ci hanno prestato uno sgabello in cui i ragazzi salivano,
aggrappandosi su di me, per vedere meglio la Messa. Nonostante la scomodità
della situazione i miei piccoli amici hanno partecipato alla cerimonia senza
lamentarsi, ne erano completamente affascinati e non si sono resi conti della
sua durata grazie anche all’intensità di quei momenti… Da pelle d’oca sentire
Papa Francesco ricordarci di non dimenticare gli esclusi, parole che risuonano
come macigni in una realtà come questa, e l’arcivescovo di Santa Cruz,
Monsignor Sergio Gualberti, elencare quali sono i problemi e le sfide che
attendono la Bolivia; da brividi e da rimanere a bocca aperta vedere che
intorno a me c’è una folla oceanica di persone che sembra non aver fine! Al termine
della Messa nei volti dei ragazzi si è stampato un sorriso smagliante quando
hanno potuto vedere, seppur da distante e per qualche secondo, quel volto
sereno e gioioso di quell’uomo tutto vestito di bianco che è venuto da lontano:
penso che sarà un attimo che ricorderanno per tutta la loro vita!
Ed è a questo punto che a
quest’avventura se ne aggiunge un’altra: ritorniamo al Don Bosco e la
camionetta non ne vuol sapere di partire… Morale della storia: mi tocca
lasciarla lì e sperare di trovare un mezzo di trasporto che ci riporti a casa,
visto che per l’evento erano state poste limitazioni al traffico.
Mi armo di speranza e di pazienza e per prima cosa porta i fanciulli a mangiare qualcosa: pollo per tutti, se l'erano meritato! Durante il pasto gli chiedo che gli era sembrato il tutto ed ancora una volta mi stupiscono: mi rispondono che è stato splendido, una cosa da ripetere se fosse possibile… Ed io che mi ero immaginato che si sarebbero lamentati un po’ per i disagi che avevano vissuto: che mi serva di lezione, mai sottovalutarli! Una volta rifocillati, si comincia a camminare alla ricerca di un bus che ci porti all’hogar quando ci imbattiamo in un chiosco di souvenir per l’evento ed i ragazzi si fermano… Capisco al volo e mi informo sui prezzi: un cappello per ciascuno, non sarà granchè ma è sempre un bel ricordo di una giornata così intensa... Quando glielo consegno non lo mollano e lo costudiscono come il tesoro più prezioso. Riprendiamo il nostro cammino e possiamo notare più di qualche barbone che sta dormendo tra i cartoni e qualcuno, a volte una madre con dei figli piccoli, chiedere l’elemosina: sembrano ricordarci le affermazioni fatte da Papa Francesco durante l’omelia circa il farsi carico degli esclusi… E queste parole mi rimbombano nella testa anche quando finalmente troviamo un pulmino che ci conduce verso casa, durante tutto il tragitto: se uno crede non ne può rimanere indifferente ed è probabilmente l’unico modo per tentare di costruire un mondo migliore e più giusto.
Mi armo di speranza e di pazienza e per prima cosa porta i fanciulli a mangiare qualcosa: pollo per tutti, se l'erano meritato! Durante il pasto gli chiedo che gli era sembrato il tutto ed ancora una volta mi stupiscono: mi rispondono che è stato splendido, una cosa da ripetere se fosse possibile… Ed io che mi ero immaginato che si sarebbero lamentati un po’ per i disagi che avevano vissuto: che mi serva di lezione, mai sottovalutarli! Una volta rifocillati, si comincia a camminare alla ricerca di un bus che ci porti all’hogar quando ci imbattiamo in un chiosco di souvenir per l’evento ed i ragazzi si fermano… Capisco al volo e mi informo sui prezzi: un cappello per ciascuno, non sarà granchè ma è sempre un bel ricordo di una giornata così intensa... Quando glielo consegno non lo mollano e lo costudiscono come il tesoro più prezioso. Riprendiamo il nostro cammino e possiamo notare più di qualche barbone che sta dormendo tra i cartoni e qualcuno, a volte una madre con dei figli piccoli, chiedere l’elemosina: sembrano ricordarci le affermazioni fatte da Papa Francesco durante l’omelia circa il farsi carico degli esclusi… E queste parole mi rimbombano nella testa anche quando finalmente troviamo un pulmino che ci conduce verso casa, durante tutto il tragitto: se uno crede non ne può rimanere indifferente ed è probabilmente l’unico modo per tentare di costruire un mondo migliore e più giusto.
Grazie Marco, racconto meraviglioso ☺��
RispondiEliminaAntonella, mira