martedì 14 luglio 2015

Papa Francesco in Bolivia!!!

Come vi sentireste se una persona che vi sta a cuore e che non vedete da anni vi dicesse che verrà a trovarvi a casa vostra? Immagino che molti di voi vivrebbero momenti di frenesia, di eccitazione, di gioia e cercherebbero di arrivare a quest’incontro il meglio possibile, indossando il “vestito buono” per le grandi occasioni: ebbene, tutto questo è stato vissuto in prima persona dai boliviani che hanno avuto il piacere di accogliere per qualche giorno Papa Francesco nella loro terra, ben 27 anni dopo il viaggio di Giovanni Paolo II.
Dopo l’annuncio della visita papale qualche mese fa ha avuto inizio un’attesa concitata e tutti, nessuno escluso, ne erano entusiasti, persino il governo che spesso e volentieri si scaglia contro la Chiesa locale e le sue opere. Sono cominciati a comparire cartelloni lungo le strade principali che ricordavano che a luglio veniva il Papa mentre fioccavano i dibattiti su come accoglierlo nel miglior modo possibile, non senza polemiche come ad esempio quelle relative alle ingenti spese sostenute dalle autorità pubbliche per quest’avvenimento ed alla scelta di far celebrare la Messa presieduta dal Pontefice presso il Cristo, una rotatoria cruciale per il traffico veicolare di Santa Cruz, anziché in altri luoghi che probabilmente avrebbero potuto ospitare più facilmente l’immensa folla che vi avrebbe preso parte. Nell’aria si respirava trepidazione e gioia che non potevano lasciare indifferenti e difatti mi sono fatto contagiare da tutta questa euforia, grazie anche ai ragazzi: mi ci sono voluti un paio di giorni per poter assimilare e fare mie tutto l’insieme di emozioni provate durante la visita di Papa Francesco.
Il giorno dell’arrivo del Pontefice all’aeroporto de El Alto, il più alto al mondo, non ho esitato nel far vedere la diretta televisiva ai ragazzi, interrompendo qualsiasi altra attività programmata: si trattava di qualcosa di unico, di una cosa che difficilmente si ripeterà a breve e volevo che in qualche modo potessero prenderne parte… Ed i bambini non mi hanno deluso: erano tutti attenti, persino i più piccolini mi chiedevano quando il Papa sarebbe atterrato ed avevano il timore di perdersi qualcosa se si fossero assentati o distratti per un attimo. Poiché l’aereo aveva subito un piccolo ritardo coi più grandi si sdrammatizzava per cercare di attenuare la tensione e la concitazione di quei momenti. Quando il velivolo finalmente atterra dell’atterraggio nella sala c’era un grande silenzio che si è tramutato in un forte applauso non appena si è intravista una persona vestita completamente di bianco uscire dalla cabina e cominciare a scendere la scaletta: Papa Francesco era qui tra noi! C’era chi stava piangendo dalla commozione e chi aveva stampato un bel sorriso in faccia e l’emozione si è fatta più grande quando lo abbiamo sentito parlare: tra le varie cose che ha detto, quello che mi ha più colpito è quello che è un dovere badare ai bambini, ai giovani e questa affermazione ha un peso notevole in un Paese dove centinaia, migliaia di ragazzi sono abbandonati, sfruttati, violentati, abusati e vivono in centri di accoglienza in cui nessuno li viene mai a trovare!
I ragazzi sono così presi che vorrebbero andare a salutare il Papa al suo arrivo qui a Santa Cruz: purtroppo non è fattibile perché sarebbe arrivato in tarda serata ma gli dico che qualcuno di loro, cinque per l’esattezza, sarebbero venuti con me alla Messa che avrebbe tenuto l’indomani. Mi sarebbe piaciuto portarne di più ma il numero delle persone che sarebbero state presenti e il fatto che avevamo solo sei pass per accedere all’area più ravvicinata alla zona dell’altare mi hanno fatto desistere, seppur a malincuore.
Il giovedì ci si sveglia presto ed io ed i cinque prescelti partiamo alla volta dell’hogar Don Bosco, dove Padre Ottavio ed altri ragazzi di vari centri di accoglienza ci aspettano per andare tutti insieme alla celebrazione religiosa. Arriviamo al Cristo e qui cominciano i primi disagi: ci separiamo in più gruppi perché gli addetti alla sicurezza prima ci dicono di andare da una pare poi dall’altra, addirittura prima fanno entrare alcuni ed altri no. A me e ai miei ragazzi ci tocca ripetere e far vedere il pass più volte perché ci facessero entrare nella zona a noi riservata e la situazione era molto caotica perché qualcuno, sprovvisto dell’autorizzazione ad accedervi, stava caricando la polizia. Non sono mancati spintoni e molte volte la ressa ci schiacciava ma alla fine eravamo a 30/40 metri dal posto in cui il Papa celebrerà e devo ringraziare la bontà di due signore che ci hanno prestato uno sgabello in cui i ragazzi salivano, aggrappandosi su di me, per vedere meglio la Messa. Nonostante la scomodità della situazione i miei piccoli amici hanno partecipato alla cerimonia senza lamentarsi, ne erano completamente affascinati e non si sono resi conti della sua durata grazie anche all’intensità di quei momenti… Da pelle d’oca sentire Papa Francesco ricordarci di non dimenticare gli esclusi, parole che risuonano come macigni in una realtà come questa, e l’arcivescovo di Santa Cruz, Monsignor Sergio Gualberti, elencare quali sono i problemi e le sfide che attendono la Bolivia; da brividi e da rimanere a bocca aperta vedere che intorno a me c’è una folla oceanica di persone che sembra non aver fine! Al termine della Messa nei volti dei ragazzi si è stampato un sorriso smagliante quando hanno potuto vedere, seppur da distante e per qualche secondo, quel volto sereno e gioioso di quell’uomo tutto vestito di bianco che è venuto da lontano: penso che sarà un attimo che ricorderanno per tutta la loro vita!
Ed è a questo punto che a quest’avventura se ne aggiunge un’altra: ritorniamo al Don Bosco e la camionetta non ne vuol sapere di partire… Morale della storia: mi tocca lasciarla lì e sperare di trovare un mezzo di trasporto che ci riporti a casa, visto che per l’evento erano state poste limitazioni al traffico.
Mi armo di speranza e di pazienza e per prima cosa porta i fanciulli a mangiare qualcosa: pollo per tutti, se l'erano meritato! Durante il pasto gli chiedo che gli era sembrato il tutto ed ancora una volta mi stupiscono: mi rispondono che è stato splendido, una cosa da ripetere se fosse possibile… Ed io che mi ero immaginato che si sarebbero lamentati un po’ per i disagi che avevano vissuto: che mi serva di lezione, mai sottovalutarli! Una volta rifocillati, si comincia a camminare alla ricerca di un bus che ci porti all’hogar quando ci imbattiamo in un chiosco di souvenir per l’evento ed i ragazzi si fermano… Capisco al volo e mi informo sui prezzi: un cappello per ciascuno, non sarà granchè ma è sempre un bel ricordo di una giornata così intensa... Quando glielo consegno non lo mollano e lo costudiscono come il tesoro più prezioso. Riprendiamo il nostro cammino e possiamo notare più di qualche barbone che sta dormendo tra i cartoni e qualcuno, a volte una madre con dei figli piccoli, chiedere l’elemosina: sembrano ricordarci le affermazioni fatte da Papa Francesco durante l’omelia circa il farsi carico degli esclusi… E queste parole mi rimbombano nella testa anche quando finalmente troviamo un pulmino che ci conduce verso casa, durante tutto il tragitto: se uno crede non ne può rimanere indifferente ed è probabilmente l’unico modo per tentare di costruire un mondo migliore e più giusto.
Har baje



stampa la pagina

1 commento:

  1. Grazie Marco, racconto meraviglioso ☺��
    Antonella, mira

    RispondiElimina