lunedì 9 marzo 2015

La "maledizione" del sereno

Son giorni intensi, in cui cose da fare ed imprevisti si susseguono senza tregua ed i ragazzi han voglia di star con me, e di conseguenza il mio tempo libero si riduce… A questo si aggiunge il fatto che in questi ultimi due sabati ho fatto da sereno e, a differenza delle altre volte, sembra che sia caduto vittima di una “maledizione” perché prima o dopo aver sostituito don Eliseo c’è stata una serie di eventi che mi hanno impedito di riposare a dovere.
Andiamo però con ordine: due sabati fa, consapevole che mi capitava la notte, mi ero già preparato un programma che prevedeva di stare coi ragazzi la mattina per poi riposare il pomeriggio. Come spesso accade i fatti hanno stravolto i miei propositi: alle 6.30 della mattina bussano alla porta della mia stanza per avvisarmi che la cuoca non si era presentata e nessuno aveva tirato fuori dalla dispensa le cose per la colazione, il pranzo e la cena. Poco male, mi dico, una delle due educatrici della mattina andrà a cucinare mentre darò una mano coi ragazzi ma ecco che, mentre sono in infermeria, mi telefona Liliana per dirmi che non può venire a lavorare per un imprevisto e così ci ritroviamo in tre per 62 ragazzi… Con l’altra educatrice mi metto d’accordo per come organizzare la mattinata: io lavorerò coi maschietti, portandoli a lavorare nell’orto che in questo periodo sto riprendendo in mano, mentre lei starà con le bambine pulendo la sala della televisione da cima a fondo. Contemporaneamente mi trovo anche a dover dire a don Claudio che lavori fare e parlare con il muratore per dei lavori da eseguire. Dopo la merenda ci occupiamo di far lavare bene i piedi e di tagliare le unghie ai fanciulli: prima di mandarli a vedere la televisione tutti dovranno farsi controllare dal sottoscritto.
Dopo una mattinata così movimentata stavo già pregustando il momento di andare a riposare quando succede il patatrac: mi avvisano che Ines, una ragazza appena arrivata, era uscita di corsa dall’hogar senza avvisare nessuno e contemporaneamente Rodrigo si era tagliato la testa giocando nel dormitorio. Lasciato quest’ultimo alle cure di Sandra, la nostra infermiera, mi preoccupo di capire qualcosa in più sul presunto tentativo di fuga dagli educatori e dai ragazzi… Di fronte a due cose coì non sapevo che pesci pigliare, difficile capire quale sia la priorità e mi stavo un poco agitando: l’unica cosa possibile era non perdere la calma. In poco tempo il caso di Ines si risolve: una nostra educatrice l’ha rimandata indietro dopo essersi accorta che l’aveva seguita e liquido la ragazza facendole capire che non si deve mai allontanare dalla struttura da sola e deve sempre avvisare dove va. A questo punto le mie attenzioni vanno su Rodrigo: noto che ha perso abbastanza sangue e il taglio che ha in testa è profondo e mi dà impressione. Sandra dice che non c’è la possibilità di curarlo qui all’hogar per cui chiamo Liliana e la informo dell’accaduto: si opta per portarlo al pronto soccorso, che dista all’incirca mezz’ora di strada a condizione che non ci sia traffico, visto che la postazione medica dell’urbanizzazione è chiusa. Una volta arrivati all’ospedale dove ci hanno detto di portare i ragazzi dai 13 anni in su, scopriamo che hanno di nuovo cambiato le regole per cui dobbiamo portare il fanciullo ad un altro centro, a circa 5 chilometri di distanza. Lì fortunatamente ce la caviamo in un’oretta circa e quattro punti di sutura in testa: mi ha fatto un certo effetto che, per l’iniezione per l’antitetanica, abbiano chiamato me e non Sandra per tranquillizzare il ragazzo. Ritorniamo sulle cinque nella struttura per cui il mio progetto di riposare era andato in fumo: non mi arrabbio più di tanto, non ne valeva la pena, era molto più importante il fatto che Rodrigo stesse bene e bastava sfruttare al massimo l’ora che avevo a disposizione per recuperare un po’ le forze in previsione della nottata che, fortunatamente, è passata senza grattacapi.
Il giorno dopo però ho pagato il tutto con gli interessi: ero completamente svuotato, mi sentivo stanco e sembravo uno zombie! Mi auguravo soltanto di non bissare una giornata così ma invece mi sbagliavo di grosso! Questo sabato ho nuovamente fatto da sereno: la giornata era andata bene, ero riuscito a riposare ma è stata la notte a riservarmi qualche sorpresa, a cominciare dal fatto che tre bambini avevano fatto la pipì a letto e li ho dovuto farli lavare, cambiare e mettere da una parte quanto impregnato dall’urina… In cambio ero riuscito finalmente a portare a conclusione qualche faccenda lasciata a metà per mancanza di tempo, ignaro di quel che mi aspettava la domenica.
Dopo aver dormito un paio d’ore, esco dalla stanza e mi vengono a dire che in cucina si è verificato un problema: una delle più piccole aveva buttato un chilo di sale nella minestra, coi risultati che vi lascio immaginare! Siccome era anche per la cena cerchiamo di rimediare aggiungendo dell’acqua ma non abbiamo ottenuto quanto sperato: era ancora salatissima! Inoltre era finito il gas per cui stavano cucinando a legna: visti i tempi stretti, vado di corsa a cambiarmi ed aiuto ai fornelli mentre la cuoca va in refettorio a servire i piatti del primo. Dopo pranzo ecco che alcune ragazze, castigate da Liliana, mi chiedono se è possibile cambiare la loro punizione: gli dico di no perché non potevo intromettermi in cose che conoscevo solo parzialmente ed andare contro una decisione di un’altra persona. Il pomeriggio lo passo a smontare delle vecchie sedie a rotelle per venderne poi il ferro ed in compagnia dei ragazzi fino al momento della preghiera serale… Un’altra giornata piena, mi dico, ma non mi va né di lamentarmi né di arrabbiarmi per com’è stata: rilassandomi affiora la stanchezza ma anche una certa soddisfazione perché anche stavolta sono riuscito a dare del mio a qualche altro che ne aveva bisogno e non mi sono tirato indietro di fronte alle sue necessità, cercando di tirar fuori il meglio di me.
Har baje

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