mercoledì 23 marzo 2022

Voce del Verbo

Voglio condividere con voi un piccolo riassunto della testimonianza che ho fatto a Jesolo Paese presso la Chiesa di San Giovanni Battista in occasione della Veglia per i missionari martiri.

"Buonasera a tutti, prima di tutto vorrei ringraziarvi per avermi invitato e per darmi la possibilità di poter condividere con voi la mia esperienza.
Mi chiamo Marco, sono di Quarto d'Altino e da 9 anni mi trovo a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia, dove offro il mio servizio presso l'hogar Santa Maria de los Angeles. 
Prima di tutto va spiegato cos'è un hogar. Si tratta di una casa di accoglienza per minori in difficoltà, orfani o abbandonati oppure allontanati dalle famiglie per gravi problemi: la traduzione letterale della parola è casa, focolare domestico, e rende benissimo l'idea di quello che io ed il personale del centro cerchiamo di fare, quello di offrire un riparo e un po' di amore a questi bambini. Attualmente il centro ne ospita una sessantina, tra maschi e femmine, dai quattro fino ai diciotto anni: è proprio grazie a loro che posso raccontarvi qualcosa di me e sull'idea che mi sono fatto sull'essere missionario.
Tutti loro rappresentano un'unica voce, la “voce del Verbo”, che mi è costato parecchio ascoltare, soprattutto negli ultimi due anni che come ben sappiamo sono stati duri per tutti: ammetto anche che mi ha mosso dentro qualcosa, mi ha spinto a rimettermi in gioco sebbene mi facesse venire mille dubbi e spingendomi ad agire secondo quanto mi diceva il cuore.
Ricordo gli inizi, che ormai sono vecchi di ben 9 anni, in cui quella voce cominciava a farsi sentire e mi diceva di mettermi in ascolto, a condizione di lasciare da parte i pregiudizi e l'idea che, venendo dall'Italia, avessi già qualche risposta e magari fosse proprio quella giusta. Per qualche mese sono stato in silenzio, facendo attenzione alle parole che la realtà boliviana mi stava sussurrando all'orecchio: i pianti di bambini che volevano la mamma ma non avevano nemmeno l'idea di dove fosse; le grida disperate di una madre e dei propri figli perchè non autorizzati dal giudice a vedersi; il battere i denti dal freddo di notte in quanto non si hanno coperte a sufficienza per coprirsi e mancano i soldi o quando si va a fare la doccia perchè non abbiamo l'acqua calda; le storie di qualche ospite che raccontava le violenze subite o di come fin da piccoli dovevano caricarsi il genitore ubriaco sulle spalle per portarlo a casa; il singhiozzare di un fanciullo in un angolino senza che nessuno se ne preoccupi. E' così che quella voce mi spingeva a cambiare direzione: dovevo sì occuparmi di quanto era stato progettato prima di partire ma capivo che lì ero chiamato a ben altro. Ho cominciato a mettermi vicino a chi piangeva, a curare chi si era fatto male oppure stava poco bene, a far cadere qualche lacrima quando qualcuno mi raccontava il suo passato, ad ascoltarlo anche quando poteva sembrare all'apparenza solamente una sciocchezza ma ho anche capito che la richiesta “Marco, posso aiutarti?” era soltanto il desiderio di passare un po' di tempo con me.
Mi chiedo spesso se faccio bene ed a rispondermi è ancora quella voce: lo fa con le risate dei miei fanciulli, con la gioia nel loro modo di parlarmi, con quel pizzico di fiducia che hanno quando vogliono confidarmi qualcosa oppure quando gridano il mio nome per vedere dove sono.
Si dice che con l'esperienza tutto sia più facile ma non lo è perchè quella voce cambia, porta sempre qualcosa di nuovo: si fa portavoce delle violenze fatte sulle donne in una società, quella boliviana, dove l'uomo vuole essere padrone; della disperazione che se stai male devi pagarti tutto anche se sei fortunato ad avere un'assicurazione sanitaria, visto che questa coprirà soltanto una piccola parte delle spese; delle grida dei ragazzi che escono dal profondo del cuore e mostrano quanta sofferenza si portano dentro; delle frasi “tu non sei mio padre” o “non importo a nessuno”; dell'inconfondibile rumore dei nasi che sniffano colla o alcol, per smorzare i crampi della fame, dei tanti ragazzi che sempre più numerosi vivono per strada. E' allora che capisco che quella voce devo farmela mia, anche se capita di dovermi prendere una pausa per potermi riprendere dal pugno che mi ha dato: rimango stupito perchè mi fa trovare una forza che non sapevo nemmeno di avere. Mi sono ritrovato così a tenere tra le mie braccia ragazzi che, presi da un dolore diventato rabbia, rischiavano di fare del male a sé ed agli altri; ad accogliere chi mi aveva offeso o mancato di rispetto con un sorriso, senza punirlo, ma aspettando i suoi tempi, facendogli capire che lo accettavo così com'è; a preoccuparmi per chi, come Alejandra, è stata per lungo tempo in ospedale cercando di trovare i fondi necessari per guarirla oppure per Gabriel o Valeria che per la loro disabilità vengo spesso esclusi.
Mi rendo conto che quella voce mi ha messo tante volte alla prova: la più difficile? Quando Bautista, uno dei miei figliocci, mi ha chiamato: era in fin di vita, il suo era un appello a non lasciarlo solo, lui che non aveva nessuno al mondo ha chiesto proprio di me, il suo padrino. Non so come ma non sono rimasto sordo alla sua richiesta: ho avuto la grazia di poterlo vedere un'ultima volta e tenere la sua mano nella mia. Non me ne pento, nonostante il dolore, e proprio grazie all'ascolto ho potuto rispondere con l'unica arma a mia disposizione: l'amore. In fondo è l'unica cosa che mi aiuta quando mi ritrovo a dover preparare da mangiare ai ragazzi o devo cucinare a legna perchè il gas è finito oppure quando vedo un ragazzo piangere o me ne prendo cura in infermeria, addirittura quando ho dovuto rimuovere gli ostacoli nei vari check point posti sulle strade durante il periodo della crisi politica in Bolivia, al fine di poter continuare la ricerca di cibo per i fanciulli.
Mi sono ritrovato così dall'ascoltare la “Voce del Verbo” che si è manifestata nei bambini che mi sono stati affidati al dovermi ripensare, a ricostruire da zero il piano per cui ero arrivato lì. A poco a poco ho scoperto di essere diventato, nel mio piccolo e nelle mie tante debolezze, io stesso Voce di Colui che ci ha mostrato veramente il volto del Padre e ci ha detto di amare il prossimo senza aver paura di donarci: attraverso un linguaggio fatto di sguardi, odori, lacrime, risate, strette di mano ed abbracci mi ha insegnato a mettermi in discussione e mi spinge a cercare di far entrare nella mia vita quella di coloro che ho incontrato, di far mie le grida di dolore di chi mi è vicino. Mi ritrovo così strumento della Voce che insiste nel dire “ama”, anche quando costa e la cosa più semplice sarebbe voltarsi dall'altra parte, e di questo devo solo essere felice e ringraziare."

Har baje

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