mercoledì 18 novembre 2020

Incontro inaspettato

“Ciao Marco, come stai? Ti ricordi di me, vero?”: è con queste parole che un giovane qualche giorno fa mi si avvicina mentre stavo scendendo dall'auto per entrare in un supermercato. Non l'ho riconosciuto e quella mascherina posta sul volto non mi aiutava affatto, sebbene non mi fossero nuovi quegli occhi neri e pieni di vita: ero sicuro di averli già visti ma non mi ricordavo quando e soprattutto non riuscivo ad associarli al nome del loro proprietario.
Ero in completo imbarazzo, non sapevo cosa rispondere visto che non avevo la più pallida idea di chi avessi davanti: mi capita spesso di ritrovarmi nella situazione di non associare un nome ad un volto ma in quest'occasione mi sentivo più spiazzato rispetto ad altre volte. A peggiorare le cose era il fatto che quel ragazzo aspettava con ansia una risposta da parte mia e continuava a  dirmi “Ma Marco davvero non mi riconosci? E sì che sei mio padrino!”. Mi si gela il sangue, so che sto facendo una figuraccia e quando mi fa sapere come si chiama, persino mi ricorda il soprannome con cui tutti lo chiamavano in hogar, avrei voluto nascondermi per la vergogna!
Nell'ascoltare il suo nome subito mi è subito venuto in mente il modo con cui era diventato mia figlioccio: fu quasi per caso! Ricordo che era un sabato sera e si era deciso di battezzarlo visto che l'anno precedente aveva fatto la prima comunione senza aver ricevuto prima il battesimo, cosa che può capitare vista la storia di questi bambini ed il fatto che viene ricostruita attraverso la memoria dei familiari che a volte può fare cilecca. La madrina da lui designata non arrivata e la cerimonia doveva iniziare, non potevamo aspettare oltre per cui il sacerdote mi ha guardato e mi ha proposto di fare da padrino: al momento ero più che sorpreso, avevo delle riserve in merito ma vedendo il volto del fanciullo ho capito che era la cosa più giusta da fare. Qualche settimana dopo è tornato a vivere con la nonna e c'eravamo così persi di vista, fatto che capita spesso quando i ragazzi tornano a casa dalle loro famiglie visto che diventa più problematico potersi rincontrare rispetto a quando vengono destinati ad altri centri. 
Ora, a distanza di anni, avevo la fortuna di trovarmelo davanti ma non avevo subito capito che fosse proprio lui, complice il fatto che fosse cresciuto di quasi mezzo metro dall'ultima volta che l'avevo visto e quel volto coperto dalla mascherina. Potevo notare la gioia sprizzare dai suoi occhi, anch'io ero felice di quest'incontro e sorridevo al fatto che il destino mi aveva riservato questa bella sorpresa visto che da un po' di tempo stavo proprio pensando a questo ragazzo, interrogandomi su cosa fosse stato di lui. Ora era davanti a me, era in splendida forma e mi raccontava che stava lavorando come garzone nel negozio dove sarei entrato. Mi promette che mi avrebbe aspettato all'uscita, visto che proprio in quel momento  lo stavano chiamando e non volevo che lo rimproverassero per colpa mia.
Una volta pagato ecco che il giovane ricompare e mi aiuta a caricare la spesa nell'auto: in questo modo possiamo fare quattro chiacchiere senza che nessuno possa dire niente. Mi chiede come sta andando in hogar e gli racconto tutte le novità che ci sono state da quando se n'era andato, mi domanda se gli educatori sono cambiati e sorride mentre ricordiamo il passato. Una volta rotto il ghiaccio cerco di informarmi su come sta e soprattutto su com'era messo con gli studi: con mia sorpresa mi fa sapere che quest'anno si diploma e che ha deciso di andare all'università, cercando di pagarsela con quanto guadagnerà. Sono contento per lui, è rimasto quel bravo ragazzo che ho conosciuto ed almeno sembra non si sia perso come a volte succede una volta che si esce da un hogar. Capisco che la sua vita non sia facile non appena vengo a sapere dove abita, ovvero in una delle località più povere dei paraggi, ma non lo vedo né scoraggiato né scontento. 
Prima di congedarsi mi fa una promessa: non appena questo virus verrà sconfitto verrà in hogar con un pallone e qualcosa da mangiare per organizzare un torneo di calcio per i piccoli ospiti del centro, in modo da fargli passare un bel pomeriggio. Mentre lo dice noto come i suoi occhi stiano brillando e sento un po' di orgoglio nell'ascoltarlo: il tempo non lo ha cambiato molto, è rimasto buono e generoso come lo ricordavo e questa è la soddisfazione più grande. 
Har baje

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