lunedì 6 maggio 2019

Orgoglio

A volte mi capita di masticare amaro, di vivere situazioni che non riesco proprio a mandar giù e che mi interrogano, mi spingono a guardarmi dentro alla ricerca di una risposta che non arriva o tarda a farlo: mi è capitato di recente, meno di una settimana fa.
Era sera e stavo seduto tranquillo ad aspettare la campana della cena quando ascolto colpire più volte il vetro di una finestra: il suono proveniva dal dormitorio dei ragazzi e per un po' l'ho ignorato perchè confidavo nell'operato dell'educatrice. Stavo chiacchierando con qualcuno dei fanciulli ma vengo interrotto dall'arrivo di uno di loro dicendo che uno dei più piccoli voleva rompere un vetro e l'educatrice gli aveva detto di venire a cercarmi.
Non posso ignorare tale richiesta così mi dirigo verso la stanza in cui si sta verificando il problema, guidato dal suono che stavo ascoltando da un bel po': chiedo il motivo per cui il bambino ha questa reazione e noto che è lì, vicino alla finestra, e piagnucola mentre ripetutamente, a ritmi regolari, colpisce il vetro con la mano. Osservo che è arrabbiato e per prima cosa lo porto lontano da qualsiasi oggetto per evitare che si faccia male e rompa qualcosa, cerco di parlargli ma dalla sua bocca escono dei singhiozzi: cerco di spiegargli che è suo diritto sfogarsi, vivere le emozioni che sta provando in quel momento ma non può fare dei danni. Mentre con la coda dell'occhio osservo i suoi movimenti, comincio ad ascoltare l'educatrice per capire cosa fosse successo ma alle sue prime parole il piccolo gli urla di tacere, gli manca totalmente di rispetto: non posso non intervenire e gli consiglio di non offendere chi è più grande di lui ma non ottengo alcun risultato. So che quando si mette è testardo ma non mi resta che giocare l'ultima carta, quella del castigo: se continua con quell'atteggiamento la televisione nel fine settimana non la vede.... Il risultato è che mi risponde che non gli importa niente: capisco che è meglio lasciarlo stare visto che perlomeno è seduto e non sembra più intenzionato a scagliare la sua ira verso le cose. Esco dalla stanza in compagnia dell'educatrice quando mi giungono all'orecchio parole molto offensive nei miei confronti da parte di quel fanciullo, di appena 8 anni: rivado da lui, la tentazione di dargli uno sberla è forte ma so che è la cosa più sbagliata da fare così opto per portarlo fuori all'aperto per fargli prendere una boccata d'aria fresca. E' incavolato nero ma è ben lucido nel dirmi che non ha alcuna voglia di cenare né tantomeno di scusarsi, soprattutto con me perchè secondo lui una persona come il sottoscritto non merita questo: nell'udire questo non ci ho visto più e gli dico che se continua così non potrà più stare qui. In quei momenti concitati compio l'errore più grande che si possa commettere: gli rimprovero quanto faccio per lui ogni giorno ma l'amore non può mai essere rinfacciato, è un dono che si dà all'altro e non avanza alcuna pretesa.
Mi rendo conto che è meglio lasciarlo stare, deve prima liberarsi della rabbia e di quelle emozioni negative che sta vivendo in quegli istanti ed io stesso devo calmarmi e cercare di dimenticare quelle parole che mi hanno ferito e non poco. La serata si conclude con un po' di amarezza visto che il piccolo va a dormire senza mangiare, come aveva detto: sapevo che era cocciuto ma avevo chiesto alla cucina di mettere da parte il suo piatto nella speranza che venisse a cercarlo.
Non riesco a dormire bene quella notte perchè mi chiedo dove avessi sbagliato in quei frangenti e se avrei potuto agire in maniera diversa ma soprattutto mi ritrovo quasi di sorpresa a pensare ai miei genitori: quante volte li ho feriti nel rispondergli male ma loro hanno continuato a volermi bene! Ora so bene come si sono sentiti in quelle occasioni e soltanto ora provo vergogna per quei momenti!
Il giorno dopo comincio con quella che sarà la mia punizione per il fanciullo: semplicemente ho deciso di non parlargli, di ignorare le sue richieste. Questo credo faccia più male a me che a lui ma reputo che sia una delle forme migliori per fargli capire che ha sbagliato: quando si avvicinava e mi chiedeva qualcosa facevo finta di niente, anche se mi piangeva il cuore guardando l'espressione del suo volto dinnanzi alla mia reazione. Il piccolo però è un osso duro in quanto è molto orgoglioso e so che quando combina qualche marachella non riconosce mai di aver sbagliato: questa volta però voglio vedere fino a dove può arrivare... Memore di avergli detto che non poteva guardare la televisione se continuava a comportarsi male e consapevole di dover realizzare questo castigo, pena la perdita di credibilità, questo fine settimana il bambino è rimasto senza la possibilità di vedere il film ma ancora non mostrava di aver capito che non si era comportato bene. Ieri sera, quasi all'ora di cena, mi ha sorpreso: mi si è avvicinato, mi ha guardato fisso negli occhi e con un filo di voce mi chiede se posso perdonarlo... Rimango incredulo, so quanto gli è costato pronunciare quelle parole e non posso non prenderlo tra le mie braccia perchè sono felice, sono contento per lui, per me, per entrambi. Quel gelo che si era creato tra noi si era finalmente spezzato e così abbiamo ricominciato a parlare, gli ho chiesto il motivo dell'atteggiamento di qualche giorno fa e lui me l'ha spiegato: è stupendo starlo ad ascoltare e posso soltanto ringraziare di aver saputo aspettare e vivere questo momento perchè ha permesso di rendere più forte il legame che ci unisce.
Har baje

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