A volte mi capita di masticare amaro,
di vivere situazioni che non riesco proprio a mandar giù e che mi
interrogano, mi spingono a guardarmi dentro alla ricerca di una
risposta che non arriva o tarda a farlo: mi è capitato di recente,
meno di una settimana fa.
Era sera e stavo seduto tranquillo ad
aspettare la campana della cena quando ascolto colpire più volte il
vetro di una finestra: il suono proveniva dal dormitorio dei ragazzi
e per un po' l'ho ignorato perchè confidavo nell'operato
dell'educatrice. Stavo chiacchierando con qualcuno dei fanciulli ma
vengo interrotto dall'arrivo di uno di loro dicendo che uno dei più
piccoli voleva rompere un vetro e l'educatrice gli aveva detto di
venire a cercarmi.
Non posso ignorare tale richiesta così
mi dirigo verso la stanza in cui si sta verificando il problema,
guidato dal suono che stavo ascoltando da un bel po': chiedo il
motivo per cui il bambino ha questa reazione e noto che è lì,
vicino alla finestra, e piagnucola mentre ripetutamente, a ritmi
regolari, colpisce il vetro con la mano. Osservo che è arrabbiato e
per prima cosa lo porto lontano da qualsiasi oggetto per evitare che
si faccia male e rompa qualcosa, cerco di parlargli ma dalla sua
bocca escono dei singhiozzi: cerco di spiegargli che è suo diritto
sfogarsi, vivere le emozioni che sta provando in quel momento ma non
può fare dei danni. Mentre con la coda dell'occhio osservo i suoi
movimenti, comincio ad ascoltare l'educatrice per capire cosa fosse
successo ma alle sue prime
parole il piccolo gli urla di tacere, gli manca totalmente di
rispetto: non posso non intervenire e gli consiglio di non offendere
chi è più grande di lui ma non ottengo alcun risultato. So che
quando si mette è testardo ma non mi resta che giocare l'ultima
carta, quella del castigo: se continua con quell'atteggiamento la
televisione nel fine settimana non la vede.... Il risultato è che mi
risponde che non gli importa niente: capisco che è meglio lasciarlo
stare visto che perlomeno è seduto e non sembra più intenzionato a
scagliare la sua ira verso le cose. Esco dalla stanza in compagnia
dell'educatrice quando mi giungono all'orecchio parole molto
offensive nei miei confronti da parte di quel fanciullo, di appena 8
anni: rivado da lui, la tentazione di dargli uno sberla è forte ma
so che è la cosa più sbagliata da fare così opto per portarlo
fuori all'aperto per fargli prendere una boccata d'aria fresca. E'
incavolato nero ma è ben lucido nel dirmi che non ha alcuna voglia
di cenare né tantomeno di scusarsi, soprattutto con me perchè
secondo lui una persona come il sottoscritto non merita questo:
nell'udire questo non ci ho visto più e gli dico che se continua
così non potrà più stare qui. In quei momenti concitati compio l'errore più
grande che si possa commettere: gli rimprovero quanto faccio per lui
ogni giorno ma l'amore non può mai essere rinfacciato, è un dono
che si dà all'altro e non avanza alcuna pretesa.
Mi rendo conto che è meglio lasciarlo
stare, deve prima liberarsi della rabbia e di quelle emozioni
negative che sta vivendo in quegli istanti ed io stesso devo calmarmi
e cercare di dimenticare quelle parole che mi hanno ferito e non
poco. La serata si conclude con un po' di amarezza visto che il piccolo va
a dormire senza mangiare, come aveva detto: sapevo che era cocciuto
ma avevo chiesto alla cucina di mettere da parte il suo piatto nella
speranza che venisse a cercarlo.
Non riesco a dormire bene quella notte
perchè mi chiedo dove avessi sbagliato in quei frangenti e se
avrei potuto agire in maniera diversa ma soprattutto mi ritrovo quasi di
sorpresa a pensare ai miei genitori: quante volte li ho feriti nel
rispondergli male ma loro hanno continuato a volermi bene! Ora so
bene come si sono sentiti in quelle occasioni e soltanto ora provo
vergogna per quei momenti!
Il giorno dopo comincio con quella che
sarà la mia punizione per il fanciullo: semplicemente ho deciso di
non parlargli, di ignorare le sue richieste. Questo credo faccia più
male a me che a lui ma reputo che sia una delle forme migliori per
fargli capire che ha sbagliato: quando si avvicinava e mi chiedeva
qualcosa facevo finta di niente, anche se mi piangeva il cuore
guardando l'espressione del suo volto dinnanzi alla mia reazione. Il
piccolo però è un osso duro in quanto è molto orgoglioso e so che
quando combina qualche marachella non riconosce mai di aver
sbagliato: questa volta però voglio vedere fino a dove può
arrivare... Memore di avergli detto che non poteva guardare la
televisione se continuava a comportarsi male e consapevole di dover
realizzare questo castigo, pena la perdita di credibilità, questo
fine settimana il bambino è rimasto senza la possibilità di vedere
il film ma ancora non mostrava di aver capito che non si era
comportato bene. Ieri sera, quasi all'ora di cena, mi ha sorpreso:
mi si è avvicinato, mi ha guardato fisso negli occhi e con un filo
di voce mi chiede se posso perdonarlo... Rimango incredulo, so quanto
gli è costato pronunciare quelle parole e non posso non prenderlo
tra le mie braccia perchè sono felice, sono contento per lui, per
me, per entrambi. Quel gelo che si era creato tra noi si era
finalmente spezzato e così abbiamo ricominciato a parlare, gli ho
chiesto il motivo dell'atteggiamento di qualche giorno fa e lui me
l'ha spiegato: è stupendo starlo ad ascoltare e posso soltanto
ringraziare di aver saputo aspettare e vivere questo momento perchè ha permesso di rendere più forte il
legame che ci unisce.
Har baje
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