Sono rimasti poco più di una ventina e l’hogar appare
diverso, l’atmosfera è differente: non si sentono più le grida dei ragazzi e
persino nel refettorio non si sente il vivace parlare dei fanciulli ma un
insolito bisbigliare tra loro. Anche nella cappella si respira qualcosa di
insolito perché non è piena, è riempita per meno della metà ed è difficile non
rimanere sorpresi, ormai ci si è fatta l’abitudine nel vederla sempre gremita.
Da martedì il centro si è svuotato, complice l’inizio delle
vacanze estive ed il fatto che la maggior parte dei bambini ha avuto la
possibilità di poter trascorrere circa un mese coi propri familiari ed in
qualche caso coi padrini. Quel giorno si respirava la stessa aria di fine anno
scolastico: ci si salutava e non mancavano gli abbracci ed i sorrisi. Come in
altre occasioni ho vissuto dei sentimenti contrastanti: una sorta di tristezza
per vederli andare via uno ad uno coi propri zii, cugini, papà, mamme o
fratelli si mescola la gioia di sapere che potranno trascorrere delle belle
giornate con chi gli vuole bene. In cuor mio so che un po’ mi mancheranno ma li
saluto con un sorriso perché gli auguro di passare le vacanze nel miglior modo
possibile.
C’è chi, prima di andarsene, mi ha abbracciato e non voleva
separarsi da me, cercando di sfruttare fino all’ultimo la mia compagnia per
chiaccherare e scherzare e per farlo ha rinunciato alla televisione, che fra
tutte è la cosa che piace di più: è la magia di questa giornata così
particolare che davvero mi lascia qualcosa dentro e mi fa capire che, seppur
non mancando la fatica e le difficoltà, i ragazzi apprezzano quanto faccio per
loro.
Non ci sono stati soltanto arrivederci a fine mese visto che
c’è chi se n’è andato o verrà trasferito tra pochi giorni in altri centri: di
solito questo lo si fa a gennaio ma stavolta si è optato per farlo in questo
periodo per favorirne l’inserimento nella nuova destinazione. Qualcuno se ne va
per l’età, altri per motivi di condotta ma non è mai facile salutarli perché si
ha condiviso un pezzo di strada insieme, se ne è potuto conoscere i pregi ed i
difetti, lo si è visti crescere : sarà che passano gli anni ma ogni volta è
sempre più difficile… Figurarsi poi se come in questa occasione mi è toccato
portarli al nuovo hogar con la camionetta: è una specie di lungo addio perché,
nel vederli incrociando i loro sguardi o attraverso lo specchietto retrovisore,
non posso non ricordare vari episodi che ci hanno visto entrambi protagonisti
sia nel bene che nel male e col passare dei chilometri pian piano si forma un
groppo alla gola. Una volta arrivati li aiuto a scaricare i loro pochi bagagli
(solitamente uno) ed è lì che arriva il momento di congedarsi, che era stato
soltanto rinviato di qualche istante: non riesco a fare il primo passo, neanche loro lo vorrebbero
fare ma poi mi sorprendono, dandomi prima la mano e poi abbracciandomi dando
una pacca sulla spalla. Mi stringono forte e a stento riescono a nascondere gli
occhi lucidi dalla commozione, come del resto il sottoscritto che però abbassa
la visiera del cappello per nascondere la propria espressione.
Tutti quelli trasferiti hanno una caratteristica comune: li
ho visti entrare varcando il cancello e ora li vedo uscire. Mi ricordo i primi
giorni qui tra noi, impauriti e timorosi di quanto lo aspettava, ed è buffo
pensare che ora stanno provando le stesse sensazioni. Li ho visti maturare,
diventare grandi, ne ho scoperto ed apprezzato le qualità, ne ho colto i
difetti e sopportato i difetti come del resto hanno fatto loro… Ora le strade si dividono perché hanno bisogno
di crescere ancora, di imparare cose nuove e per farlo hanno bisogno di
qualcosa che non possiamo dare: alla tristezza per la loro partenza si
contrappone la certezza che si è fatta la scelta giusta, quella per il loro
bene. A rinfrancare del distacco c’è la certezza che torneremo nuovamente a
vederci, probabilmente in qualche incontro degli hogares.
Har baje
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