domenica 18 ottobre 2015

La mia testimonianza alla Veglia missionaria diocesana

Oggi è la Giornata Mondiale Missionaria: ieri a Mestre c'è stata la veglia organizzata dall'Ufficio Missionario del Patriarcato di Venezia per questa importante ricorrenza, durante la quale mi è stato chiesto di portare la mia testimonianza ed ho rinnovato il mandato missionario per altri tre anni. Voglio ringraziare coloro che mi hanno dato questa possibilità ed hanno partecipato alla serata, facendomi sentire che mi sono vicini in questa mia scelta.
Di seguito condivido con tutti voi il testo del mio intervento, in cui ho cercato di esprimere cosa significano per me questi anni in Bolivia: buona lettura!

"E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
Il Vangelo di Marco mi ha riaccolto a casa in questo modo… Parole che sembrano rivolte a me ed hanno un sapore particolare: da quasi tre anni opero in un hogar, in una casa di accoglienza per ragazzi dai 6 ai 15 anni di età nei pressi di Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia. Non sono dei fanciulli “normali”: sono orfani, abbandonati subito dopo la nascita, trovati in mezzo alla strada, violentati, sfruttati, bersagli inconsapevoli dell’alcol e della violenza dentro le mura di casa, vittime innocenti di quella povertà economica che non permette ai genitori di provvedere a loro. In molte foto in cui li ho immortalati si vedono che sono felici, contenti ma è soltanto un’apparenza: nei loro occhi si intravede e si può leggere la tristezza che hanno nel cuore, la paura e spesso la sfiducia, la diffidenza nei confronti di tutto ciò che gli sta intorno, spesso motivata dal fatto che coloro che per primi dovevano proteggerli, i genitori o i parenti, sono stati purtroppo anche i primi a tradirli. 
Mi è capitato spesso di vederli seduti in disparte o piangere ed è in quei momenti che vedo Gesù in loro, che mi dice di accogliergli, di farmi loro vicino anche se non è semplice, di farmi Suo strumento: ecco che molte volte mi ritrovo accanto al fanciullo senza dire niente, aspetto solo che si sia tranquillizzato, offrendo una spalla a cui aggrapparsi, cercando di fargli capire che sono lì per lui e non importa se ci siano tante faccende da sbrigare, mi trovo lì perchè lui per me è importante e viene prima di qualsiasi altra cosa. Quello che conta veramente è dargli fiducia, fargli sapere che voglio rendermi partecipe di quei brutti istanti che sta vivendo… Grazie a loro ho capito che essere missionari non significa fare qualcosa per i più bisognosi ma vuol dire condividere non soltanto i momenti brutti ma anche quelli belli: capita così di piangere assieme come di ridere insieme, di mettere in ogni occasione del mio ricevendo altrettanto e capisci che è questa la strada da seguire. Ho iniziato a comprendere che amare il prossimo come se stessi significa immedesimarsi nel prossimo e chiedersi cosa vorresti e come desidereresti essere trattato se mi trovassi nei suoi panni, mettendo l’altro sul mio stesso piano se non ad un livello più alto. 
Quando vedo un bambino che sta male, si isola dagli altri o trema per il freddo non posso fare finta di niente perché il suo problema diventa anche il mio: anche se a volte sono stanco per la giornata non riesco a tirarmi indietro e mi ritrovo in infermeria, a cercare di capire il motivo di quel comportamento o gli dò una mia felpa, perché in quel momento serve più a lui che a me. Ammetto che a volte esagero perché mi occupo un po’ di tutto e non mi risparmio: li curo, gli taglio i capelli, aiuto in cucina, mi occupo della manutenzione della struttura, mi capita di fare il guardiano notturno, sto realizzando un orto grazie al loro aiuto, gioisco per un loro bel voto a scuola e li rimprovero quando ne hanno preso uno brutto e per qualche marachella, li abbraccio quando vedo che ne hanno assoluto bisogno, divento il loro confidente, gioco e mi diverto con loro… Sono il primo a sporcarmi le mani ad esempio quando l’ingresso si riempie di acqua per la pioggia o c’è da rimboccarsi le maniche perché ho capito che gli sono d’esempio e non posso chiedere a nessuno di far qualcosa se non sono il primo a farlo…Mi sono ritrovato a fare cose che non avrei mai pensato di fare come preparare una pizza o gli gnocchi per tutti i piccoli ospiti della struttura oppure ad esibirmi in un ballo soltanto perché ci tenevano. Capita che lo stesso personale mi dica di rallentare, di tirare un po’ il fiato e tra me dico che hanno ragione ma come faccio? Sono dei miei piccoli fratelli che hanno bisogno di qualcuno che gli dia fiducia ed affetto ed il Signore mi ha scelto come Suo strumento per esprimergli il Suo amore: a volte non è affatto semplice, perché sono più di una sessantina ed ognuno ha i suoi bisogni ed esigenze e non si ha tempo per tutti, ma l’importante è non arrendersi, non perdere la speranza perché non si è mai da soli, Dio ci fa incontrare molte persone che ci aiutano durante il cammino ed anche nei momenti più difficili ci manda un segnale, come ad esempio quella volta che ci mancavano delle ciabatte per i ragazzi e ci è arrivata inaspettatamente una donazione di infradito. 
Le soddisfazioni poi non mancano mai: quando riesco a strappare un sorriso o una risata ad un bambino, ricevo da lui un grazie inaspettato o sono il primo che cerca per dare una bella notizia c’è solo da essere soddisfatto perché cominciano ad avere fiducia in me, a capire che non tutti i grandi sono come quelli che hanno conosciuto in passato. Questi piccoli segni stanno ad indicare che sto seminando bene e ringrazio per aver avuto la possibilità di intraprendere questa strada, arrivando ogni sera contento perché anche quel giorno sono riuscito a dare il mio contributo, a regalare un po’ di me agli altri. 

Har baje

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1 commento:

  1. È davvero una testimonianza bellissima, che ti riempie il cuore di gioia .....si percepisce che dai perché hai innanzitutto incontrato e ricevuto a tua volta tanto Amore, quello con la A maiuscola! Il Signore continui a mostrarti e ad illuminarti la strada. Buon cammino.
    Antonella, S. Nicolò di Mira

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