giovedì 11 giugno 2015

A scuola di condivisione

Vi ricordate di Vila Warnes? Di questo villaggio o meglio di questo barrio, come lo chiamano qui, ne avevo già parlato in dicembre (per rinfrescarvi la memoria cliccate qui) per una serie di aiuti che avevamo portato: da allora il ricordo di quell'esperienza e di quanto visto mi hanno accompagnato e portato a chiedermi cosa potevo fare.
L’immagine di così tanti bambini, circa 500 secondo alcune voci che circolano da queste parti, che vengono lasciati a sé stessi dai genitori perché vanno a lavorare tutto il giorno in città, in cui i più grandi si occupano dei più piccoli e dove le case spesso sono molto modeste e il più delle volte sono delle baracche costruite alla buona, mi ha lasciato qualcosa dentro e non riuscivo in alcuna maniera a scrollarmela di dosso: dovevo trovare un metodo, una via per poterli aiutare perché vedendoli sporchi e coi vestiti rattoppati sapevo che avevano bisogno di aiuto anche se non me l’avevano chiesto, era stato il loro sguardo a dirmelo. Qualcuno mi potrebbe chiedere perché mai dovrei preoccuparmi anche di questa realtà visto che con l’hogar ho più di qualche grattacapo ed il mio bel daffare: semplicemente perché non posso chiudere gli occhi davanti a dei fratelli bisognosi, accampando pure la scusa che già sto facendo qualcosa per i più deboli, in quanto sarebbe un’offesa a ciò che credo ed a ciò che sto imparando da quest’esperienza.
Consapevole di non essere in grado di dare lo stesso apporto dell’hogar e che al momento il mio essere vicino agli abitanti di quel villaggio poteva essere solamente materiale, ho cercato di farmi aiutare in questo mio intento: ho parlato con Liliana e le ho confessato questo mio desiderio. Le ho detto che volevo comprare i giocattoli che avevo selezionato per la kermesse e che erano avanzati e lei, prima di accettare, mi ha chiesto il motivo: la mia risposta l’ha colpita perché con questo gesto volevo regalare, anche se per poco tempo, un sorriso a quei bambini che avevo visto in dicembre; inoltre avrei rimpinguato le casse dell’hogar, così avrei preso due piccioni con una fava. L’ho anche coinvolta facendole capire che i sacchi di cacao che ci avevano donato un anno fa non li utilizzavamo e rischiavano di andare a male: in un batter d’occhio ha capito che potevano servire alla gente di Vila Warnes, l’unica cosa è che si dovevano fare tanti sacchetti in modo che ciascuno ne potesse avere uno… ed è qui che entrano in scena i ragazzi che hanno fatto un bellissimo lavoro. Quando il tutto era pronto, Liliana mi dice di portare anche varie borse di vestiti che ci erano stati donati e che, visto che il deposito era pieno, era meglio darla a chi sicuramente l’avrebbe usata: praticamente una parte della generosità che avevamo ricevuto stavamo condividendola con altra gente bisognosa!
Ho voluto che 4 ragazzi venissero con me e don Claudio a Vila Warnes per distribuire quanto si era deciso di donare: la mia intenzione era di renderli protagonisti di questo e di fargli prendere coscienza che fuori del nostro centro ci sono delle realtà molto povere che necessitano di una mano.
Una volta arrivati, al suono della campana della piazza del barrio ecco che cominciano ad arrivare bambini da tutti i lati: mi ha colpito molto colpito vedere che c’erano bimbi di 6/8 anni che accompagnavano i fratellini più piccoli, ho in mente soprattutto l’immagine di un maschietto di 5 anni che teneva a braccetto la sorellina di 3 e la portava in prossimità della camionetta. La distribuzione di quanto avevamo portato ci ha portato qualche problema: la gente, nel vedere che stavamo regalando un po’ di tutto, cercava di accaparrarsi il più possibile, soltanto con l’aiuto di qualcuno del posto siamo riusciti a far sì che tutti avessero ricevuto qualcosa e questo è stato motivo di soddisfazione mia e dei ragazzi.
Al nostro ritorno in molti mi hanno chiesto il motivo di questo gesto e la risposta è stata molto semplice: visto che la Provvidenza ci ha aiutato ed abbiamo ricevuto in abbondanza, perché non condividere parte di questa fortuna con chi non l’ha avuta e che si trova in difficoltà? Anche se siamo i primi ad avere qualche problema ciò non implica che dobbiamo chiuderci in sé stessi e nell’egoismo ma dobbiamo essere sempre aperti all’altro mettendo in comune anche quel poco che si ha.
Har baje

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1 commento:

  1. Ehi marco. ....cavoli che lezione. ....il tuo racconto è arrivato al cuore come una spada. ...con la semplicità che ti contraddistingue ci hai dimostrato come si può ( e si divrebbe) vivere il Vangelo nella quotidianità. Grazie Marco, il Signore ti sostenga sempre e ti continui a donare un cuore grande che arde di amore per i fratelli.
    Antonella, mira

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