martedì 17 settembre 2013

E vengono da me...

Più passa il tempo, più i bambini si stanno affezionando a me e, volente o nolente, sto diventando per loro un punto di riferimento importante: quando tornano dalla scuola con un bel voto, mi vengono subito a cercare per dirmelo; quando non stanno bene o si son fatti male non vanno dall'educatore o dall'infermiera ma dal sottoscritto, anche se non ho alcuna conoscenza medica per curarli (a volte rimpiango di non aver fatto un corso di pronto soccorso); quando mi vedono lavorare si avvicinano chiedendomi se possono essere d'aiuto, per poter così passare un po' di tempo in mia compagnia.
Ciò penso sia dovuto al fatto che ogni giorno mi preoccupo di loro, guardando ad esempio che si vestano bene quando fa freddo e che non facciano qualcosa di pericoloso, ci gioco insieme e cerco di interessarmi a quello che fanno.
Questa settimana ci sono stati due avvenimenti che avvalorano ciò. Il primo riguarda Luis, di quasi 13 anni, che ha vissuto in strada, in alcuni momenti sta un po' sulle sue, non vuole andare a scuola e per questo motivo fa da portinaio dell'hogar: da qualche giorno, appena mi vede un sorriso gli illumina il volto, mi viene incontro con le braccia aperte e poi mi stringe forte forte dicendomi che non vuole lasciarmi. E' un segnale di mancanza di affetto e mi piace il fatto che sia l'unico a ricevere questo trattamento perchè significa che, col mio essere me stesso, sono riuscito ad entrare in sintonia con lui ed ad essergli amico.
L'altro episodio ha come protagonista Juan Carlos, di 10 anni e presunta vittima di abuso, che quando si intestardisce non c'è niente che lo riesca a smuovere: stavo facendo delle fotocopie quando con la coda dell'occhio lo vedo avvicinarsi alla finestra. Faccio finta di niente ma quando lo sento pronunciare il mio nome singhiozzando, abbandono quanto stavo sbrigando per andare a sincerarmi subito del motivo per cui mi aveva chiamato: oltretutto in quel momento non doveva nemmeno trovarsi lì ma in passeggiata con i suoi compagni. Tra una lacrima e l'altra mi dice che qualcuno dei ragazzi più grandi lo aveva afferrato e spinto per terra più volte senza alcun motivo: aveva provato a dirlo all'educatore senza risultato e perciò era tornato in hogar per cercarmi e riferirmi quanto gli era capitato. In quel momento aveva riposto tutta la sua fiducia in me ed io non potevo certo tradirla: più tardi ho parlato con i presunti colpevoli, cercando di capire il perchè del loro gesto, e ho riferito la cosa a Liliana. Nel frattempo ho tranquillizzato Juan Carlos e, una volta che si trovava a suo agio, gli ho proposto di giocare a basket e lui ha accettato con entusiasmo: ciò mi convince ancor di più che la mia presenza qui non è soltanto di sorvegliare ed accudire dei fanciulli ma di essere soprattutto un loro amico e confidente, capace di ridere e piangere con loro, di ascoltarli ed aiutarli quando sono difficoltà e di essere presente quando ne hanno bisogno, cercando di non tradire mai quella fiducia che mi hanno accordato.

Har baje

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1 commento:

  1. A volte basta davvero un po' di attenzione a migliorare le cose :-)
    Bravo Marco!

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