domenica 9 agosto 2020

Retrogusto amaro

Ormai sono passato così spesso per questi momenti che ne ho perso il conto: quanti fanciulli ho visto crescere e poi varcare quei cancelli per l'ultima volta! In quegli istanti ho provato sentimenti spesso contrastanti tra loro ma accomunati dalla speranza che si trattasse più di un arrivederci che di un addio vero e proprio e dalla preoccupazione di cosa potrà riservare loro il futuro perchè col tempo trascorso insieme ho imparato a conoscerli, con tutti i loro pregi e difetti, e sono diventati una parte di me a cui non posso che volere bene. Gli abbracci, le lacrime, quei sorrisi con cui a volte cercavano di camuffare in modo maldestro quello che stavano provando in quegli attimi, gli sguardi che esprimevano tutta la loro paura ed inquietudine e tante altre cose ancora sono ben impressi nella mia testa ma non sempre è andata bene, ci sono state occasioni che mi hanno lasciato un poco di amaro in bocca.
Succede e mi è capitato nuovamente qualche giorno fa: dicono che fa parte della vita di un hogar ma non per questo risulta facile abituarsi, l'unica cosa capace di consolare è la consapevolezza di aver fatto tutto il possibile per aiutare questi ragazzi nel periodo in cui mi è stato permesso di camminare assieme a loro. 
Si trattava di una mattinata tutto sommato tranquilla e quel suono del campanello è stato il segnale di qualcosa che sapeva di sorpresa: corro ad aprire, in lontananza vedo due figure femminili, le saluto e solo a qualche passo ne riconosco una: era la ragazza che avevamo mandato provvisoriamente dallo zio nel tentativo di farla riflettere su alcuni atteggiamenti e in qualche modo farle recuperare la serenità perduta. Ha da poco compiuto 18 anni, età per cui lo Stato la reputa non più bisognosa d'aiuto ed in compagnia del centro si libera di  qualsiasi obbligo nei suoi confronti. Mi saluta e con una certa freddezza mi dice che è venuta a ritirare le sue cose: parole che mi gelano il sangue, non riesco a capacitarmi che la sua storia qui finisse in questo modo. La faccio entrare, la disinfetto e chiedo all'assistente sociale di occuparsene mentre ritorno a quanto stavo facendo, anche se ormai non riesco a pensare ad altro: non riesco a capacitarmi di questo epilogo, provo un grande dispiacere perchè tutti qui hanno cercato di darle sostegno, personalmente mi preoccupavo di alcuni aspetti della sua salute mentre negli ultimi tempi Liliana si è prodigata molto per lei, purtroppo però tutto questo sembra che non sia servito a molto. Ha cominciato a trascurarsi ed il suo modo di comportarsi ha iniziato lentamente a peggiorare, si vedeva più nervosa e la cosa mi rattristrava, soprattutto perchè si era fatta notare per la sua volontà di superarsi, di andare oltre i propri limiti e di impegnarsi fino in fondo per farlo. Forse è rimasta vittima di quei fantasmi del passato diventati troppo grandi da affrontare da sola e che per noi risultano difficili da combattere, complice l'assenza di persone specializzate: abbiamo fatto del nostro meglio, mettendoci tutto l'amore possibile ma è risultato vano perchè ormai non voleva nemmeno più afferrare la mano che gli stavamo tendendo. La sensazione di impotenza è grande e mi fa aprire gli occhi sulla realtà che vivo quotidianamente: questi centri sono da applaudire per quanto fanno per tanti giovani che altrimenti sarebbero lasciati a loro stessi ma allo stesso tempo hanno un limite, rappresentato dal numero di ospiti che accolgono e che non permette di dare un appoggio adeguato a tutti... Sia chiaro: questo non è uno sputare nel piatto dove mangio ogni giorno ma soltanto un'amara constatazione visto che ogni giorno si cerca di ottenere il massimo con le poche risorse a disposizione e non sempre si possono fare miracoli. 
La ragazza è tornata una seconda volta per prendere il resto delle cose che aveva lasciato: ancora una volta mi ha colpito la sua freddezza ed il tono della sua voce, avvertivo come una certa rabbia nei miei confronti. Avevo voglia di chiederle come sta andando, di scambiare qualche parola con lei ma quell'atteggiamento mi ha fatto passare la voglia: è un limite mio, quando vedo qualcuno che proprio non ha voglia di parlare o mostra un'aria distaccata dopo un po' mi allontano perchè intuisco che non c'è proprio verso di iniziarci un discorso. Se n'è andata senza salutare, non so quanti dei ragazzi si siano congedati da lei perchè posso contare sulle dita di una mano quanti le si sono avvicinati: mi dispiace che il suo cammino qui sia finito in questo modo, mi rinfranca però l'avercela messa tutta per aiutarla e per questo non ho niente da rimproverarmi. Certo qualcosa poteva essere fatta meglio ma ormai è andata così e non si può tornare indietro: ora posso solo augurarle il meglio per il futuro, sperando sia il più roseo possibile.
Har baje

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