Grazie ai tanti incontri di questi
giorni, che mi permettono di raccontare la mia esperienza e la vita
dei ragazzi, posso tracciare un piccolo bilancio sull'ultimo periodo
trascorso in Bolivia, tutt'altro che semplice rispetto a quanto
pensassi visto che davo quasi per scontato il poter vivere di
“rendita” dopo quanto passato negli anni precedenti. Mi son
sbagliato di grosso perchè questo periodo in hogar è stato molto
più intenso e complicato rispetto ai precedenti per una serie di
fattori: avere più esperienza ha significato avere più
responsabilità; le difficoltà economiche e la riduzione degli aiuti
che si ricevono; il dare maggior appoggio i ragazzi nella loro
crescita, sentendomi a volte inadeguato ed andando in difficoltà per
non riuscire a comprendere quale sia il miglior modo di rapportarsi
con loro; il dover spesso concentrarmi sulla manutenzione della
struttura a discapito dei fanciulli, che sono il vero motivo della
mia presenza lì... E non va dimenticato il periodo di crisi che ho
vissuto e mi ha messo duramente alla prova.
Non tutto è stato negativo perchè ciò
mi ha aiutato a crescere come persona ed a conoscere meglio la realtà
che mi circonda: il portare più volte i ragazzi al poliambulatorio o
all'ospedale mi ha permesso di capire quanto il sistema sanitario
pubblico sia precario ed incapace di rispondere ai bisogni della
gente per cui chi ha i soldi (e sono in pochi) preferisce il privato;
il camminare per la città mi ha fatto scoprire il fenomeno dei
ragazzi di strada, che ho notato in crescita rispetto al passato o
forse è soltanto un'impressione visto che da poco ho aperto gli
occhi su questo tema; il dover rinunciare o rimandare certi progetti
ed il non poter rispondere a certe necessità per i bambini mi ha
fatto notare ancora una volta quanto sia difficile far quadrare i
conti e cercare di sfruttare al meglio le poche risorse a
disposizione; l'essere in difficoltà mi ha fatto capire quanto sia
importante avere qualcuno che ti sostenga e ti sproni, ammettere che
ci sono occasioni in cui non ce la si può fare da soli ma è
necessario l'aiuto altrui e soprattutto che essere famiglia non è
questione di sangue ma di prendersi cura gli uni degli altri
vicendevolmente.
Ci si rimbocca le maniche, cercando di
ricavare il massimo da quello che si possiede, e ci si mette a
disposizione di qualsiasi cosa, anche se a volte non è proprio
piacevole, soltanto perchè è la sola cosa giusta da fare, perchè vale la pena mettersi in gioco ogni giorno per quei fanciulli a cui
la vita finora ha riservato solo amarezze e che spesso non hanno
nessuno a cui affidarsi. Le soddisfazioni più belle sono legate
proprio a loro: quando ero giù sono venuti a rincuorarmi; si sono
spesso confidati per avere un consiglio o per vincere una loro paura;
mi hanno cercato quando piangevano o quando volevano qualcuno con cui
parlare ma soprattutto hanno deciso di avere fiducia in me e non è
cosa da poco poichè, prima di venire nel centro in cui vivono,
spesso il comportamento dei loro genitori e dei familiari li ha
portati a non fidarsi dei grandi. Ho condiviso tantissimo con loro
quest'anno soprattutto gioie, sogni, risate ma anche lacrime, il
gioco (quante partite a basket e a scacchi che ho fatto!) e qualche
lavoretto: l'orto, per il quale ho voluto premiare gli sforzi dei
miei piccoli aiutanti sebbene quest'anno non abbia prodotto molto; il
taglio degli alberi; il contributo dato in cucina e nel portare a
casa qualche donazione; l'imbiancare; il montare i letti nuovi....
Tutte cose che ci fanno sentire famiglia e che sensazione di gioia e
tenerezza quando di ritorno dalla scuola mi cercano per dirmi del bel
voto preso oppure quando le più piccole ogni tanto mi vengo incontro
urlandomi “Papi”!
Dove trovo la forza per andare avanti?
Sicuramente nei sorrisi dei ragazzi, nel clima di complicità che a
volte riusciamo a creare ma anche nella Provvidenza che non mi
abbandona mai, si fa vedere quando sembra non esserci soluzioni e
ti/ci avvolge in tutto l'amore di cui è capace; nella mia fede che
non posso nascondere perchè parte di me e quindi non posso negare; è
in Dio, è in Gesù che spesso non sento ma Lo vedo in quei piccoli
volti e mi dice di aiutarlo, di farmi suo strumento affinchè le sue
mani possano consolare, accarezzare, far rialzare e camminare chi ha
avuto soltanto amarezze nella vita.
Har baje
Caro marco... quanta delicatezza e sensibilità in quello che racconti! Il finale davvero riempie e travolge il cuore!
RispondiEliminaAntonella, san Nicolò, mira