Quest'ultima settimana sono successe tante cose che mi hanno spinto a riflettere ed a rispolverare un incontro con un vecchio amico avvenuto prima della mia partenza per Santa Cruz: il ricordo di quanto mi ha detto in quell'occasione mi ha rinfrancato e dato maggior convinzione su quanto sto facendo soprattutto per fatti legati ad Jaime, ad un nuovo arrivo e al “Dia del niňo”.
Col passare del tempo ho potuto conoscere meglio Jaime, scoprendone la grande vivacità che deve essere in qualche modo frenata tramite l'assunzione di due diversi farmaci che, oltre ad essere cari, non sono facilmente reperibili. L'idea non è che mi piaccia molto ma il bambino è imprevedibile, non sai mai cosa può fare da un momento all'altro: a momenti di relativa tranquillità passa ad infastidire tutti gli altri ragazzi, a volte insultandoli pesantemente, o a fare qualcosa di inaspettato come salire sul tetto della scuola. Il medico che lo ha in cura dice che il trattamento è necessario altrimenti Jaime si comporterebbe peggio. Gestirlo rappresenta una difficoltà: quando si butta per terra e/o non ne vuole sapere di fare qualcosa, facendo molto chiasso, bisogna parlargli con affetto ed avere molta pazienza ma ciò a volte non è possibile per il numero degli ospiti presenti nella struttura; ha bisogno di un'attenzione particolare, di una persona tutta per lui e qui purtroppo la cosa non è fattibile. In casi come il suo e in altri ben più peggiori si avverte la mancanza di strutture adatte: le pochissime esistenti sono già colme, ne esistono di private con costi talmente elevati che dubito che siano in molti a poterseli permettere. Di fronte a questo mi sento impotente perchè dare quanto mi è possibile non basta: non ho le conoscenze adatte per affrontare questa situazione, l'unica cosa che posso fare è cercare di aver pazienza con Jaime quando è in uno dei suoi momenti no offrendogli affetto ed attenzione, facendomi guidare da quello che il cuore mi dice di fare nella consapevolezza dei miei limiti in materia.
In settimana abbiamo avuto un nuovo arrivo: un caso molto difficile, ogni volta che leggo il fascicolo che lo riguarda ne rimango inorridito. Si tratta di un abuso sessuale perpetrato dal padre per anni e mi chiedo come sia possibile questo: come un genitore può arrivare a far del male ai propri figli, che son sangue del proprio sangue? Come sono possibili situazioni come queste? Che fare quando ci si imbatte in una di queste? Son domande che non possono trovare una facile risposta, la ferita procurata è indelebile e si può solamente cercare di renderla meno pesante: non esiste ricetta, si può offrire la propria presenza, il proprio interesse, il dire “io sono qui per te” sapendo che è necessario tempo e non è detto che questo porti a qualche risultato.
Sabato si è celebrato il “Dia del niňo”, giornata che pone l'accento sul benessere e sui diritti dei fanciulli: qui è una festa un po' contradditoria perchè sono molti i minori sfruttati, abusati, abbandonati e che vivono per strada. Per un giorno dell'anno sembra che si faccia a gara per fare felici questi ragazzi: non che la cosa mi dispiaccia, ma mi piacerebbe vedere più spesso questa voglia di fare qualcosa per loro ma forse è pretendere troppo... Meglio prendere quello che viene e non rammaricarsi troppo per occasioni mancate: l'importante è vedere i bambini divertirsi per qualche istante!
Queste situazioni mi hanno portato a ricordare le parole che mi regalò l'amico di cui accennavo all'inizio: prudenza, giustizia e fortezza. Prudenza perchè immerso in una realtà diversa dalla nostra e devo ascoltare più di una voce per capire cosa è meglio fare, valutando attentamente a chi dare fiducia e quale sia la migliore decisione da prendere: se prendessi l'iniziativa pensando di essere in Italia non sarebbe corretto e si rischierei di fare più danni che resto, meglio ascoltare chi vive qui ed ha più esperienza in materia. Giustizia perchè voglio dare a questi ragazzi ciò di cui necessitano e cerco di agire per il loro bene: a volte non è facile perchè mi rendo conto di essere limitato, anche se cerco di dare il meglio di me, ma quanto faccio si completa con l'azione degli altri, che si manifesta in molteplici modi. Fortezza perchè ci sono momenti in cui viene la voglia di mollare tutto, emergono ostacoli e la strada sembra tutta in salita: nonostante tutto, continuo imperterrito nel cammino perchè so che è la cosa giusta da fare, so che non sono perfetto ma per qualcuno il mio essere qui può fare la differenza.
A fare da collante al tutto è la fede nel Signore, che mi ha chiamato a prendermi cura di questi miei piccoli fratelli e sempre mi accompagna, a volte indirettamente attraverso persone che ho incrociato, incrocio ed incrocierò lungo il cammino. E' Lui che mi dà la spinta giusta nei momenti di sconforto o di pigrizia facendomi ricordare che amare il prossimo come sé stessi rende liberi ed appaga più di qualsiasi altra cosa, sebbene non sia facilmente praticabile perchè significa accettare l'altro nella sua interezza e nelle sue diversità, che ci arricchiscono e ci completano.
Har baje
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