“Marco, hai da fare?” mi dice
Liliana, non appena arriva nel tardo pomeriggio. Le dico che dovrei
far eseguire degli esercizi di fisioterapia ad una bambina (e sì in casi
di emergenza bisogna sapersi reinventare) ma avrei potuto
posticiparli senza problemi: c'era da andare a prendere una donazione
e, non sapendo il quantitativo, era meglio andare in due.
La cosa non mi convinceva molto perchè
il coprifuoco era già in vigore, in più la città era
militarizzata: in effetti un po' di preoccupazione e di paura ce li
avevo. Confido queste sensazioni a Liliana che è visibilmente tesa
ma non ci resta che andare, è per i ragazzi e poi chissà quando
avremo di nuovo la possibilità di ricevere qualcosa. All'uscita verso la
strada principale ci fermano solamente per disinfettare la camionetta
mentre ai successivi blocchi i soldati ci salutano e fanno cenno di
proseguire: tiriamo un respiro di sollievo, il Cielo è dalla nostra
parte. E' la prima volta che vado a Santa Cruz da quando hanno
proclamato l'emergenza e tutto appare così desolante: non c'è nessuno
in giro, salvo rarissimi pedoni e pochi camion e veicoli,
l'impressione che ho è che sia peggio del paro indefinido. Credo sia stata proprio questa atmosfera così irreale a permettermi di intravedere dal finestrino una figura completamente avvolta da stracci
che piano piano si stava alzando dal suolo, prendeva le sue cose e
sembrava mettersi in cammino: era un uomo, probabilmente un senza
dimora! La sua vista mi ha colto di sorpresa, mi ha colpito così
tanto che non l'ho potuta dimenticare per il resto del tragitto che
ci avrebbe portato a ricevere il donativo. In cuor mio sapevo che
quel personaggio aveva bisogno di aiuto e confesso i miei pensieri a
Liliana che sembrava avermi letto nel pensiero: decidiamo di dargli
qualcosa nel caso lo avessi incrociato al ritorno.
Quando arriviamo al luogo concordato,
dobbiamo aspettare un bel po' l'arrivo del veicolo dell'autorità
pubblica e la cosa ci snerva perchè non vorremmo tornare
all'imbrunire e soprattutto non vorremmo rischiare di dover
giustificare il fatto di essere lì a quell'ora ad una pattuglia della
polizia. Giunge la camionetta, vedo che c'è un bel po' di roba nel
portabagagli ma con stupore ci consegnano solo due dozzine di bottiglie di
yogurt... E' già qualcosa, mi dico anche se inizialmente rimango
deluso, e comunque è sempre meglio di niente.
Si fa ritorno a casa, soddisfatti di non presentarsi a mani vuote, e ci avviciniamo al punto dove avevo
visto quel personaggio: ci vogliamo fermare, Liliana rallenta ma
sembra sparito! Impossibile, non può essere svanito nel nulla! Ed
infatti si trova più avanti, il suo passo è molto lento e sembra zoppicare: non è alto, se
raggiunge il metro e mezzo è già tanto, ed è abbastanza robusto.
Il suo corpo è interamente avvolto da quelli che mi viene da
definire come stracci più che vestiti, tra l'altro sudici e pieni di buchi: mentre ci fermiamo qualche metro più avanti riesco a
incrociare il suo sguardo, nascosto sotto una spessa coltre di indumenti
dall'apparenza ormai logori. Scendo dall'auto, prendo due bottiglie
di yogurt, so che ne ha più bisogno lui che noi, e, nonostante
un'esitazione iniziale dovuta ad un po' di paura e dall'impatto avuto
nel vederlo da più vicino, decido di avvicinarmi a lui. Mi accorgo che si appoggia ad un bastone mentre tutti i suoi averi gli
penzolano davanti e sulla schiena; noto i suoi occhi chiari ed
arrossati, non so se per la stanchezza o perchè sotto l'effetto
di qualche sostanza, da cui traspare una profonda ed infinita tristezza; posso ascoltare la sua voce affannata che si fa strada tra quelle bende sporche; scorgo
qualche ciocca di capello arricciata ed argentata... “Questi sono
per te” gli dico mentre gli porgo i due contenitori. Mi farfuglia
qualcosa che non riesco a comprendere ma alla fine capisco, vuole che
glieli lasci per terra. Resta immobile, non so se sia più sorpreso o allarmato dalla nostra presenza. Liliana gli chiede “dove abiti?”
e lui ribatte “solo Dio lo sa”. Subito gli domanda “come ti
chiami?”, di nuovo le risponde “solo Dio lo sa”. Rimaniamo letteralmente spiazzati da queste due sue battute così decidiamo di non insistere ulteriormente e di salire in
macchina per tornare all'hogar mentre questa figura misteriosa rimane lì immobile, sembra fissarci ed aspettare che ce ne andassimo per afferrare le due bottiglie e
riprendere poi il cammino. Prima però non manca di ringraziarci e questo
dà un senso a tutto, ad una situazione che davvero mi sembrava surreale sotto ogni aspetto. Ripercorrendo il cammino verso il centro non riesco a dimenticare
quanto accaduto, nella mia mente ripenso ad ogni singolo momento e non posso fare a meno di sorridere e di sentirmi felice: ho appena incontrato Dio e Lui mi
ha aiutato a tirar fuori la mia parte migliore.
Har baje
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