Vi ricordate di Vila Warnes? Di questo villaggio o meglio di
questo barrio, come lo chiamano qui, ne avevo già parlato in dicembre (per
rinfrescarvi la memoria cliccate qui) per una serie di aiuti che avevamo
portato: da allora il ricordo di quell'esperienza e di quanto visto mi hanno
accompagnato e portato a chiedermi cosa potevo fare.
L’immagine di così tanti bambini, circa 500 secondo alcune
voci che circolano da queste parti, che vengono lasciati a sé stessi dai
genitori perché vanno a lavorare tutto il giorno in città, in cui i più grandi
si occupano dei più piccoli e dove le case spesso sono molto modeste e il più
delle volte sono delle baracche costruite alla buona, mi ha lasciato qualcosa
dentro e non riuscivo in alcuna maniera a scrollarmela di dosso: dovevo trovare
un metodo, una via per poterli aiutare perché vedendoli sporchi e coi vestiti
rattoppati sapevo che avevano bisogno di aiuto anche se non me l’avevano
chiesto, era stato il loro sguardo a dirmelo. Qualcuno mi potrebbe chiedere perché
mai dovrei preoccuparmi anche di questa realtà visto che con l’hogar ho più di
qualche grattacapo ed il mio bel daffare: semplicemente perché non posso chiudere
gli occhi davanti a dei fratelli bisognosi, accampando pure la scusa che già
sto facendo qualcosa per i più deboli, in quanto sarebbe un’offesa a ciò che
credo ed a ciò che sto imparando da quest’esperienza.
Consapevole di non essere in grado di dare lo stesso apporto
dell’hogar e che al momento il mio essere vicino agli abitanti di quel
villaggio poteva essere solamente materiale, ho cercato di farmi aiutare in
questo mio intento: ho parlato con Liliana e le ho confessato questo mio
desiderio. Le ho detto che volevo comprare i giocattoli che avevo selezionato
per la kermesse e che erano avanzati e lei, prima di accettare, mi ha chiesto
il motivo: la mia risposta l’ha colpita perché con questo gesto volevo
regalare, anche se per poco tempo, un sorriso a quei bambini che avevo visto in
dicembre; inoltre avrei rimpinguato le casse dell’hogar, così avrei preso due piccioni
con una fava. L’ho anche coinvolta facendole capire che i sacchi di cacao che
ci avevano donato un anno fa non li utilizzavamo e rischiavano di andare a
male: in un batter d’occhio ha capito che potevano servire alla gente di Vila
Warnes, l’unica cosa è che si dovevano fare tanti sacchetti in modo che
ciascuno ne potesse avere uno… ed è qui che entrano in scena i ragazzi che
hanno fatto un bellissimo lavoro. Quando il tutto era pronto, Liliana mi dice
di portare anche varie borse di vestiti che ci erano stati donati e che, visto
che il deposito era pieno, era meglio darla a chi sicuramente l’avrebbe usata:
praticamente una parte della generosità che avevamo ricevuto stavamo
condividendola con altra gente bisognosa!
Ho voluto che 4 ragazzi venissero con me e don Claudio a Vila
Warnes per distribuire quanto si era deciso di donare: la mia intenzione era di
renderli protagonisti di questo e di fargli prendere coscienza che fuori del
nostro centro ci sono delle realtà molto povere che necessitano di una mano.
Una volta arrivati, al suono della campana della piazza del
barrio ecco che cominciano ad arrivare bambini da tutti i lati: mi ha colpito molto
colpito vedere che c’erano bimbi di 6/8 anni che accompagnavano i fratellini
più piccoli, ho in mente soprattutto l’immagine di un maschietto di 5 anni che
teneva a braccetto la sorellina di 3 e la portava in prossimità della
camionetta. La distribuzione di quanto avevamo portato ci ha portato qualche
problema: la gente, nel vedere che stavamo regalando un po’ di tutto, cercava
di accaparrarsi il più possibile, soltanto con l’aiuto di qualcuno del posto
siamo riusciti a far sì che tutti avessero ricevuto qualcosa e questo è stato
motivo di soddisfazione mia e dei ragazzi.
Al nostro ritorno in molti mi hanno chiesto il motivo di
questo gesto e la risposta è stata molto semplice: visto che la Provvidenza ci
ha aiutato ed abbiamo ricevuto in abbondanza, perché non condividere parte di
questa fortuna con chi non l’ha avuta e che si trova in difficoltà? Anche se
siamo i primi ad avere qualche problema ciò non implica che dobbiamo chiuderci
in sé stessi e nell’egoismo ma dobbiamo essere sempre aperti all’altro mettendo in comune anche quel poco che si ha.
Har baje
Ehi marco. ....cavoli che lezione. ....il tuo racconto è arrivato al cuore come una spada. ...con la semplicità che ti contraddistingue ci hai dimostrato come si può ( e si divrebbe) vivere il Vangelo nella quotidianità. Grazie Marco, il Signore ti sostenga sempre e ti continui a donare un cuore grande che arde di amore per i fratelli.
RispondiEliminaAntonella, mira