L'altro giorno me ne stavo tranquillo in cucina quando mi chiamano dicendomi che c'era un uomo che voleva parlarmi: esco subito e mi trovo un signore sui quarant'anni che molto timidamente mi dice che vorrebbe parlare con me per una questione delicata. Siccome ha esordito dandomi del padre, che in spagnolo significa prete, ho preferito subito eliminare l'equivoco facendogli capire che ero solamente un volontario: nonostante ciò voleva assolutamente parlarmi per cui gli ho detto di aspettare qualche minuto, giusto il tempo di finire alcune cose al computer.
Dopo nemmeno 5 minuti, lo invito a seguirmi e lo faccio sedere nell'ufficio che dovrebbe essere del direttore e che utilizzo quotidianamente: ha lo sguardo triste e vedo che non sa da dove cominciare, gli leggo in faccia che vuole raccontarmi qualcosa di cui si vergogna. Mentre mi parla solo poche volte i suoi occhi incrociano i miei e, in quegli istanti, scorgo una disperazione ed una tristezza infinita.
Mi dice che vive in un hogar per persone adulte (ne avevo già sentito parlare ma mi son promesso di capire meglio in cosa consistano), dove ha la possibilità di frequentare diversi corsi, e che soffre di epilessia: durante il nostro colloquio mi sono accorto di qualche tic, che avevo inizialmente attribuito al fatto che in quel momento fosse nervoso.
Un paio di settimane fa, a seguito di violenti mal di testa, ha dovuto fare un encefalogramma molto costoso che ha portato alla scoperta di un tumore: mi ha fatto vedere i segni che portava in testa e mi diceva che ora non aveva più niente, anzi ora rischiava di perdere il posto all'hogar perchè la sua retta scadeva e non poteva pagarla. Era tormentato e necessitava di un aiuto, mi chiedeva se conoscevo un posto dove lo potevano assumere oppure qualcuno in grado di aiutarlo: impotente, gli ho risposto che purtroppo no, non ne ero a conoscenza essendo qui da pochi mesi ma lo potevo indirizzare ad un gruppo di suore che si trova a pochi isolati dall'hogar e che cerca di aiutare la gente in difficoltà.
Mi son dimenticato di dire che, durante la nostra chiaccherata, mi aveva consegnato una borsa che teneva fra le mani dicendomi che era per me: con curiosità l'ho aperta ed ho trovato alcuni portamonete in cuoio ricamati a mano, fatti da lui durante uno dei corsi che frequenta. Colpito del gesto e per metterlo a suo agio, gli faccio alcune domande su come ha realizzato quei lavoretti ma la vergogna ed il disagio che provava nel chiedere aiuto non si attenuavano.
Dopo aver parlato per un po' per capire meglio la sua situazione ed avergli fornito le indicazioni per trovare la casa delle suore, gli restituisco la borsa che mi aveva dato, dicendogli che con quei bellissimi portamonete poteva ricavarci qualcosima per togliersi dall'impaccio in cui si trovava, e lo faccio aspettare un secondo. Ritorno e gli metto nelle mani una piccola somma di denaro: non vi dico l'espressione di stupore che ha fatto! La malinconia e la tristezza del suo volto si erano un po' attenutati per questo piccolo gesto che per lui significava molto.
L'ho accompagnato fino al cancello e non smetteva di ringraziarmi, di stringermi la mano: si è congedato chiedendomi di ricordare sempre lui e sua figlia semnelle preghiere e mi ha promesso che avrebbe fatto altrettanto con me.
Anche questa è missione.
Har baje
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