Qualche giorno fa ci hanno portato
quattro fratelli, di cui uno solo è un maschietto: il loro arrivo
non era preventivato, si può dire che ci ha quasi colto di sorpresa
in quanto ci era stato annunciato soltanto con qualche ora di
preavviso, giusto il tempo che sarebbe servito al giudice per
decidere dove li avrebbe mandati. Non venivano da altri centri ma
direttamente dalla loro casa, una cosa che non accadeva da tempo, e
quando li ho visti ho subito provato una sorta di tenerezza nei loro
confronti: qualcuno piangeva, si tenevano stretti l'uno con gli altri
mentre dai loro occhi si intuiva che erano completamente spaesati,
impauriti ed a ragione visto che nel giro di poche ore le loro vite
sono state completamente stravolte.
Mi ha colpito l'età del più piccolo,
la stessa del mio nipotino, e forse è per questo che l'impatto è stato così forte: l'ho visto aggrappato alla maglietta della sorella più
grande e non voleva assolutamente separarsi da nessuna delle tre, mi
ripeto più volte in che razza di mondo viviamo visto che ad appena
quattro anni si ritrova in un centro e non con la propria mamma... A
pensarci bene nessuno dei ragazzi merita di stare lontano dalla
propria famiglia ma vedere questo piccolino qui mi ha messo addosso
una grande tristezza, mi ha davvero fatto interrogare sulla realtà
che mi circonda.
Avevamo la speranza che arrivassero con
la luce del giorno in modo che potessero vedere bene la loro nuova
casa ed invece, per dei contrattempi e per il protocollo covid, sono arrivati solamente verso l'imbrunire, non proprio la cosa
migliore soprattutto quando ci si ritrova catapultati in una realtà
totalmente differente a quella a cui si è abituati a vivere ogni
giorno e ci si arriva con il cuore colmo di incertezze, paura e
tristezza: già sarebbe difficile per un adulto, lascio immaginare
cosa possa provare un fanciullo in questa situazione! Non ci resta
che fare buon viso a cattivo gioco e cercare di dare il benvenuto
mettendo i quattro fratelli a loro agio, rassicurandoli che qui sono
al sicuro. Una volta assegnati i letti, Liliana me li affida e scopro
che le uniche cose che hanno sono quelle che portano addosso ed una
borsa di plastica in cui c'è un solo cambio di vestiti per le
sorelle mentre per il piccolo non c'è nulla.
La prima cosa che faccio è presentarmi
e chiedergli il nome, resto per un po' in loro compagnia, poi mi
allontano per capire dove farli sedere a tavola: la mia intenzione è evitare di separarli e cercare la forma per cui, dividendoli in coppie, possano cenare insieme. Una volta di più la
fortuna mi è amica in quanto riesco a realizzare quanto volevo e, mentre tutti
vanno a mangiare, vado alla ricerca dei nuovi arrivati: si trovano in
lavanderia insieme ad una delle educatrici ed è in quel momento che
mi rendo conto che era dalla mattina che quei bambini non mangiavano,
fatta eccezione per dei biscotti mangiati come merenda. Non posso
provare che una profonda compassione mentre li porto nel refettorio,
sono felice nel vederli mangiare perchè, nonostante la tempesta di
sentimenti contrastanti che stanno provando, l'appetito non gli è
venuto meno. Una volta terminata la cena ho portato in infermeria due
di loro visto che una presentava una sorta di allergia e si stava
grattando dappertutto e l'altro aveva un forte mal di denti e
piangeva a dirotto: non potevo certo lasciarli così, non potevo
voltare la testa dall'altra parte e fare finta di niente, dovevo fare
qualcosa per loro in quel preciso momento!
Il giorno dopo esco dalla mia stanza
molto presto, chiedo come abbiano passato la notte e con l'aiuto del
personale do ai nuovi arrivati quanto avevano bisogno: infradito,
asciugamani, pigiama, intimo, spazzolino da denti, felpe e pantaloni. Chiamo ciascuno con
i loro nomi e questo aiuta molto a creare un legame, per quanto
piccolo: la sorella più piccola mi ha sorriso quando ha capito che
già mi ricordavo come si chiamavano, magari questo potrebbe essere
soltanto un dettaglio ma credo che aiuti a creare fiducia nei miei
confronti. Non conosco bene la loro storia, da quel poco che mi hanno
raccontato pare uscire da un incubo, ma al momento non
mi interessa: quello che conta è far sentire bene questi fanciulli,
cercando di far capire loro che qui sono al sicuro. Mi ha fatto
tenerezza quando ho notato che una delle bambine stava vagando
spaesata per il centro e, appena mi ha visto, si è avvicinata per
chiedermi del bagno: si era persa, nessuno ancora gli
aveva fatto da cicerone e così mi sono offerto di accompagnarla per
mostrarle dov'era, lasciando un attimo da parte quello che stavo
facendo, semplicemente perchè era giusto così.
Ammetto di avere un occhio di riguardo
per il più piccolo: i primi due giorni sono stati i più difficili
in quanto non ne voleva sapere di dormire separato dalle sorelle ma
piano piano si è poi convinto all'idea ed è una gioia vederlo
correre e giocare con gli altri. E' arrivato senza nessun giocattolo
e per questo gli ho regalato un camioncino: in quel momento era il
bambino più felice del mondo! A volte afferra la mia mano quando lo
accompagno dove vorrebbe andare e la cosa mi sorprende visto che mi
conosce soltanto da una manciata di giorni, non so se farei lo stesso
se fossi al suo posto: è proprio vero che dovremmo imparare molte cose dai bambini!
Har baje
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