“Padrino”: così da ieri sera mi chiamano Andrea e Ruth, le
mie due figliocce, al termine di una giornata in cui hanno ricevuto
la Prima Comunione. Il sentirmi chiamare in questo modo mi fa un
certo effetto ma, nel sentire il modo affettuoso con cui lo
pronunciano, mi rende felice anche perchè mi fa capire quanto
tengono a me: essere il loro santolo per me è motivo d'orgoglio e
cercherò di impegnarmi al massimo per la fiducia che le due bambine
hanno riposto in me con la loro scelta.
La figura del padrino per la Comunione è, per noi, un fatto
insolito ma qui è una tradizione: di solito essa comporta che si
vada col ragazzo a comprargli dei vestiti e delle scarpe e poi fargli
fare una passeggiata dopo la celebrazione del sacramento. Venuto a
sapere di ciò non mi sono tirato indietro: un paio di settimane fa,
grazie anche all'aiuto di Liliana, ho acquistato per entrambe le
bambine un bel vestito, delle calzature e degli orecchini, poiché si
erano innamorate di un paio che avevano visto di sfuggita in una
bancherella e non potevo dire di no a questa loro richiesta. La mia
intenzione era di renderle contente il più possibile anche perchè
sono tra le ragazze che ricevono rarissimamente una visita: Andrea ha
il padre alcolizzato e la mamma con problemi mentali che la sgridava
sempre e la picchiava anche duramente ed è qui con due fratelli più
grandi; Ruth invece vive qui con due fratelli più piccoli, è
orfana di madre e ha il papà in carcere perchè ha abusato della
sorella maggiore.
Ieri, come ho accennato all'inizio, all'hogar si sono celebrate le
prime comunione: erano 17 i bambini ad esserne protagonisti, tutti
bellissimi nelle loro tuniche bianche. Per l'occasione la cappella
era colma perchè era venuto anche qualche loro parente ed era
presente buona parte del personale, che ha accettato di fare da
padrino a qualcuno dei ragazzi. La cerimonia è stata semplice ma
intensa: ricordo che quando mancava poco alla Comunione, Ruth mi ha
cercato con lo sguardo perchè aveva un poco di paura e, vedendomi
sussurrargli che ero lì con lei, si è subito rasserenata.
Al termine della cerimonia, chi poteva è andato a festeggiare con
i familiari fuori dalla struttura: nel mio caso ho deciso di portare
le mie due figliocce in centro subito dopo mangiato. L'idea è
piaciuta moltissimo a Ruth ed Andrea: abbiamo passeggiato,
chiaccherato, mangiato un gelato, riso come dei matti e siamo saliti
sul campanile della cattedrale ad ammirare Santa Cruz dall'alto; in
alcuni momenti mi sembrava di essere una famiglia! Credo che il
tentativo di farle passare una domenica pomeriggio molto diversa da
quelle a cui sono abituate sia riuscito: quando siamo tornati a casa,
mi hanno ringraziato con un fortissimo abbraccio e un bacio sulla
guancia, a volte sono questi piccoli gesti che dicono molto!
Har baje
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