venerdì 18 ottobre 2013

Giornata mondiale missionaria

Domenica ricorre la giornata mondiale missionaria, che quest'anno per me ha un sapore del tutto particolare: sono ormai più di otto mesi che mi trovo in Bolivia e mi accingo a viverla come una festa per chi, come me, si spende per stare al fianco dei più deboli.
Mi viene da sorridere pensare che anch'io sono un missionario, lontano anni luce da quell'immagine che ne avevo da bambino e che consisteva in un uomo dalla chioma fluente e dalla barba incolta capace di grandi imprese votate tutte in favore dei meno abbienti e dei più poveri sparsi nelle zone più disparate del mondo, dalle foreste impenetrabili alle barraccoli che fanno da periferia alle grandi città. Ero quasi certo che questa figura fosse un eroe: ora mi accorgo di quanto questa idea fosse errata! Da quando sto a Santa Cruz ho capito che il missionario è una persona come le altre, che ha il merito di cercare di mettere in pratica i suoi ideali e ciò in cui crede, avere l'umiltà di chiedere sempre agli altri e di mettersi sempre sullo stesso livello, cercando di condividere il più possibile ed affidandosi sempre al Signore, che non smette mai di accompagnarla.
In questi mesi ho cominciato a prendermi cura dei quasi ottanta ragazzi dell'hogar, stando il più possibile con loro e preoccupandomi della loro salute ed istruzione. Come tutte le cose, all'inizio non è stato semplice vuoi per la lingua che per una cultura molto diversa dalla nostra: la mia fortuna è che Dio mi ha fatto conoscere delle persone che mi hanno aiutato ad inserirmi ed a cui chiedere saggi consigli su come intervenire in certi momenti. Ho imparato come sia importante osservare ed ascoltare: se non si guarda a ciò che si ha intorno e non si presta ad udire le necessità di coloro che vorresti aiutare non farei un bel lavoro, rischiando di fare più male che bene al mio prossimo. Nel far questo ci vuole pazienza perchè questo va realizzato ogni giorno e il fatto di condividere lo stesso tetto ed il tempo con i ragazzi continuamente mi apre gli occhi sulle necessità più impellenti.
Nonostante contribuisca a migliorare la struttura dell'hogar, ho capito che più del fare il mio ruolo deve essere concentrato sulla condivisione e nello stare insieme: un sorriso, un abbraccio, il mangiare ed il giocare insieme, andare a fare una passeggiata, ascoltare i problemi sono cose che magari ai più possono essere banali ma posso assicurare che non lo è, soprattutto per questi bambini che spesso sono abbandonati, orfani e vittime di abusi e di storie di alcolismo. Nel fare questo non puoi non essere te stesso, perchè se non sei qui al 100% chi vorresti aiutare se ne accorge e mettersi anche una piccola maschera potrebbe risultare dannoso a me ed agli altri. Capita anche di condividere quello che ho con tutti loro: non è un peso ma col passare dei giorni è una cosa che diventa naturale, visto che nella mia vita il Signore mi ha dato molto ed ora posso dare a chi ha più bisogno di me. Non sono mancati i momenti difficili ma, come dice il Vangelo, se rinunci a qualcosa avrai mille volte di più: l'affetto dei ragazzi e di tante persone che mi seguono in questa mia avventura, nonché la Provvidenza che Dio non ci fa mai mancare soprattutto quando si stanno attraversando delle difficoltà.
L'essere missionario mi ha permesso di riscoprirmi più umano, capace di amare senza pretese e di provare sentimenti di cui mi ero dimenticato l'esistenza: è un dono per cui ringrazio ogni giorno il Signore ed è una gioia condividerlo con tutti voi.
Har baje

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