mercoledì 4 settembre 2013

FARE O CONDIVIDERE?

In questi mesi ho sperimentato che in hogar ci sono un sacco di cose da fare (per esempio pulire e sistemare il giardino e i magazzini, fare la manutenzione alla struttura, cercare di apportare delle migliorie, buttare la spazzatura, andare a fare delle commissioni) e che devo ricordarmi che sono qui anche e soprattutto per condividere la vita di ogni giorno con i ragazzi, cercando di insegnargli qualcosa: spesso trovare il giusto equilibrio tra le due questioni non è semplice e ci sto riflettendo su da un paio di settimane.
Ci sono volte in cui l'urgenza di terminare un lavoro può portare a trascurare i bambini, come per esempio aggiustare un tubo rotto o un problema nella rete elettrica, mentre in altre occasioni è lo stare con i piccoli che potrebbe indurre a tralasciare le varie necessità dell'hogar.
Una risposta se privilegiare il fare rispetto al condividere o viceversa non c'è: si può solamente cercare un equilibrio tra le due cose e ciò deve essere fatto ogni giorno, anzi in ogni momento della giornata. Spesso sono gli stessi ragazzi a farmelo trovare: mentre sto lavorando, si avvicinano e mi chiedono se mi possono aiutare. E' da questo loro desiderio che intuisco che vogliono passare un po' di tempo con me: è così che lavorando si scherza, si chiacchera, si gioca e riesco a coniugare i miei due impegni principali.
La condivisione passa da come sfrutto il tempo libero di entrambi: il pranzo, la cena, la preghiera serale, i momenti della merenda e della ricreazione li passo con loro giocando, cercando di rispondere alle tante domande che mi fanno oppure semplicemente stando in loro compagnia. Mi preoccupo di loro quando sono malati o si sono fatti male, mi informo di come vanno a scuola, gli parlo quando hanno fatto qualche marachella o qualcosa non va: non è soltanto un dare perchè i bambini chiedono dove sono stato nel caso non mi vedano nei paraggi, cercano di sapere come sto se mi ero ammalato ed ora iniziano a volere che vada a giocare o a passeggiare icon loro, rattristandosi se gli dico di no. Mi fanno partecipi delle loro emozioni, passioni e desideri e a mia volta cerco di coinvolgerli in qualcosa: domenica scorsa ne ho portato qualcuno ad una corsa podistica (una dei miei più grandi interessi) e son contento che ne siano rimasti entusiasti. E' in momenti come questi che capisco che ho trovato quell'equilibrio sottile del mio duplice impegno: perchè stare coi ragazzi non significa solamente vigilare su di loro e cercare di trasmettergli qualcosa ma è anche essergli amico, interessarsi di ciò che li riguarda e donargli una parte di sé, non avendo timore di mostrarsi per quello che si è.
Har baje

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