In questi mesi ho sperimentato che in
hogar ci sono un sacco di cose da fare (per esempio pulire e
sistemare il giardino e i magazzini, fare la manutenzione alla
struttura, cercare di apportare delle migliorie, buttare la
spazzatura, andare a fare delle commissioni) e che devo ricordarmi
che sono qui anche e soprattutto per condividere la vita di ogni
giorno con i ragazzi, cercando di insegnargli qualcosa: spesso
trovare il giusto equilibrio tra le due questioni non è semplice e
ci sto riflettendo su da un paio di settimane.
Ci sono volte in cui
l'urgenza di terminare un lavoro può portare a trascurare i bambini,
come per esempio aggiustare un tubo rotto o un problema nella rete
elettrica, mentre in altre occasioni è lo stare con i piccoli che
potrebbe indurre a tralasciare le varie necessità dell'hogar.
Una risposta se privilegiare il fare
rispetto al condividere o viceversa non c'è: si può solamente
cercare un equilibrio tra le due cose e ciò deve essere fatto ogni
giorno, anzi in ogni momento della giornata. Spesso sono gli stessi
ragazzi a farmelo trovare: mentre sto lavorando, si avvicinano e mi
chiedono se mi possono aiutare. E' da questo loro desiderio che
intuisco che vogliono passare un po' di tempo con me: è così che
lavorando si scherza, si chiacchera, si gioca e riesco a coniugare i
miei due impegni principali.
La condivisione passa da come sfrutto
il tempo libero di entrambi: il pranzo, la cena, la preghiera serale,
i momenti della merenda e della ricreazione li passo con loro
giocando, cercando di rispondere alle tante domande che mi fanno
oppure semplicemente stando in loro compagnia. Mi preoccupo di loro
quando sono malati o si sono fatti male, mi informo di come vanno a
scuola, gli parlo quando hanno fatto qualche marachella o qualcosa
non va: non è soltanto un dare perchè i bambini chiedono dove sono
stato nel caso non mi vedano nei paraggi, cercano di sapere come sto
se mi ero ammalato ed ora iniziano a volere che vada a giocare o a
passeggiare icon loro, rattristandosi se gli dico di no. Mi fanno
partecipi delle loro emozioni, passioni e desideri e a mia volta
cerco di coinvolgerli in qualcosa: domenica scorsa ne ho portato
qualcuno ad una corsa podistica (una dei miei più grandi interessi)
e son contento che ne siano rimasti entusiasti. E' in momenti come
questi che capisco che ho trovato quell'equilibrio sottile del mio
duplice impegno: perchè stare coi ragazzi non significa solamente
vigilare su di loro e cercare di trasmettergli qualcosa ma è anche
essergli amico, interessarsi di ciò che li riguarda e donargli una
parte di sé, non avendo timore di mostrarsi per quello che si è.
Har baje
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