Più passa il tempo, più i bambini si
stanno affezionando a me e, volente o nolente, sto diventando per
loro un punto di riferimento importante: quando tornano dalla scuola
con un bel voto, mi vengono subito a cercare per dirmelo; quando non
stanno bene o si son fatti male non vanno dall'educatore o
dall'infermiera ma dal sottoscritto, anche se non ho alcuna
conoscenza medica per curarli (a volte rimpiango di non aver fatto un
corso di pronto soccorso); quando mi vedono lavorare si avvicinano
chiedendomi se possono essere d'aiuto, per poter così passare un po'
di tempo in mia compagnia.
Ciò penso sia dovuto al fatto che ogni
giorno mi preoccupo di loro, guardando ad esempio che si vestano bene
quando fa freddo e che non facciano qualcosa di pericoloso, ci gioco
insieme e cerco di interessarmi a quello che fanno.
Questa settimana ci sono stati due
avvenimenti che avvalorano ciò. Il primo riguarda Luis, di quasi 13
anni, che ha vissuto in strada, in alcuni momenti sta un po' sulle
sue, non vuole andare a scuola e per questo motivo fa da portinaio
dell'hogar: da qualche giorno, appena mi vede un sorriso gli illumina
il volto, mi viene incontro con le braccia aperte e poi mi stringe
forte forte dicendomi che non vuole lasciarmi. E' un segnale di
mancanza di affetto e mi piace il fatto che sia l'unico a ricevere
questo trattamento perchè significa che, col mio essere me stesso,
sono riuscito ad entrare in sintonia con lui ed ad essergli amico.
L'altro episodio ha come protagonista
Juan Carlos, di 10 anni e presunta vittima di abuso, che quando si
intestardisce non c'è niente che lo riesca a smuovere: stavo facendo
delle fotocopie quando con la coda dell'occhio lo vedo avvicinarsi
alla finestra. Faccio finta di niente ma quando lo sento pronunciare
il mio nome singhiozzando, abbandono quanto stavo sbrigando per
andare a sincerarmi subito del motivo per cui mi aveva chiamato:
oltretutto in quel momento non doveva nemmeno trovarsi lì ma in
passeggiata con i suoi compagni. Tra una lacrima e l'altra mi dice
che qualcuno dei ragazzi più grandi lo aveva afferrato e spinto per
terra più volte senza alcun motivo: aveva provato a dirlo
all'educatore senza risultato e perciò era tornato in hogar per
cercarmi e riferirmi quanto gli era capitato. In quel momento aveva
riposto tutta la sua fiducia in me ed io non potevo certo tradirla:
più tardi ho parlato con i presunti colpevoli, cercando di capire il
perchè del loro gesto, e ho riferito la cosa a Liliana. Nel
frattempo ho tranquillizzato Juan Carlos e, una volta che si trovava
a suo agio, gli ho proposto di giocare a basket e lui ha accettato
con entusiasmo: ciò mi convince ancor di più che la mia presenza
qui non è soltanto di sorvegliare ed accudire dei fanciulli ma di
essere soprattutto un loro amico e confidente, capace di ridere e
piangere con loro, di ascoltarli ed aiutarli quando sono difficoltà
e di essere presente quando ne hanno bisogno, cercando di non tradire
mai quella fiducia che mi hanno accordato.
Har baje
A volte basta davvero un po' di attenzione a migliorare le cose :-)
RispondiEliminaBravo Marco!