lunedì 8 aprile 2024

Pensieri pasquali

Mi sarebbe piaciuto avere più tempo per fermarmi, per assaporare il gusto della Settimana Santa, per stare in silenzio davanti alla Croce che avevo preparato al meglio e lasciarmi trasportare dal silenzio, capace di far tornare ricordi e pensieri messi nell’angolino da chissà quanto tempo.
Sorrido perché mi ero preparato in un modo e, per una serie di circostanze, mi son ritrovato a vivere questi giorni in maniera totalmente differente, chiedendomene il motivo e senza trovare risposta, anzi ero chiamato io stesso a darla, a reagire perché nulla accade per caso ed a confermarlo è il cammino che ho fatto fin qui. 
Mi ritrovo davanti la Croce, sono da solo e non è un male perché ci sono momenti in cui ho davvero bisogno di stare sulle mie sia per ringraziare per quanto ricevuto finora che per contemplare il mistero che ho davanti: intorno c’è solo un grande silenzio, i ragazzi sono a vedere la televisione per cui ho la fortuna di non avere distrazioni di alcun genere. Fisso quanto ho davanti, cerco di eliminare a poco a poco il rumore che ho dentro per farmi coccolare da quanto sto osservando: la mente si fa leggera, mi faccio cullare dal cinguettare degli uccelli e dal vento che soffia sulle foglie, mi abbandono a così tanta pace e, all’improvviso, ecco arrivare a galla un episodio capitato di recente. Si collega all’adorazione eucaristica che propongo ogni giovedì, ricordo che al termine mi si avvicina una delle bambine e capisco che vuole parlare con me, dal suo atteggiamento intuisco che si tratta di qualcosa di personale che non la lascia tranquilla e non vuole vicino delle orecchie indiscrete ad ascoltare. Agli altri che mi aspettano faccio un segno di stare all’uscio della cappella, poi mi concentro sulla mia controparte, cercandola di farla sentire a suo agio. 
E’ impacciata, si mette a ridere per nascondere un po’ il nervosismo, mi dà l’idea che non sa proprio da dove cominciare. Non cerco di farci troppo caso, cerco di pensare a cosa farebbe un papà in questo caso: la faccio sentire al sicuro, visto che a qualche metro mi stanno aspettando le consiglio di non parlare troppo forte, di non avere paura perché sono lì per ascoltarla. La fanciulla prende coraggio e mi dice che vorrebbe già sapere come si sta nel cielo, è curiosa di conoscere se davvero si starà bene in Paradiso come dicono. La sua domanda mi sorprende perché non è di quelle che ti aspetti, arriva come una doccia gelata che ti mozza il fiato per qualche secondo. “E adesso che gli rispondo?”, mi chiedo, sapendo che nel mio arco non ho molte frecce a disposizione, non mi sento assolutamente preparato a quelle parole che, conoscendo le sofferenze di questa giovane vita, non possono accettare un rinvio, esigono una risposta immediata. Di una cosa sono sicuro: non è stata una causalità essere il destinatario di quel messaggio, che non so se sia una sorta di richiesta di aiuto o una semplice curiosità, magari la mia immaginazione sta correndo un po’ troppo.
So che come catechista e accolito i ragazzi mi vedono come una specie di “guida spirituale”, parola troppo grande per il sottoscritto che si considera in perenne cammino di conversione, e quindi chi ho davanti mi reputa l’unico in grado di darle un riscontro che la soddisfi: non posso stare in silenzio, qualcosa devo pur dire. Guardo l’altare, la Croce e poi il tabernacolo e le parole come per magia mi salgono dalla bocca: “se vuoi capire come ci sentiremo quando saremo in Cielo, c’è solo un modo ed è quello che ci ha regalato Gesù”. La mia interlocutrice mi guarda in maniera un po’ strana ma io continuo imperterrito: “non ti ricordi quello che ti ho spiegato durante il Catechismo? So che sono passati un paio di anni ma non ti preoccupare, te lo rispiego con piacere: Gesù, prima di morire, ha istituito l’Eucarestia per ricordarci quanto amore prova per noi. Ogni volta che ricevi la Comunione Gesù ti riempie di gioia e non ti preoccupi più di tutte le cose brutte che ti porti dentro: si può dire che è un assaggio di quello che ci aspetta quando andremo in Paradiso, saremmo immersi in un amore così grande e così forte che non potremmo non essere felici, tutto il male che ci sta intorno sarà solo un brutto ricordo”.
Lei mi guarda e le brillano gli occhi: “Marco, ma davvero basta così poco?”. Le faccio un cenno di assenso e se ne va felice: so che a molti la mia risposta rappresenti una visione semplicistica e banale di cosa sia la Comunione e che quanto detto possa risuonare come un insieme di parole vuote ma, guardando davanti a me quell’Altare della Riposizione preparato con la massima cura possibile, non ho nulla da rinnegare perché posso testimoniare che stare davanti al Santissimo o ricevere l’Ostia mi fa stare bene, non mi risolve i problemi ma mi fa sentire Amato ed accompagnato allo stesso tempo per cui trovo nuove forze per continuare il cammino, sentendomi grato per tutto. Probabilmente le mie parole non basteranno a saziare quella richiesta che mi è arrivata come un fulmine a ciel sereno e so che per arrivare a  capire cosa stia alla base di quel quesito devo avere l’umiltà e la fiducia di chiedere aiuto a chi è più preparato di me.
Il Sabato Santo torno davanti alla Croce, timoroso visto che per eventi imprevedibili mi ritrovo a dover fare una piccola liturgia della Parola: so di essere stato chiamato ma in una notte così importante mi sento inadeguato, i ragazzi meriterebbero molto di meglio. Non mi resta che abbandonarmi e lasciarmi guidare in quei pochi minuti di silenzio per non farmi vincere dalle paure ed accettare di essere ancora una volta strumento.
Alla fine della serata, mentre sistemavo la cappella, tra gli ultimi a salire c’è la mia piccola interlocutrice che mi ripete le stesse parole “sono curiosa di sapere come si sta in Cielo”. La guardo, sinceramente ero stremato dopo una giornata faticosa ma non mi posso tirare indietro e le ripeto le identiche frasi dell’altra volta, ricordando che un giovane italiano definiva l’Eucaristia come la sua autostrada per il Cielo. Stavolta il finale è diverso: con un volto illuminato da una tranquillità e una gioia disarmanti mi rivela che forse ho un po’ di ragione perché dal nostro ultimo colloquio ha ricominciato a ricevere la Comunione e si è scoperta più sicura, si sente meglio e capace di affrontare più serenamente quanto si porta dentro. Rimango senza parole, sono stupito da quanto ascoltato: non mi resta che sorridere mentre si congeda e si allontana perché mi rendo conto di aver appena ricevuto uno dei regali più belli ed inattesi della settimana.
Har baje

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