In questo periodo a Santa Cruz c'è un
albero che si tinge di rosa o di bianco grazie ai suoi fiori che
lentamente arrivano a rimpiazzare completamente le foglie: è una
meraviglia che non mi stancherei mai di guardare e mi affascina così
tanto che mi fermo ad osservarlo per qualche minuto ogni volta che mi
ci ritrovo davanti. A tanta bellezza però fa da contraltare il fatto
che il toborochi , questo il nome della pianta, fiorisca
proprio in autunno, preannunciando l'arrivo del primo freddo
stagionale meglio di qualsiasi previsione del meteo. Non è questo però a richiamare la mia attenzione bensì la presenza di quello che da lontano sembrava essere un ammasso di
sacchi dell'immondizia e di cartoni posti ai piedi dell'albero: è
una contrapposizione talmente forte che non posso fare a meno di
notare.
Mi avvicino pensando a come quella folta chioma rosa contrasti in maniera così lampante con quel
mucchio di spazzatura e rimango completamente spiazzato scoprendo che
in realtà quest'ultimo non risulta essere quello che avevo pensato fino a
qualche attimo fa: vedo che proprio da lì affiorano dei piedi scalzi, sporchi e
anche dei capelli sudici, unti! Mi fermo di colpo, sono assalito da
un senso di sgomento, un velo di tristezza piano piano si
impadronisce di me. La cosa che più mi fa rabbrividire è vedere la gente passargli senza fare una piega, non degnandolo nemmeno di uno sguardo come se non esistesse e proseguendo il suo
cammino apparentemente tranquilla: non mi permetto di giudicarla, credo che il mio comportamento sia molto peggio del loro visto che mi fermo quasi inorridito da
quanto mi sono trovato davanti e non faccio praticamente nulla per quella persona
sebbene ne provi compassione. E' qualcosa che ho già vissuto, non
riesco ad abituarmi a scene come questa che ho visto non so quante
volte ma che continua ad interrogarmi e per fortuna continua a non lasciarmi indifferente.
Alla fine trovo la forza di continuare la mia passeggiata ma, per qualche scherzo del destino, dopo qualche
isolato mi ritrovo davanti ad un altro toborochi in fiore: è molto
più bello di quello che mi ero lasciato alle spalle ma sotto i
suoi rami ospita più di un giovane che si vede lontano un miglio che
è già fatto a tarda mattinata, non saprei se di colla o di alcol.
Ancora una volta mi pervade quel senso di malinconia sentito in
precedenza, mi sento impotente perchè vorrei poterli aiutare ma non
ho i mezzi a disposizione per farlo e soprattutto ho paura, non ho
idea di quale possa essere la la loro reazione se solo mi avvicinassi. Decido di tirare dritto sebbene continuo a pensare a quanto
visto facendomi mille domande, accompagnato dall'amarezza per la
mia mancanza di coraggio e dalla vergogna di provare solo compassione
per quelle persone senza muovere poi un dito.
Continuo a camminare per la città ed è
ormai ora di punta, le strade sono intasate dai bus e dai tanti
veicoli che hanno fretta, i suoni dei clacson si diffondono nell'aria
ma tra le macchine si muove lentamente una figura che è difficile
non notare in quanto contrasta col brulicare intorno a lei: è un
senzatetto col capo coperto da una felpa, abiti rattoppati ma anche
pieni di buchi, barba incolta e con un piede scalzo e lurido.
Barcolla tra un auto e l'altra, non so come diamine si regga in piedi
ed il suo sguardo è fisso, attonito... Non riesco proprio a dimenticare
quelle sue pupille così dilatate che per un attimo mi hanno fissato
e mi hanno procurato più di qualche brivido!
Qualche giorno dopo vado dal
macellaio qui vicino per farmi tagliare una coscia di mucca che ci è
stata donata: a differenza di altri esercizi c'è molto più ordine.
Il negoziante mi dice di accompagnarlo con la carne e andiamo dietro
al frigorifero dove ci sono i ganci per appendere la gamba: lì c'è
anche un letto, all'apparenza appena rifatto, e a pochi metri vedo
che su una tavola sono sedute la moglie e la figlia che sta passando
scuola attraverso il cellulare: un'immagine che non discosta troppo da quelle già viste in passato, anche se risulta essere molto più dignitosa. E' una scena che mi fa tenerezza e mi
conferma che non serve andare in città per capire come la realtà che mi circonda è
modesta, povera e molto diversa dal mondo in cui ho avuto la fortuna
di crescere. Una verità ricca di contrasti che mi spinge ad
interrogarmi ed a ringraziare per quanto ho ricevuto fino ad ora.
Har baje
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